Si è aperto giovedì al Lincoln Center il festival Open Roads dedicato al cinema italiano. La rassegna offre una panoramica completa sulla cinematografia contemporanea e dimostra che, nonostante le difficoltà, l’industria nostrana della pellicola è vivace e capace di produrre qualità esportabile.
Una sala gremita ha accolto i primi due film in rassegna, Tutti i Santi Giorni di Paolo Virzì e Bella Addormentata di Marco Bellocchio. Due film molto diversi che raccontano l’Italia di oggi, con le sue contraddizioni, i suoi conflitti e la sua bellezza. La pellicola di Virzì è una commedia dolce e leggera che ritrae una generazione di trentenni in cerca di definizione. Il film di Bellocchio affronta invece il tema dell’eutanasia, ispirandosi alla storia drammatica di Eluana Englaro.
“Il nostro criterio è sempre la qualità, non guardiamo al botteghino – ha commentato a La Voce di New York Antonio Monda, ideatore del festival (intervista video qui) – E credo che con questo cartellone siamo riusciti a coprire la varietà del cinema italiano contemporaneo, andando dalla commedia leggera a film d’impegno sociale. Inoltre quest’anno abbiamo quattro registe donne e questo mi fa molto piacere, considerando che purtroppo nel nostro cinema le voci femminili non sempre sono adeguatamente rappresentate”.
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Le registe Maria Sole Tognazzi ed Elisa Fuksas
C’è curiosità nei confronti del cinema italiano e, nel dibattito con registi e attori seguito alle proiezioni, il pubblico ha dimostrato interesse per i temi trattati. Conclusa la stagione dei grandi registi neorealisti, i film made in Italy hanno trovato un nuovo stile che sa parlare una lingua internazionale, lontano dagli stereotipi.
“Per gli amanti del cinema che intraprendono un viaggio attraverso i film il cinema italiano è e resta una tappa importante e imprescindibile – ha detto a La Voce Rose Kuo, direttore esecutivo della Film Society of Lincoln Center – E non mi sento di dire che oggi ci sia qualcosa che rappresenta il cinema italiano, qualcosa di specificamente italiano nella cinematografia più recente. Perché, come dimostrano i film in programma, i registi contemporanei hanno sviluppato una propria personale voce e ognuno ha un suo stile, unico e denso di significati”.
Certo, la crisi economica e sociale si fa sentire anche nel cinema ma a volte è proprio in momenti di crisi che le culture riscoprono la propria capacità espressiva.
“L’Italia del cinema si sta ricostruendo e se ci sta riuscendo è perché ci sono nuovi registi e attori di grande talento e incredibile creatività. Allo stesso tempo la collaborazione con le istituzioni, come per esempio quella con l’Istituto per il Commercio Estero, sta dando i suoi frutti – ci ha spiegato Roberto Cicutto, amministratore delegato dell’Istituto Luce-Cinecittà – Finalmente l’Italia sta iniziando a capire l’importanza del cinema non come mero strumento di promozione del made in Italy ma come made in Italy in sé”.
E se il cinema è cultura non ci si può dimenticare che si tratta anche di un’importante industria che merita di essere sostenuta e promossa. “Il nostro obiettivo non è quello di fare un festival che dura qualche giorno, poi chiude e il cinema italiano sparisce – ha proseguito Cicutto – Vogliamo invece che questi eventi si trasformino in un’occasione di incontro tra professionisti e operatori del settore. Per questo qui a New York, insieme al Lincoln Center cui, come nella nostra filosofia, abbiamo lasciato assoluta autonomia nella scelta dei titoli, abbiamo creato un intero cartellone di cinema italiano che si sviluppa lungo tutto il corso dell’anno. L’idea è anche quella di far capire al pubblico americano che il cinema italiano non è qualcosa che si trova soltanto nei festival, ma si può vedere anche in sala”.
Il festival proseguirà fino al 12 giugno con proiezioni quotidiane e dibattiti. Intanto venerdì la Casa Italiana della New York University ha ospitato un evento collaterale per discutere delle sfide del cinema italiano contemporaneo. Una tavola rotonda con registi, attori e operatori del settore in cui si è parlato anche di luci e ombre del settore. Se è vero, si è detto, che nessun film italiano ha vinto un Oscar dai tempi de La Vita è Bella di Benigni, bisogna però rilevare che i nostri tecnici, anche quando lavorano su film stranieri, continuano ad essere premiati. Come a dire che l’Italia del film è un’Italia di buoni artigiani. E questo ci fa onore.
Durante la presentazione della rassegna, La Voce di New York ha relizzato una breve intervista video con Antonio Monda, fondatore del festival giunto quest’anno alla sua tredicesima edizione, disponibile sul nostro canale YouTube.