Aperta al pubblico fino al prossimo 19 agosto, la mostra Sicilia: arte e invenzione tra Grecia e Roma, allestita dal Paul Getty Museum nella sua sede di Malibu, è un’occasione a “stelle e striscie” per scoprire l’arte classica di Sicilia. In esposizione 150 opere del periodo tra il V ed il III secolo a.C. Un’epoca di grande splendore in cui la Sikanìe (così è chiamata l’Isola già da Omero) svolse un ruolo fondamentale tra la Grecia, il Nord Africa e la penisola italiana. Nei padiglioni rinnovati del Getty Villa, è possibile ammirare sculture in bronzo, marmo, pietra e in terracotta, avori intagliati, monili preziosi, iscrizioni e rivestimenti architettonici, vasi dipinti, piatti in oro, tesori in argento. I reperti documentano vittorie militari e atletiche, rituali religiosi e correnti di pensiero della cultura classica giunta al suo apice in Sicilia, una delle più illustri sedi della cultura dell’area mediterranea. Oggetti di bellezza universale e di valore internazionale che arrivano dai musei di Londra, Bruxelles, Olimpia. Ma il corpus più importante (un terzo delle opere esposte) proviene dalle capitali siciliane del mondo antico: Siracusa, Agrigento, Aidone, Centuripe, Catania, Cefalù, Gela, Himera, Lipari, Modica, Mozia, Palermo.
L’opera centrale della mostra è il Giovinetto di Mozia (l’Auriga), statuetta in marmo considerata uno dei migliori esempi della scultura ellenica. Esposta al British Museum di Londra durante le Olimpiadi dello scorso anno, la statua è stata sottoposta a un intervento di restauro finanziato dal Getty e rientrerà in Sicilia, a Mothia, al museo Whitaker, con un nuovo supporto antisismico.
Sicilia: Arte e invenzione tra Grecia e Roma è stata organizzata dal Paul Getty Museum, dal Cleveland Museum of Art, in stretta collaborazione con l'Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità siciliana. L’iniziativa fa parte degli eventi programmati per il 2013, anno della cultura italiana negli Stati Uniti e rappresenta l’ultimo di una serie di impegni di collaborazione tra il Getty e l’Assessorato siciliano. Si tratta di un accordo triennale stipulato nel 2010, che prevede diverse iniziative, tra cui progetti di restauro, la protezione antisismica delle collezioni, mostre, ricerche, conferenze e il trasferimento della mostra al museo d'arte di Cleveland (dal 30 settembre 2013 al 5 gennaio 2014) prima di rientrare a Palermo, a Palazzo Ajutamicristo (dal 14 giugno 2014 al 15 febbraio 2015). E qui inizia quello che potremmo definire l'Affaire Cleveland, o se preferite, le posizioni di due “scuole di pensiero”: quella americana e quella sicula.
Oggetto del contendere la richiesta di anticipare il ritorno in madrepatria delle opere in mostra e la conseguente sospensione dell'accordo di cui si diceva. Claire L. Lyons, senior curator of antiquities del Getty, ci ha fornito i dati relativi alla mostra da lei curata. Abbiamo così saputo che l'esposizione ha avuto un importante successo di pubblico, non solo italoamericano, e un notevole interesse da parte dei giovani. “Solo nei primi due mesi la mostra è stata visitata da più di 45.mila visitatori – ci ha riferito la curatrice – un numero impressionante, a cui si aggiungeranno i turisti in arrivo per la stagione estiva”. Circa la sua posizione sull'eventuale rientro anticipato della collezione, la signora Claire si augurava che venissero rispettati i patti e il principio di fruizione diffusa delle opere d’arte. Difficile capire cosa voglia realmente fare il governo siciliano: non ci è stato possibile parlare con Maria Rita Sgarlata, l'archeologa a capo dell'Assessorato ai Beni Culturali e dell'Identità siciliana. Dopo numerose telefonate ed e-mail riusciamo ad avere un contatto con Gaetano Pennino, capo di gabinetto dell'Assessore che ci fa sapere: “L’accordo é scaduto lo scorso febbraio, una delibera di Giunta di aprile stabilisce che i beni inamovibili (una direttiva assessoriale del 2007 regola l’esportazione dei beni culturali) devono rientrare. È molto probabile dunque che le opere ritornino in Sicilia prima del previsto, a causa della loro fragilità e soprattutto in considerazione del danno economico prolungato che i musei siciliani, come ad esempio quello di Aidone, subiscono quando vengono meno alcuni dei punti di forza delle loro collezioni”.
Quando ancora la Regione Sicilia non aveva ufficializzato la sua decisione e sembrava che ci fosse qualche margine di trattativa, il Cleveland Museum of Art, ha annunciato la cancellazione della mostra Sicily: Art and Invention between Greece and Rome. David Franklinl, direttore del museo, esprime così ad un giornale locale, la delusione per la decisione presa: “Queste cose non succedono spesso nel mondo dell'arte. Per tutti noi è un fatto senza precedenti”. Franklin inoltre è preoccupato dal rischio che questo tipo di azioni possa spingere i Paesi detentori di grandi patrimoni archeologici a chiedere tariffe più alte per i prestiti. Di conseguenza le esposizioni no-profit verrebbero penalizzate a vantaggio di quelle for-profit che metterebbero da parte le motivazioni intellettuali. L'accordo tra l'altro, è stato assunto con lo Stato Italiano e nello specifico con la Regione Sicilia, allo scopo di una rivalutazione scientifica delle opere esposte e di una notevole e gratuita pubblicità a livello internazionale per la Sicilia.
Nel frattempo, un articolo del New York Times riporta il parere dell'assessore Mariarita Sgarlata, secondo cui i tesori siciliani presenti a Malibu devono rientrare senza fermarsi a Cleveland, perché in prestito da troppo tempo. Per scongiurare la cancellazione definitiva della mostra, è stata fatta una proposta economica alla direzione del museo dell'Ohio (giocando al rialzo e forse bruciando per sempre il rapporto con l’istituzione internazionale più attiva nel settore). Le mostre di Malibu e di Cleveland, organizzate all'interno di un piano di consolidamento delle relazioni culturali tra musei americani e italiani, erano state appoggiate dal Ministero dei Beni Culturali, ma l'assessore Sgarlata ha dichiarato al Times che “non esiste alcun contratto riguardo questi prestiti”. Il conflitto nasce soprattutto per due capolavori: la Phiale mesomphalos e l’Auriga di Mozia. “Come reagirebbe un turista americano, che fidandosi della sua guida, é andato fino all'isola di Mozia per ammirare l'Auriga nel suo ambiente originario – ha argomentato l'assessore siciliano – per scoprire che la statua é a Tokio o a San Pietroburgo? Una così prolungata assenza di queste due opere rilevanti depriva la Sicilia e la sua industria turistica di un'importante risorsa”.
Dettaglio di un cratere, prima e dopo il restauro finanziato dal Getty Museum
Viene da chiedersi se la richiesta improvvisa e incomprensibile di richiamare in patria le opere sia stata dettata dalla volontà politica di affrontare il momento di crisi economica attraverso la valorizzazione dei capolavori nei musei locali. L'Auriga sino ad ora ha viaggiato per il mondo, partecipando da vero atleta a tutte le manifestazioni sportive internazionali. Viaggi senza particolari protezioni, a rischio di gravi danni. Sembra paradossale che proprio ora che il Getty lo ha dotato di un basamento antisismico (ai laboratori di Malibu è riconosciuto il primato in questo specifico settore), si decida di non poterne più fare a meno, giusto nei mesi invernali (periodo in cui il flusso turistico a Mothia, come ovunque in Sicilia, è in calo vertiginoso). Quanto costerebbe organizzare una mostra promozionale di tale entità, con reperti provenienti da tutto il Mediterraneo, per invitare i potenziali visitatori americani a viaggiare in Sicilia? Non è dato saperlo perché non é mai stato fatto.
Inoltre quali sarebbero le opere che avrebbero privato i musei siciliani di appeal? Nessun turista in visita a Gela, Siracusa, Lipari, nota l’assenza di uno dei tanti reperti archeologici, data la quantità e qualità di manufatti presenti nelle loro collezioni. Il sistema museale siciliano versa in condizioni che definire critiche è eufemistico, non ci sono fondi e soprattutto non circolano grandi idee. Perché non valorizzare lo straordinario campionario di tesori chiusi nelle casse dei depositi dei musei? E infine, se come dice l'assessore Sgarlata, “non esiste alcun contratto riguardo questi prestiti”, in virtù di che tipo di accordo le opere si trovano oggi negli USA?
Secondo quanto dichiarato da Sergio Gelardi, direttore dei beni culturali siciliani, “era stato firmato un accordo con il Getty Museum ma non con il museo di Cleveland. Basta con le concessioni gratuite, d’ora in poi si dovranno fissare dei corrispettivi per i prestiti”. Immediata arriva dalla California la replica di Claire Lyons: “il corrispettivo per lo scambio c’è già, per gli interventi di restauro e la realizzazione della base antisismica dell’Auriga di Mothia, il nostro impegno economico è stato di 500mila dollari e due anni di lavoro. Inoltre abbiamo diviso le spese per il catalogo e per la mostra con il museo dell’Ohio. La cancellazione comporterà costi gravosi, senza contare che le esposizioni sono già state presentate con grande risonanza. Chiaramente anche l’immagine della Sicilia ne risentirà”.
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