Non volemmo scriverne “a caldo”. Scrivere “a caldo” non fa bene. Non è giornalismo. E’ soltanto ora, perciò, che scriviamo del delitto avvenuto il mese scorso a Corigliano Calabro. L’omicidio di Fabiana Luzzi, stroncata nel fiore dei suoi sedici anni da un ragazzo di diciassette, il “suo” ragazzo, Davide Forniciti, il suo “amore/errore più grande”, come lei stessa aveva scritto poco tempo prima all’indirizzo del giovane che poi l’avrebbe assassinata: l’individuo è reo confesso. Secondo fonti ufficiali, Davide in seguito alla confessione resa ai Carabinieri, non ha mostrato nessun segno di pentimento, non ha mostrato contrizione. E’ apparso perfino irritato, scocciato… Esempio significativo dell’individualismo che da una ventina di anni a questa parte avvelena la società italiana, altera la società italiana, oramai in gran parte votata all’esercizio, al culto del Consumismo, quindi del possesso, del denaro.
Ecco, così, un altro delitto che ci sconcerta, ci lascia sbigottiti, ci indigna. Un nuovo assassinio che ci pone di fronte a una certa Italia, un’Italia che fa venire i brividi, procura nausea, scoraggia. Sembra tutto inutile… Sembra impossibile restituire milioni e milioni di italiani al senso della decenza, al senso delle proporzioni: al senso di Giustizia, certo, della Giustizia con la “G” maiuscola che, prima d’essere giuridica e sociale, è morale, spirituale.
Non si hanno più punti di riferimento; non sappiamo più far quadrare concetti, non siamo capaci di attribuire responsabilità a coloro ai quali vanno attribuite, né tantomeno di riconoscere le nostre. Esempio: secondo fonti giudiziarie, sulle prime Davide aveva tentato di mettere fuori pista i Carabinieri, aveva parlato di una aggressione ai suoi danni; insomma, aveva cercato di farla franca mentre il cadavere della “sua” ragazza era ancora caldo… Fanno quasi tutti così gli individui che nel nostro Paese ammazzano donne, ragazze “colpevoli” di non amarli, di non saperli comprendere; di averli lasciati per altri uomini.
Ci domandiamo che cosa abbiamo fatto all’Italia. Che cosa abbiamo fatto dell’Italia; quale mai “virus” si è insediato nella psiche di così tanti italiani. Anche nel caso Fabiana Luzzi abbiamo sentito parole che ci hanno scombussolato, che ci hanno addirittura demoralizzato. Per Mario Michele Grande, preside della scuola frequentata da Davide, il ragazzo “è fuori dalle regole, ma mostro non è, non è uomo di morte”. E che cos’è allora uno che alla propria ragazza infligge oltre dieci coltellate, uno che la manda al rogo quando lei è ancora viva? “Mostro”, no, non chiamiamolo così (anche perché il termine ormai è logoro), ma uomo di morte, sì.
La mamma stessa della vittima in giorni recenti ha esclamato che anche lui “è una vittima”. Beh, cari signori, qui la confusione, il disordine mentale appaiono ciclopici. Incurabili. A questo siamo arrivati: per mostrarci al resto della società “comprensivi”, “solidali”, e ricevere quindi la “patente” di persone “civili”, rispettabili, ecco che non sappiamo più comprendere, ecco che ci sfugge la gravità di un gesto, di un’azione. Siamo diventati esseri senz’anima. Il perdono è sublime elemento spirituale, cerebrale. Ma è “anche” giusto che l’autore di un crimine così efferato come quello che a Fabiana ha tolto la vita, debba pagare e debba pagare duramente.
A Davide auguriamo lunga vita, più lunga possibile. Da vivere però nel rimorso quotidiano, nel rimorso incancellabile, che è peggio del fuoco del plotone d’esecuzione. Ammesso che quest’uomo (non chiamiamolo più “ragazzo”) sia incline al rimorso.