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July 30, 2013
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A MUOS duro contro i siciliani

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
A sinistra il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e a destra una parabola del sistema MUOS

A sinistra il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e a destra una parabola del sistema MUOS

Time: 4 mins read

 

In  Sicilia la chiamano “tagliatina di faccia”. E’ un modo tutto siciliano per indicare uno sgarbo. Chi subisce una “tagliatina di faccia” è l’umiliato e l’offeso. Chi opera la “tagliatina di faccia” è colui il quale umilia e offende.

Ebbene, nella vicenda del Muos, il mega radar che i militari americani vorrebbero piazzare a Niscemi, nel cuore della Sicilia, c’è di mezzo una “tagliatina di faccia”. Anche se non è facile capire chi taglie e chi è tagliato e, cioè, chi offende e chi è l’offeso.

Già: chi è che taglia la faccia? E chi sta subendo la “tagliatina di faccia”? Domanda di difficilissima risposta è! I protagonisti di tale storia sono tre: il Governo italiano, i militari americani e il popolo siciliano.

Sono i due Governi italiani – quello di Romano Prodi del 1996-1998 e quello di Berlusconi del 2001-2006 – che hanno tagliato la faccia ai siciliani, autorizzando questa schifezza di Muos in Sicilia? Sono gli americani che vorrebbero tagliare la faccia ai siciliani, piazzando nel cuore dell’Isola il Muos? Sono i siciliani che stanno tagliando la faccia al Governo di Roma e agli americani mandando all’aria tutta l’operazione?

A nostro avviso, le vere vittime di questa storia sono i militari americani. I quali non si aspettavano due cose. Uno: non si aspettavano che ben due Governi nazionali autorizzassero la realizzazione del Muos in Sicilia. Due: non si aspettavano la rivolta della Sicilia.

Questi sofisticati strumenti militari, che emettono potenti onde elettromagnetiche, vengono dislocati lontano dai centri abitati. Invece, in questo caso, hanno scelto Niscemi, nel centro della Sicilia. Perché?

Intanto perché, nel 1992, nel silenzio generale, i militari americani riuscirono a piazzare, proprio a Niscemi, una serie di antenne satellitari: quelle antenne che, adesso, dovrebbero essere sostituite con il Muos.

Il Muos è un’arma sofisticatissima. Che consentirà ai militari americani di colpire un bersaglio con i missili anche a migliaia di chilometri di distanza. La scelta della Sicilia non è casuale si trova al centro del Mediterraneo: da qui i militari Usa avrebbero campo libero nel Nord Africa e in Medio Oriente: ma anche in tutta l’Unione Europea, fino a Gibilterra.

Il Muos, inevitabilmente, una volta entrato in funzione, diventerà un obiettivo militare. Di fatto, la Sicilia verrà militarizzata. Per avere in cambio che cosa? Nulla. Perché l’Isola rimarrebbe nell’Unione Europea, ospitando un presidio militare americano importantissimo.

Per la Sicilia è una tripla fregatura. Prima fregatura: non ci guadagna nulla. Seconda fregatura: diventa, insieme con il Muos, un obiettivo militare. Terza fregatura: dovrà sopportare onde elettromagnetiche micidiali.

Esistono studi sugli effetti che queste onde elettromagnetiche sviluppano nell’ambiente e nell’uomo. Esiste un protocollo preciso – il principio di precauzione – che sconsiglia la realizzazione di simili fonti di onde elettromagnetiche nelle aree abitate. Questo perché non si conoscono appieno gli effetti sull’ambiente (piante e animali) e sull’uomo.

Si sa che le onde elettromagnetiche danneggiano ambiente e salute umana. Anche se non si conosce con precisione in che misura. Ed è per questo che esiste il principio di precauzione: per precauzione, in questi casi, la fonte di queste potenti onde elettromagnetiche vanno dislocate lontano dai centri abitati.

Lontano quanto? Si sa che gli effetti più pericolosi il Muos li sprigiona a 50 chilometri circa di distanza. E’ per questo che si posizionano nei deserti: per attenuare gli effetti negativi sui centri abitati.

Resta un mistero il perché gli americani si sono decisi a piazzare il Muos in Sicilia. Erano veramente convinti che i siciliani non si sarebbero ribellati? Se è così hanno sbagliato i conti. Perché il 9 agosto è già in programma la prima di una grande manifestazione popolare. E, questa volta, la protesta sarà dura.

Un paio di mesi fa una manifestazione è stata bloccata dal Governo della Regione Sicilia con una buffonata che i militanti del Movimento “No Muos” ancora oggi non hanno ben chiaro.

Il Governo siciliano, il giorno prima della manifestazione, annunciava di avere bloccato le autorizzazioni. Una ‘minchiata col botto’, come diciamo noi qui in Sicilia. Perché sulle questioni militari la Sicilia, benché sia una Regione a Statuto autonomo, non ha alcun potere. Si può pronunciare sulle piante, sugli uccelli che volano. Ma non può fermare una scelta militare. L’unica cosa che può bloccare un’iniziativa militare è la protesta della gente: la manifestazione popolare. 

La revoca delle autorizzazioni, sbandierata in quei giorni dal presidente della Regione, Rosario Crocetta, era una sceneggiata. Uno stratagemma per mandare a puttane la manifestazione popolare. In pratica, il governatore della Sicilia Crocetta, invece di partecipare alla manifestazione di protesta in difesa della Sicilia be della salute dei siciliani, si è prestato a un gioco squallido, forse in combutta con il Governo nazionale. 

Nei giorni scorsi, il ‘prode’ presidente della Regione Crocetta ha ritirato le autorizzazioni che non autorizzavano una mazza, a parte il volo degli uccelli e ‘minchiate’ varie.

Resta un dubbio: per caso, quando ben due Governo nazionali hanno autorizzato la realizzazione del Muos in terra siciliana gli americani hanno promesso o concesso qualcosa all’Italia? In parole ancora più semplici: gli americani, per incassare quest’autorizzazione hanno dato qualcosa all’Italia di nascosto alla Sicilia? Anzi, sulla pelle di 5 milioni di siciliani?

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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