Antonio Conte è uno degli uomini più noti d’Italia. Sfido io: è stato un gran bravo calciatore, è l’allenatore della Juventus, della Vecchia Signora. La Storia della Vecchia Signora mette quasi in soggezione: cinque “scudetti” vinti fra il 1931 e il 1935 (all’epoca di “Mumo” Orsi, Monti, Combi, Rosetta, Caligaris, Bertolini e compagnia bella); il decimo (con la stella da appuntare quindi sulla maglia) giunse nella stagione 1957-58: un successo che recò su di sé il timbro, il grosso timbro, di Giampiero Boniperti, John Charles, Omar Sivori, tre leggende bianconere. Poi, altri “scudetti”, Coppe Italia, Coppe Uefa, Coppe Campioni e via dicendo.
Un tempo, almeno fino agli Anni Settanta, per volere di Gianni Agnelli (l’Avvocato), la Juve i propri giocatori li pagava meno, molto meno, di quanto l’Inter e il Milan pagassero i loro. L’Avvocato spiegò in varie occasioni che si trattava di una dimostrazione di tatto, di delicatezza, rivolta ai suoi operai, i quali nell’arco di 6 mesi guadagnavano quello che numerosi calciatori di Serie “A” ottenevano grazie a un solo premio-partita. Era apprezzabile l’indirizzo assunto da Gianni Agnelli, anche se, in sostanza, un poco troppo “borghese” e accompagnato da un pizzico, un pizzichino, d’ipocrisia.
Ma giovedì scorso, Antonio Conte ne ha sparata una che ha subito sollevato la nostra indignazione, e, forse, anche quella di tanti altri italiani. Il “mister” bianconero, in preda a un’euforia che è quella delle persone leggere, di ben poco “peso specifico”, ha dichiarato alla stampa, all’Italia, al resto del mondo: “Con nove milioni di euro abbiamo fatto miracoli”. Si riferiva, se non andiamo errati, alla campagna-acquisti per la prossima stagione calcistica.
“Miracoli” con “soli” nove milioni di euro… Eccolo l’ennesimo schiaffone arrivato sulla faccia degli Italiani che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, degli Italiani che, licenziati, o considerati “in esubero”, mai più troveranno un impiego, specie se hanno superato i 40 o 50 anni d’età. Eccolo, sissignori, un nuovo esempio d’indifferenza verso i tanti costretti a cercare ogni giorno, con fatica, nell’ansia, un lavoro che magari non troveranno mai. Eccola l’ennesima caduta di stile da parte di una “personalità” del mondo del Calcio, d’un mondo avulso, drammaticamente avulso per sua propria scelta, dalla realtà quotidiana che ci reca notizie sempre più tristi, scoraggianti, sconcertanti.
Noi abbiamo sempre creduto che lo Sport debba svolgere “anche” un ruolo sociale. Un ruolo “umano”. Che debba farsi carico, almeno in termini interiori, ideali, delle privazioni, degli affanni, delle delusioni che ormai da troppo tempo accompagnano la vita di così tanti cittadini e cittadine italiane. Uno Sport “così”, è Sport nobile; è un organismo che dà un esempio. Incoraggia. Conforta. In caso contrario, altro non è che un coacervo di individui i quali nulla hanno da insegnare, i quali altro non pensano che ai propri interessi di bottega.
Ma Antonio Conte lo sa che milioni di italiani fanno “miracoli” (non sempre possono però riuscirci) con 800 euro al mese…? Lo sa o non lo sa? Vada lui a lavorare, per almeno un mese, in un desolato “call centre”, dove vige un regime da triremi ottomana, sapendo che l’ultimo del mese riceverà la miseria di 6 o 700 euro; e vediamo se saprebbe fare “miracoli”. Poi ne riparliamo.