Hanno atteso la bellezza di 35 anni, prima di parlare. I due artificieri, ormai “ex”, Vitantonio Rasi e Giovanni Circhetta, dopo ben 35 anni di silenzio, si sono finalmente decisi a raccontare la loro verità sul caso Moro. Già questa è una stranezza. Una delle tante. Ma vediamo che cosa raccontano. Dicono, Rasi e Circhetta, di essere stati i primi ad accorrere, quel lontano 9 maggio 1978, quando Aldo Moro venne trovato morto, il corpo rannicchiato alla bell’e meglio nel porta bagagli di una Renault rossa amaranto, a via Caetani, nel cuore di Roma. Via Caetani è una via tra piazza del Gesù, sede della Democrazia Cristiana, e via delle Botteghe Oscure, sede del PCI. Allusione trasparente al compromesso storico, cui si intendeva dare un colpo mortale, con l’uccisione di Moro, che quel “compromesso” vagheggiava e teorizzava. Sempre Rasi e Circhetta dicono si essere arrivati molto prima delle 13,30, ora indicata dalla versione ufficiale; e che quando accorsero, trovarono l’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga, che non appariva per nulla turbato, mostrava indifferenza per l’accaduto, quasi fosse già a conoscenza della tragedia che si era consumata. Dicono che il corpo di Moro venne scoperto prima della famosa telefonata del brigatista Valerio Morucci al professor Tritto, con le indicazioni di dove Moro era stato lasciato. E dicono, infine, che in quell’occasione si recitò una sorta di film: perché successivamente si “recitò” il ritrovamento ad uso versione ufficiale, e infine raccontano che vicino al corpo di Moro c'erano un paio di sue lettere e un assegno, successivamente da qualche “manina” fatti spariti…
Difficile da digerire, almeno nei termini in cui le rivelazioni vengono proposte. Ma la domanda c'è tutta: che cosa accadde esattamente il 9 maggio 1978? E cambia qualcosa, la differenza di ore? Forse no, ma sarebbe l’ulteriore conferma che non tutto è chiarito, rimangono zone d’ombra, misteri e omertà.
Giovanni Pellegrino, che è stato presidente della Commissione stragi, sostiene che le rivelazioni di queste ore “sono l’evidenza che in quei giorni era in corso una trattativa, che sfruttava un canale diverso da quelli noti. Tutto questo confermerebbe che i contatti per il rilascio dello statista democristiano era in stato avanzatissimo. Coinvolti non solo vertici dello stato, che non sono da intendersi come un corpus monolitico, ma come attori diversi impegnati in partite diverse, ma anche diverse intelligence straniere”.
Aggiunge poi un particolare che meriterebbe maggiore attenzione di quanta ne abbia avuta: “A un certo punto”, racconta Pellegrino, “arrivò un lancio d’agenzia da Gerusalemme nel quale in pratica si diceva che se non avessi smesso di tirare in ballo i servizi israeliani il Mossad mi avrebbe raccontato la vera storia del sequestro, come se quella emersa successivamente non fosse attendibile”.
Se davvero il Mossad ha minacciato di rivelare la verità, ecco un ottimo motivo per continuare a tirare in ballo il servizio segreto israeliano. E non stupisce che il Mossad si sia interessato alla vicenda, sarebbe stato sorprendente il contrario: cos’altro avrebbe dovuto fare un servizio segreto degno di questo nome, se non cercare di capire che cosa stava succedendo? Il fatto che il personaggio più in vista del partito allora di maggioranza fosse stato rapito dai terroristi “naturalmente” doveva interessare il Mossad, e non solo i servizi israeliani. E’ da credere si siano mossi anche gli americani, i sovietici, i francesi, i tedeschi…La domanda però è: qual è questa "vera" storia del sequestro Moro che il Mossad minacciava di rivelare, se si fosse continuato a chiamarli in causa? Come, e da chi ne sarebbero venuti conoscenza?
Pellegrino individua tante incongruenze nelle ultime 24 ore di vita di Moro. Dicono per esempio che il leader democristiano non sapesse che sarebbe stato ucciso, ma lui, in una delle sue ultime lettere, dimostra il contrario, dice chiaramente “Ormai è fatta”. Una delle più evidenti, poi, è che l’autopsia dimostra che lo statista non morì sul colpo, ma quando lo lasciarono nel bagagliaio della Renault era agonizzante e morì per dissanguamento. "Loro raccontano di aver trasportato il corpo per mezza Roma, ma come è possibile se non era ancora morto? Il luogo dell’esecuzione è molto più vicino a via Caetani di quanto le Br raccontino".
Pellegrino poi parla di quello che per lui è il punto, il vero mistero: "Non è sull’agguato, sul quale la magistratura si è concentrata, ma su quello che è successo nelle ultime ore. Quando mandammo le riflessioni politiche della Commissione proprio su questo punto, l’indagine della Procura di Roma fu immediatamente archiviata. Le motivazioni non sono mai state rese note. Quando il vicepresidente della Commissione, Vincenzo Manca, chiese di vederle, gli fu risposto che erano coperte dal segreto istruttorio, il segreto meno segreto della storia d’Italia. Rimane il fatto che l’effetto drammatico che causano le nostre riflessioni è l’abdicazione dell’indagine da parte della magistratura, che chiude prontamente le indagini. Dunque oggi l’unica verità è che quella diffusa in via ufficiale sulle ultime ore è sbagliata. Le cose non andarono come le si sono raccontate".
Le cose non sono andate come si sono raccontate…Trentacinque anni dopo si avrebbe il diritto di sapere come sono andate…