Sono 31 i migranti che venerdì pomeriggio hanno conosciuto uno dei modi in assoluto più orribili per morire. Con l’angoscia di chi sa che è finita, in pochi secondi, e nel silenzio del mare aperto. Un silenzio assordante che rende vana qualunque sguaiata richiesta di aiuto. Poi giù, in fondo al mare. A rendere ancora più grave questa atrocità si è unito il silenzio rivoltante dell’indifferenza. Per la stampa nazionale italiana, quella dello stesso Paese che è riuscito a salvare 22 persone delle 53 naufragate, queste vittime non esistono. Non sono mai esistite. Sono morti senza mai essere stati vivi per molti tra i nostri più autorevoli organi di informazione.
Alle 20:30 di un qualunque sabato sera italiano sono arrivati 21 uomini e una donna nei cui occhi si poteva ancora leggere tutto l’orrore appena vissuto. Molti di essi, a bordo del guardacoste che li ha accompagnati nel “porto non sicuro” di Lampedusa, indossavano le tute da lavoro che l’equipaggio della petroliera Gaz United gli ha offerto quali unici indumenti asciutti a disposizione. Alcuni scendono con evidenti ferite, doloranti. Altri evidentemente sotto choc. Sono di varie nazionalità ma tutti della regione centro-occidentale dell’Africa. Partiti dal porto di Al Zuwara, a qualche decina di chilometri da Tripoli, in Libia, hanno visto improvvisamente sgonfiare il gommone (nella foto in alto i resti) con cui viaggiavano dopo appena un paio d’ore di navigazione. Morti in un silenzio assordante.
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