Si può cadere in tentazione. Sì, nella tentazione di parlare male di noi stessi, noi italiani. Anzi, farebbe piacere che restasse solo una tentazione, un qualcosa di cui dopo vergognarsi. Piuttosto la tendenza ad autodenigrarsi, alle continue critiche e alle lamentele sui modi di fare e di essere del popolo italiano sono continue e ormai fanno parte del quotidiano. E più che vergognarci sembriamo fieri della consapevolezza di sapere come vanno le cose in Italia. Sono chiacchiere da bar, quindi le più diffuse. Quali sono? Lo sport, la politica e tutto quello che non funzione in questo paese.
La casta, libro best seller del giornalista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella, è divenuta letteratura di riferimento di questi anni. Gli italiani vedono confermate le loro opinioni su stessi e sul mondo politico che lo rappresenta, gli stranieri continuano a ridacchiare sbeffeggiando i “simpatici” italiani. E così si va avanti anche con altre caste prese di mira: i sindacati, i magistrati, i giornalisti ecc…
Lo scopo è chiaro, dimostrare che questo paese non sa fare sistema, non sa stare insieme, non crea senso di appartenenza, non permette quella di cui tutti ci apprestiamo a lamentare la mancanza: la coscienza civile.
Che siano davvero incivili gli italiani? Noi non lo crediamo, o almeno non lo crediamo più rispetto ad altri popoli, come abbiamo già avuto modo di scrivere. Tuttavia, non possiamo negare che lo Stato italiano sembra un esperimento malandato, che non riesce ad assumere e svolgere il potere che dovrebbe avere. Da sempre, allora, se ne affianca chiaramente un altro, preponderante nella società italiana: il potere nelle relazioni interpersonali. Scriveva il grande giornalista Luigi Barzini: “Il potere, il potere personale, è la chiave”. Forse come mai prima d’ora è così oggi: clientelismo e fiducia che nasce dal faccia a faccia, patto d’onore e corruzione, promesse mantenute e tradimenti, carità e pugnalate alle spalle. La capacità di crearsi intorno una rete di relazioni potente significa sbriciolare ogni altra forma di potere istituzionalizzato. “Lei non sa chi sono io”, non ci credevo, ma esiste ancora, esibito per aver preso una multa, per un sgarbo, per upgrade in aereo non concesso, per un non diritto negato.
Ci troviamo tutti, nostro malgrado, come in un limbo: tra amore e odio, disincanto e illusione, tra ciò che un passato ha lasciato in eredita’ ed un presente che sembra solo riscuoterne la rendita. Situati quindi in un purgatorio moderno tra appartenenza e non appartenenza a delle idee o meglio a delle ideologie: se è la stessa siamo amici se non lo è siamo nemici. Galleggiamo, non andiamo a fondo ma non andiamo anche da nessuna parte. No, nessuna similitudine con la Costa Crociera raddrizzata, noi siamo ancora su un fianco, magari la bocca sott’acqua e il naso fuori, aspettando aumenti dell’Iva e service tax
Eppure non vediamo l’ora di partire dall’Italia per provare quel gusto unico di ritornarci, come ci ricordava Ennio Flaiano.
In un quadro piuttosto frastornante e ambiguo se non addirittura pessimistico, ogni tanto dovremmo ricordare ancora le parole di Luigi Barzini, nei suoi tentativi di spiegare l’Italia agli americani con occhi diversi, forse nel tentativo di illuderli ed illudersi che in Italia le cose non vanno poi così male, quando scriveva: “Le virtù necessarie per divenire il capo di qualsiasi cosa in Italia, capo di un convento, di un canile municipale, di una cosca mafiosa, di un mercatino di frutta e verdura, di una stazione ferroviaria, o il sindaco di un villaggio di montagna, sono tali che, in quasi ogni altro paese, potrebbero fare facilmente di un uomo un ministro degli Esteri, il favorito nell’alcova della regina, il capo di stato maggiore o il presidente della repubblica”. E noi gli crediamo?