Il nucleo storico della mafia, in Sicilia, nasce all’incirca alla fine dell’Ottocento: una mafia che si forma nei grandi feudi, nei latifondi. Il periodo coincide con quello della nascita dello Stato italiano e questo ha alimentato per tanto tempo il mito della mafia nata come “ribellione del popolo meridionale alla prepotenza del Nord vessatore”. In realtà non c’è nulla di politico nella mafia, nè ci sono fini di riscatto sociale, di ribellione alla violenza. La mafia, anzi, è pura violenza, rovesciamento delle regole del vivere civile per fare gli interessi della “onorata società” e di chi vi appartiene. La mafia ha, inoltre, nelle sue caratteristiche fondamentali, quella di essere un corpo che si è sempre interfacciato con l’autorità. Per dirla in altre parole, mafia e Stato si sono sempre parlati, in Italia, a volte hanno condiviso anche gli stessi uomini, si sono aiutati e si sono risolti i problemi a vicenda.
Lo Stato ha riconosciuto la mafia, come reato tardi, tardissimo. Sono dovuti passare 120 anni circa. La legge che introduce il reato di “associazione a delinquere di stampo mafioso” nel codice penale italiano (articolo 416 bis) è del 1982. Per approvarla, dopo un’estenuante dibattito parlamentare, fatto di tanti “se” e tanti “ma” (perchè il potere ha avuto sempre mille prudenze e altrettanti timori, in questi casi, e si procede a passi di piombo) fu necessario arrivare all’omicidio del primo firmatario, il deputato del Pci, segretario del partito in Sicilia, Pio La Torre. Sullo shock di quel barbaro omicidio di mafia, avvenuto il 30 Aprile del 1982, il Parlamento approvò la legge Rognoni – La Torre, appunto, che riconosce e punisce la mafia e le altre associazioni criminali, con pene severe e misure allora innovative come la confisca dei beni.
E chissà se non serva un altro shock, un’altra scossa, oggi, a questo nostro Paese, per approvare una serie di norme che finalmente riconoscano e puniscano la nuova mafia, Cosa Grigia.
Cosa nostra, infatti, è ormai sul punto di morire, come aveva pronosticato Giovanni Falcone. Grazie alle leggi introdotte a partire dal 1982, alla caccia senza quartiere ai latitanti, alla nascita di un giornalismo di inchiesta di qualità e diffuso, la mafia che fu di Riina e Provenzano è messa all’angolo. Il suo capo, Matteo Messina Denaro, è davvero l’ultimo dei padrini. Preso lui non ci sarà nessun altro ad avere il controllo delle famiglie e del territorio. Lo Stato avrà vinto.
Resta però il fatto che rispetto alla nuova mafia che ha preso già il posto della vecchia Cosa nostra, lo Stato sembra non volere fare nulla di concreto, ripetendo gli stessi errori fatti in passato. Tant’è che molte delle condotte criminose che fa Cosa Grigia non sono punite come reato in Italia, oppure le pene sono molto miti. Insomma, come avveniva negli anni ‘60, quando c’era la mafia, ma non si poteva dire, perchè tanto non era reato. Allo stesso modo oggi c’è Cosa Grigia, ha i suoi epigoni, ma non si possono denunciare perchè, tecnicamente, non c’è reato. La nuova mafia oggi non vive di estorsioni o di traffico di droga, reati per i quali le pene sono altissime, ma è una mafia sofisticata, imprenditrice, finanziaria, che vive di condotte al limite, di una legalità flessibile.
Per andare su concreto, vediamo alcuni esempi. L’autoriciclaggio, nel nostro Paese non è reato. L' autoriciclaggio è il riciclaggio di denaro di provenienza illecita, compiuto dalla stessa persona che ha ottenuto il denaro. Un caso famoso a tal proposito fu quello di Vito Ciancimino, sindaco mafioso di Palermo, il quale, durante il processo per concorso esterno in associazione mafiosa, non fu imputabile per il riciclaggio del denaro accumulato grazie alle sue relazioni con la mafia. Così come non esiste una legge organica sul voto di scambio: c’è un articolo, il 416 ter, introdotto dopo la strage di Via d’Amelio, più per reazione emotiva a quella terribile strage che per reale convinzione, tant’è che risulta di fatto inapplicabile. Di recente è stato depenalizzato il falso in bilancio, che quindi non è più punito come reato. Un altro reato tipico della nuova mafia è la frode nelle pubbliche forniture: si ha quando un imprenditore realizza un’opera pubblica, per la quale ha vinto una gara, non rispettando il capitolato. Si possono guadagnare, truffando lo Stato, mettendo cemento depotenziato e ferro schifoso per fare porti, autostrade e gallerie, senza che nessuno controlli, anche decine e decine di milioni di euro. Per un reato così grave la pena massima è …due anni. Questi sono solo alcuni esempi, ma possono continuare. Una legge sulla corruzione ad esempio, seria, è oggi più che mai necessaria perchè la corruzione è il modo in cui vengono regolati i rapporti tra pubblico e privato (e anche tra privati in Italia). L’abuso d’ufficio, il reato di un pubblico amministratore che non rispetta la legge e fa favori agli “amici” è impossibile da dimostrare in tribunale. Ancora, impedire la candidatura e l’elezione di persone sotto inchiesta per questi e altri reati servirebbe ad evitare che gran parte della classe dirigente del Paese sia formata da soggetti che invece rappresentano gli interessi della criminalità.
Sono davvero tante le cose da fare. Io lo so, lo sappiamo in tanti. Lo sa gran parte della classe politica del Paese, alla quale arrivano petizioni, interpellanze e richieste: fate presto.Con un po’ di buona volontà il Parlamento ci impiegherebbe poco a varare un corpo di leggi anti – Cosa Grigia. Solo che non lo fa.
Dobbiamo aspettare morti eccellenti? Altri centoventi anni?