E ora, ancora una volta, è scesa in campo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: ha condannato l’Italia a pagare una speciale indennità integrativa a tutte le persone infettate da trasfusioni di sangue o emoderivati. In sostanza il nostro paese è stato condannato a versare agli infettati dai virus dell’AIDS o dalle epatiti B e C a causa di una trasfusione o per un emoderivato l’indennità prevista da una legge del 1992; indennità mai pagata, che un decreto del 2010 aveva provveduto a cancellato. Un decreto poi dichiarato bocciato dalla Corte Costituzionale.
Insomma: un guazzabuglio come solo in Italia si è capaci, e a rimetterci, come spesso accade, cittadini colpevoli di nulla. E' una sentenza storica: essendo "pilota", infatti, non riguarda solo i 162 malati che hanno vinto il ricorso, ma anche tutti gli italiani che a causa del sangue infetto si trovano nelle stesse condizioni.
In base alle stime delle associazioni che tutelano i danneggiati, oltre 120mila persone, anche se un dato ufficiale, ed accertato, sulle vittime del sangue infetto non è ancora disponibile. Un calvario cominciato a metà degli anni '80, quando alcune case farmaceutiche acquistarono a poco prezzo sangue da donatori affetti da epatite o da AIDS; sangue poi usato per le trasfusioni. Tutto senza controlli adeguati. Tra gli infettati anche migliaia di italiani. Si è calcolato che da allora solo in Italia ci siano stati tra le 2 e le 4mila vittime.
Una strage che poteva essere evitata: dal 1966 erano noti i rischi derivanti dai mancati o carenti controlli sulle sacche di sangue, soprattutto quelle acquistate all’estero. E’ di quell’anno una circolare che consigliava di distruggere le sacche di sangue sospette. Per arrivare a una norma vincolante si è però dovuto attendere 24 anni. Quella norma rende oggi il sangue sicuro, non c’è da aver paura. Ma resta lo scandalo e la vergogna di quel sangue infetto e delle sue vittime.