L’hanno cercata inutilmente per anni, hanno visionato centinaia di foto e di video, hanno ascoltato decine e decine di testimoni, hanno inquisito un ufficiale dei carabinieri, poi prosciolto, sospettato di essersene impossessato. E anche oggi, a distanza di oltre vent’anni, l’agenda rossa di Paolo Borsellino – il diario in cui il giudice era solito annotare spunti investigativi, riflessioni e appunti scomparso subito dopo la strage di via D’Amelio – continua ad essere al centro di misteri e polemiche.
L’ultima «novità» riguarda un filmato girato sul luogo dell’agguato dai vigili del fuoco, di cui finora nessuno si sarebbe accorto.
In un frame si vede infatti un quaderno di colore rosso che potrebbe assomigliare all’agenda da cui Borsellino non si separava mai. «Se fosse vero, sarebbe pazzesco» commenta in mattinata il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, dopo avere visto il fermo immagine pubblicato dal quotidiano La Repubblica. Il titolare dell’ufficio che coordina le inchieste sulla strage di via D’Amelio cerca tuttavia di smorzare i facili entusiasmi sollevando alcuni dubbi. Una cautela confermata dagli accertamenti svolti nel giro di poche ore: «Il fotogramma – spiega Lari in una nota diffusa nel pomeriggio – è stato depositato nel processo “Borsellino Bis”, e nel procedimento “Agenda Rossa”, a carico dell’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli. L’oggetto somigliante ad una agenda è in realtà di minore spessore rispetto all’agenda rossa del dott. Borsellino». Poi una precisazione: «l’oggetto non si trova – come si afferma nell’articolo del quotidiano – accanto al corpo di Borsellino, bensì accanto alla salma dell’ agente di scorta Emanuela Loi».
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