È tempo di condanne clamorose in Italia: il pane quotidiano che costringe la stampa a duri straordinari. Il web, che per certi versi rappresenta un riflesso abbastanza reale del paese, si scatena. I social network ribattono velocemente le notizie farcite di commenti che riassumono il libero pensiero di ognuno. Non dimentichiamo che L’Italia è, almeno sulla carta, un paese democratico.
Anche io in questi giorni mi sono concessa il lusso di twittare un pensiero in merito alla condanna di primo grado ad un anno e 8 mesi di reclusione per Domenico Dolce e Stefano Gabbana.
Nel tweet, in poche parole, ringraziavo i due stilisti siciliani per la grande figura di schifo internazionale a cui hanno sottoposto l’intero made in Italy, e quindi l’Italia stessa, che loro rappresentano in tutto il mondo.
A distanza di qualche ora ricevo sul mio profilo Tweeter un messaggio di Stefano Gabbana con scritto: Rosy Canale ma vai affanculo!
Scoppio a ridere. Ma la cosa non mi lascia indifferente. Ci penso su e arrivo alla conclusione che la sua non è stata una mossa intelligente, anzi è proprio una vera idiozia! Un personaggio pubblico della sua portata deve saper incassare diversamente le critiche, anche le piu’ aspre, le più severe, non può scadere in comportamenti ridicoli e assolutamente violenti. Stefano Gabbana ha fatto tanta strada, che forse lo ha portato a dimenticare le sue origini di uomo del sud, in cui la buona creanza è alla base di ogni cosa. Non lo immaginavo un uomo cosi tracotante, al punto di calpestare la gente, al punto di violare le regole. La moda è una arte raffinata che scaturisce da animi eletti, toccati dal sacro fuoco del talento. Il delirio di onnipotenza è per i mediocri, per coloro che giungono sull’Olimpo della vita solo per coincidenze fortuite e non per veri meriti. Non voglio credere che Gabbana sia davvero un poveraccio del genere, che offuscato da un’opulenza esagerata crede che tutto gli sia possibile o persino dovuto.
Anche io sono una donna del sud, ed a me hanno insegnato che la dignità è una e quando la perdi non te la puoi ricomprare, nemmeno se sei Stefano Gabbana.
Il mio tweet era assolutamente sul pezzo! La notizia della condanna per i due stilisti italiani fa in poche ore il giro del mondo. Ne parlano tutte le grandi testate e con giudizi non proprio generosi sulla vicenda.
La stampa Britannica ingessata come sempre, si indigna del comportamento dei due creativi che vantano tra i loro clienti pop star del calibro di Madonna. Il tabloid scrive: “Hanno creato una società in Lussemburgo per non pagare le tasse in Italia, dove le aliquote fiscali corporate sono tra le più alte del mondo".
L’independent titola: “Dalla passerella all'aula di tribunale”. Dolce e Gabbana “sceglieranno con attenzione i loro completi in giacca e cravatta per andare davanti alla Corte”. O si certo, qualcosa che dona ma di basso profilo… E rincara la dose: “I giornali italiani che fanno affidamento sulle redditizie pubblicità dei grandi designer, hanno scelto di ignorare il processo!”
Della vicenda giudiziaria dei due stilisti parla anche la Bbc. "I designer sono conosciuti nel mondo intero", scrive sul suo sito web l'emittente britannica, “ed in Italia sia le aliquote che l’evasione fiscale sono tra le più alte al mondo”. “Con il Paese stretto dalla recessione e timoroso di subire la stessa sorte della Grecia, non c'è mai stato momento migliore per colpire in modo esemplare gli ‘avidi ricchi'”, conclude il Times. Lo spagnolo El Pais ricorda le aspre critiche di Gabbana contro il governo su Twitter l'anno scorso: “Ladri! Non sanno come fare per prenderci il denaro…. Sarebbe forse meglio andarsene da questo Paese”.
Questo solo per citare alcuni dei quotidiani internazionali che si sono occupati della notizia. E voi non la chiamereste figura di schifo?
Non dimentichiamo che viene richiesta una maxi multa da 343,4 milioni di euro. Ma si sa, questi contenziosi si chiudono sempre in sede extragiudiziale. Cosi come è accaduto per Diego Maradona, per Valentino Rossi, per Luciano Pavarotti, giusto per citarne alcuni. La malafede è quella che più di ogni altra cosa indispone. La premeditazione, l’architettuta maligna per “fottere lo Stato”.
La condanna ad un anno e 8 mesi viene sospesa poichè inferiore ai due anni e perché i soggetti sono incensurati. Certo l’evasione va di moda, ma il carcere quello no! In Italia lo fanno solo i ladri di polli oggi disperati da supermercato!
Personalmente credo che Domenico Dolce e Stefano Gabbana farebbero bene a costituire una serie di Fondazioni a scopo benefico valorizzando progetti di social business da avviare anche nella loro stessa Sicilia, magari realizzandoli nei tanti beni confiscati alla mafia e ancora oggi inutilizzati. Questo e’ uno dei tanti modi utili ed intelligenti per defiscalizzare. E poi sarebbe anche significativo che proprio loro che emergono dal basso, offrano un’opportunità a giovani meno fortunati o con storie difficili.
Per finire GRAZIE Stefano Gabbana, per il tuo VAFF griffato! Dovresti iniziare a valutare che forse la grandezza di un uomo è misurata dal bene che porta nella vita degli altri, di molti altri, e non nella dichiarazione dei redditi: che sia vera o falsa. Per il resto continuo a ritenere che a prescindere dalla condanna, abbiate agito in maniera poco onesta. E la figura di schifo internazionale ci sta tutta. Che ti piaccia o no.
La vicenda:
Nel marzo del 2004 Domenico Dolce e Stefano Gabbana costuituiscono una società in Lussenburgo, la Dolce & Gabbana Luxemburg sarl, che a sua volta costituisce la società Gado sarl. Quest'ultima acquista dagli stessi stilisti, al prezzo di 360 milioni di euro contro il 1,193 milioni di valore stimato, alcuni brand e successivamente, con un contratto di licenza, concede a un'altra società, la Dolce & Gabbana srl, il diritto di sfruttamento dei marchi in esclusiva e dietro il pagamenti di royalties. L’agenzia delle entrate si insospettisce e avvia dei controlli nel 2007. Nel 2010 il fisco accusa gli stilisti di aver messo in piedi una “cassaforte costituita ad hoc'', cioè la Gado sarl, per ''attuare una pianificazione fiscale internazionale illecita finalizzata al risparmio d'imposta''. L'evasione fiscale sarebbe stata di circa 416 milioni di euro per ciascuno dei due stilisti, a cui vanno aggiunti altri 200 milioni di euro di un presunto imponibile evaso in relazione alla società Gado. Un miliardo di euro…
Il primo reato contestato e che è stato incasellato sotto la dichiarazione infedele dei redditi si è prescritto a fine aprile. Rimaneva invece in piedi la seconda contestazione e che riguarda il reato di omessa dichiarazione. La richiesta del PM di Milano Gaetano Ruta è stata di 2 anni e 6 mesi per gli stilisti che «sono coloro che hanno maggiormente beneficiato di questa operazione». «Gado era una costruzione artefatta – ha spiegato il pm – funzionale a realizzare il vantaggio fiscale che è stato ottenuto». Richieste condanne anche per altre cinque imputati, tra cui Luciano Patelli, il commercialista definito «istigatore del piano illecito» del quale peró ci sarebbe stata «piena condivisione».
La Gado sarl, aveva in Lussemburgo soltanto una sede fittizia presso una compagnia di domiciliazione societaria che aveva in realtà «funzioni di mera segreteria». Scopo dell'operazione di ingegneria societaria, a parere dei giudici tributari e della Cassazione penale, fu «impedire l'applicazione delle imposte italiane su una manifestazione reddituale in realtà determinatasi nel territorio dello Stato, in quanto la reale titolarità dei marchi, attraverso la catena societaria, risale alle persone fisiche apparentemente cedenti e residenti in Italia».