La ventennale parabola politica di Silvio Berlusconi rischia di chiudersi nel modo peggiore. Non tanto e non solo per lui, se a fine mese la Corte di Cassazione confermerà la sentenza di condanna a quattro anni e la sua interdizione perpetua dai pubblici uffici, ma quel verdetto potrebbe trascinare l’Italia in una grave crisi politica e istituzionale.
Tutti i tentativi fatti, finora, per separare le vicende giudiziarie del Cavaliere dai destini del governo, dalle sorti della nostra economia e della nostra finanza, ma soprattutto dalle normali e corrette relazioni tra i fondamentali poteri dello Stato potrebbero dimostrarsi vani. La giornata di ieri, confusa e convulsa nelle aule del Parlamento e sulla piazza di Montecitorio, ma chiara, invece, nel suo preoccupante significato politico, ha annunciato, con la massima evidenza, l’accelerazione di un pericoloso smarrimento delle regole elementari sulle quali si basa una democrazia. Uno smarrimento che è cominciato da anni, che è proseguito con una colpevole assuefazione, sia da parte della classe politica, sia dall’opinione pubblica e che potrebbe portare a gravi conseguenze sul futuro del nostro Paese.
La richiesta del Pdl di sospendere per tre giorni i lavori del Parlamento, in segno di protesta per la fissazione della data in cui la Corte dovrà decidere la sorte giudiziaria di Berlusconi, non ha una giustificazione tecnico-giuridica, rappresenta una pesante minaccia nei confronti della serenità con la quale i giudici dovranno valutare le carte del processo, ma stabilisce anche un inaccettabile collegamento tra i destini di una persona e quelli della più importante istituzione politica dello Stato, quella che rappresenta la sovranità popolare. La limitazione temporale al solo pomeriggio di ieri, consentita da un voto al quale si è unito pure il Pd, non può cambiare il giudizio, perchè così si colpisce un principio fondamentale sul quale si regge l’equilibrio dei rapporti tra istituzioni e che non può essere calcolato a ore o a giorni, nè condizionato da compromessi per salvare un governo.
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