Il 27 giugno di trentatré anni fa un aereo della compagnia Itavia (compagnia poi fatta fallire) in volo tra Bologna e Palermo, esplodesul cielo di Ustica. Ci sono 81 persone, a bordo: il più giovane, Giuseppe, aveva un anno. Il più vecchio, Paolo, 71. Persone normali, la cui unica colpa è di essere su quell’aereo: che è esploso trentatré anni fa, e ancora non si è rivelato chi lo abbia abbattuto e perché.
Il giudice Priore, titolare dell’inchiesta, nella sua ordinanza scrive che “il disastro di Ustica ha scatenato processi di deviazione o comunque di inquinamento delle indagini. Gli interessi dietro l’evento e di contrasto di ogni ricerca di verità sono stati tanti, e non solo all’interno del Paese, ma specie presso istituzioni di altri Stati, tali da ostacolare, specialmente attraverso l’occultamento delle prove e il lancio di sempre nuove ipotesi, con il chiaro intento di soffocare l’inchiesta, il raggiungimento della comprensione dei fatti…”.
Il Belgio ha ufficialmente ammesso di essere in possesso di informazioni utili per la comprensione dell’accaduto, informazioni che non ha alcuna intenzione di fornircele. Come e perché il Belgio disponga di queste informazioni, sarebbe utile saperlo. In Belgio ha sede il comando NATO. E’ lì una delle chiavi del mistero di Ustica?
In questi trentatré anni dice il giudice Priore, è stato messo in essere ogni tipo di depistaggio: hanno parlato di cedimento strutturale (provocando il fallimento dell’Itavia), poi si è ipotizzato una bomba a bordo, per un attentato mai rivendicato; e nel contempo negato in ogni modo la possibilità che il DC-9 fosse stato abbattuto “per errore”, da un missile sparato da un aereo straniero, che “puntava” su altro (forse un aereo con a bordo Gheddafi). Il presidente Francesco Cossiga per anni sostiene la tesi della bomba a bordo; poi, improvvisamente, accusa la Francia, sostenendo che la strage era stata provocata da un missile esploso da un caccia di quel paese.
Alcuni alti ufficiali dell’Aeronautica italiana sono stati inquisiti e processati: per l’accusa sapevano cos’era accaduto, ma tacevano e depistavano, coprivano i colpevoli. Dopo un lungo e faticoso processo, sono stati assolti per non aver commesso il fatto, mentre alcuni reati sono caduti in prescrizione.
C’è poi un altro capitolo, porta in Libia. I familiari delle vittime e i loro legali chiedono che l’ex primo ministro e numero due del regime di Gheddafi, Abdel Salam Jalloud, rifugiato da un paio d'anni in Italia, sia ascoltato: potrebbe fornire elementi utili, importanti: “Si può ritenere che Jalloud, per la posizione ricoperta all’epoca del regime, possa essere al corrente di dati molto utile alla ricostruzione dei fatti”.
Mesi fa Il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo nel quale si sostiene che “l’organizzazione Human Rights Watch ha messo le mani, a Tripoli, sull’archivio segreto dell’intelligence libica che – ha rivelato il responsabile del settore emergenze Peter Bouckaert, contiene moltissimi documenti su quanto accadde il 27 giugno 1980…”. Non se ne è saputo più nulla; al contrario, sarebbe interessante saperne di più. E’ vero quello che ha scritto Il Corriere della Sera? E’ vero che “Human Rights Watch” ha messo le mani sull’archivio segreto dell’intelligence libica, e che in quella massa di documenti ce ne sono tanti che riguardano la strage di Ustica? Sono stati acquisiti? Se no, perché?
Sono trascorsi trentatré anni da quella strage, e come per tante altre che hanno insanguinato il paese, si attende ancora verità e giustizia. Verità per trentatré anni occultata. Giustizia per trentatré anni negata.