Roma, Domenica 28 aprile 2013, ore 11.40. Non è una domenica qualunque, una domenica italiana. E’ il giorno del giuramento per il governo dalle larghe intese e dai tempi ristretti. Enrico Letta il nuovo premier designato dal due volte Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è intento a stringere le mani dei 21 ministri scelti per mandare avanti la macchina Italia da troppo tempo ferma, immobile e in balia di una classe dirigente, tutta, che ha perso le ultime elezioni.
Il piazzale di Palazzo Chigi al solito è monitorato da agenti e Carabinieri; i passanti non sono numerosi in questa domenica dall’aria estiva e indolente: un paio di passanti in bici, una mamma incinta, un papà che guida il passeggino del figlio. Poi arrivano improvvisi gli spari e tutto prende un’altra forma e un altro tempo. Panico, attimi concitati e la risposta dei carabinieri. Nello scontro a fuoco restano feriti la mamma incinta in modo lieve da una scheggia, che verrà subito soccorsa dal 118, il bambino balzato dal passeggino e soprattutto i due carabinieri Francesco Negri, 30 anni, e Giuseppe Giangrande, 50 entrambi effettivi al sesto Battaglione Toscana. Il sangue di Giuseppe fa il giro del mondo e le sue condizioni restano le più gravi finora: lesione importante alla colonna vertebrale.
L’uomo viene immobilizzato quasi subito e anche le sue foto nelle velocità dei bit odierni fanno immediatamente il giro della stampa nazionale e mondiale. Luigi Preiti, 49 anni residente in Piemonte e solo ultimamente, come il fratello Arcangelo ha dichiarato, faceva ritorno al paese d’origine più spesso. L’uomo aveva perso da poco il lavoro e il rapporto con la moglie.
Preiti dopo essersi inizialmente rifiutato di rendere dichiarazioni ha poi ceduto alla pressione del procuratore aggiunto Filippo Laviani ammettendo di aver organizzato il suo proposito omicida già 20 giorni prima, l’arma una beretta 7,65 con la matricola cancellata. Non è uno squilibrato e per una volta, forse, nella storia dei tentati omicidi politici questo fatto viene subito chiarito. Non è il gesto di un folle ma di un uomo che vestito di tutto punto si reca nel palazzo del potere e non potendo accedervi spara contro i primi suoi rappresentanti, gli uomini in divisa preposti a proteggerlo. Alcuni articoli hanno riportato simultaneamente altre informazioni che riguardano il suo mondo come quella legata a diverse perdite di gioco. Ma queste non rappresentano al momento né un dato né una causa certi, quindi vanno prese con le dovute cautele. La tentazione di ammassare fatti tutti uguali e contrari tra loro in una stessa giornata lascia troppo tempo all’improvvisazione e alla confusione e spesso non dà modo di valutare gli avvenimenti per quelli che sono, così che anche l’inchiesta che verrà aperta potrà sperdersi tra rivoli di fumo. Aspettiamo la perizia balistica, la traiettoria dei proiettili, il percorso di vita del fermato cosa l’ha davvero portato a compiere un gesto del genere e se era solo nel progetto omicida.
Nel luglio di 65 anni fa proprio alle 11.30 in quella stessa piazza un politico verrà realmente ferito, Palmiro Togliatti mentre esce da Montecitorio un giovane, Antonio Pallante, spara tre colpi da una calibro 38. La Democrazia Cristiana aveva appena vinto le elezioni, le prime della nostra storia repubblicana, sancendo la vittoria schiacciante sulle forze di sinistra. Nessuna analogia, anche perché quella stessa giornata fu macchiata da altri fatti di terrore. Nessuna analogia dunque solo fatti e storia a dirci come siamo fragili. Fragili i giornalisti che nonostante tutti i festival del settore e tante lezioni a telecamere accese ancora non calibrano bene le parole passando da aggettivi legati a un’eventuale origine altra (si è detto maghrebino l’attentatore inizialmente) a quella poi confermata di calabrese, come se la città o la nazione di provenienza potessero bastare per dare sin dall’inizio un marchio di fabbrica e infamia. Fragile la società che respinge i propri figli lasciandoli senza lavoro e senza futuro non solo economico ma anche di dignità; fragile l’opinione pubblica e gli elettori che vengono strappati dalla lenta fissità delle cose politiche tutte uguali a se stesse con il suono forte degli spari e la vista truce del sangue onesto mentre le orecchie vengono bombardate dai giudizi di politici e opinionisti sulla campagna dell’odio sociale che tante conseguenze porta. Dovremmo essere più forti e onesti tutti nell’usare le parole quando queste definiscono dei fatti, le persone e le colpe sottese; l’informazione va ricercata non offerta o farsela offrire al primo sparo che passa.
Con questa analisi-report, preparata anche per “Aspettando L’Ora”, http://aspettandolora.wordpress.com/ Simona Zecchi comincia la sua collaborazione da Roma per “La VOCE di New York” .
"Aspettando L'Ora" è un blog giornalistico che anticipa temi e profilo editoriale di quello che sarà la testata L'Ora, il cui titolo, come facilmente intuibile, riprende e si ispira con la dovuta accortezza e il meritato rispetto al quotidiano siciliano de L'Ora di Palermo. Il quotidiano sarà Inizialmente on line e sarà composto da una rete nazionale di giornalisti e cronisti d'inchiesta che andranno fino in fondo sui temi vecchi (che sono tali solo in apparenza) e nuovi e sull'attualità e la cronaca che compongono il quotidiano, lasciando come privilegiato l'approccio unico dell'inchiesta e coprendo quei luoghi d'Italia oggi scoperti e lasciati in ombra dalle altre testate. Un servizio ai cittadini al giornalismo e alla legalità.