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Convegno alla Stony Brook University: L’eredità di Giovanni Falcone

Alla State University of New York di Stony Brook, si è tenuta la conferenza internazionale "To Die for Justice: Giovanni Falcone, Italian Hero".

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Il Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso con il giornalista Sebastian Rotella che alla Conferenza su Falcone della Stony Brook ha tradotto in inglese il magistrato

Il Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso con il giornalista Sebastian Rotella che alla Conferenza su Falcone della Stony Brook ha tradotto in inglese il magistrato

Time: 5 mins read

Alla State University of New York di Stony Brook, si è tenuta sabato la conferenza internazionale intitolata “To Die for Justice: Giovanni Falcone, Italian Hero”.

Organizzata dal Prof. Mario Mignone, Direttore del Center for Italian Studies, con il supporto del Prof. Dennis Assanis, Provost e Senior Vice President della Stony Brook University dell’United University Professions; del Dr. Richard Nasti, Chair del Center for Italian Studies Board; del Dr. Joseph Tromba, Md; della Dr. Ludovica Rossi Purini e delle aziende Castello Banfi e Alitalia, il simposio ha portato magistrati, ex collaboratori di Falcone, storici e giornalisti nel Long Island per commemorare la figura del magistrato siciliano ucciso da Cosa Nostra il 23 maggio del 1992 a Capaci e che anche dopo la morte continuò a rivoluzionare l’azione della giustizia contro la mafia, in Italia e nel mondo.

Sabato al Simons Center della Suny per otto ore un attento pubblico di cittadini e studenti ha commemorato l’eroe siciliano morto per la giustizia in questa importante conferenza che ha anche visivamente raccontato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con il documentario della Rai diretto da Silvia di Fonzo e presentato da Ludovica Rossi Purini. Oltre a ricordare i terribili anni delle stragi mafiose, i relatori hanno valutato l’eredità lasciata dal “metodo Falcone” nell’odierna lotta internazionale a Cosa Nostra e alla Criminalità organizzata. Tra gli intervenuti, il Console Generale di New York Natalia Quintavalle, la Chief/Administrative Justice dello Stato di New York Hail Prudenti, e il New York State Comptroller Thomas Di Napoli.

I rappresentanti istituzionali hanno messo in risalto l’importanza per lo Stato di New York dell’evento tenuto alla SUNY, sicuramente il più grande e autorevole organizzato quest’anno per commerare il ventennale di questo tragico pezzo di storia italiana. L’intervento più atteso è stato quello di Pietro Grasso, oggi Procuratore Nazionale Antimafia e che lavorò per anni a fianco di Giovanni Falcone.

Grasso, palermitano anche lui, nel suo toccante intervento in italiano e tradotto magistralmente in inglese dal giornalista d’inchiesta Sebastian Rotella, ha raccontato non solo le fasi delicate del suo lavoro ma anche la sua amicizia con Falcone. Numerosi gli episodi in cui Grasso ha rischiato la vita insieme a Falcone: “Falcone era amareggiato per gli attacchi che riceveva, aveva da poco accettato la proposta del ministro Martelli di assumere la direzione generale dell’ufficio Affari penali a Roma, e c’era chi lo accusava di essere stato un insabbiatore e un traditore… Disse con disprezzo: ‘Cosa credono questi signori, che siamo tutti uguali? Che me ne sto andando per salvarmi la vita? Io non ho paura di morire. Sono siciliano, io!’. Prendendo fra le dita un bottone della sua giacca blu, continuò: ‘Sì, sono siciliano e per me la vita vale meno di questo bottone’. Falcone non sapeva quanto fosse vicino alla verità in quel momento”.  Continua col racconto Grasso: “Dopo qualche anno appresi da un pentito catanese, che mentre ci trovavamo in quel ristorante, alcuni picciotti avevano tentato disperatamente di contattare Nitto Santapaola per ottenere l’autorizzazione a sfrittare la ghiotta occasione: una strage che in un colpo solo avrebbe eliminato il pericolo numero uno di Cosa Nostra il giudice a latere che aveva inflitto gli ergastoli ai vertici dell’organizzazione e allo stesso Santapaola, nonché tre giornalisti che con i loro articoli non avevano mai cessato di denunciare il fenomeno mafioso e le sue compromissioni con il potere economico e politico…”

Grasso ha raccontato di come su una delle macchine di Capaci “avrei dovuto esserci anch’io…. Capitava spesso che lui mi offrisse un passaggio… Ma quando mi chiamò per avvertirmi che la partenza era stata rinviata, io presi un aereo la sera prima. Conservo ancora la carta d’imbarco di quel volo Alitalia: BM 0204, imbarco ore 19:40 del 22 maggio 1992, posto 1 L”.

Nei ricordi di Grasso anche parole d’accusa: “Falcone era un magistrato integerrimo, ma non solo: aveva assunto il ruolo di paladino di una stabile, coerente e concreta strategia globale antimafia. Detestava la logica dell’emergenza. Riteneva che il fenomeno andasse affrontato con interventi decisi e misure drastiche e attraverso nuove strutture, altamente specializzate, sia della magistratura sia della polizia giudiziaria. Non si sarebbe mai accontentato di un ridimensionamento dell’organizzazione mafiosa. Il suo obiettivo era aggredire proprio quella specificità che faceva di Cosa Nostra uno dei soggetti del sistema di potere. Ecco perché la sua presenza risultava ingombrante proprio per il potere. Ecco perché i mafiosi non furono i soli a sentirsi danneggiati dlla sua azione passata e presente e insidiati dai suoi progetti per il futuro. La stessa cosasi può dire per Borsellino… I moventi delle stragi di Capaci e via D’Amelio sono complessi e rispondono ad una triplice logica: la vendetta, la prevenzione e l’eversione… Il movente dell’eversione tendeva a evitare che dopo Tangentopoli si potessero innescare mutamenti radicali della politica italiana. Questo motivo si era forse aggiunto in un secondo tempo, dopo che il progetto di uccidere Falcone per strada a Roma aveva incontrato ritardi e difficoltà…”

Grasso ha quindi concluso il suo intervento con queste parole: “Chi, come me, è sopravvissuto a queste ed a tante altre atrocità, non potrà dimenticare che le stesse mani macchiate di sangue oggi tessono trame di soldi, di potere, e sente l’obbligo morale, oltre che istituzionale, di cercare la verità e la giustizia fino all’ultimo soffio di vita. Il valore del sacrificio della vita di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino non si dovrà mai disperdere; ci hanno lasciato una pesante eredità, un patrimonio morale di equilibrio, coraggio, serietà, rigore, umanità e professionalità che oggi ci impegna a continuare con tutte le nosttre forze, professionali, intellettuali e morali per tentare di rendere migliore il nostro Paese. Grazie Giovanni!!!”.

La conferenza è stata divisa in tre sezioni, la prima intitolata “Perspectives from the Italian Justice System”, presieduta dal giornalista Sebastian Rotella, senior reporter di Propubblica, oltre all’intervento di Grasso intitolato “Giovanni Falcone la memoria e la storia”, ha visto gli interventi dei magistrati Stefano D’Ambruoso (vice direttore al ministero dell’Ambiente) con “Transnational Judiciary Cooperation and Giovanni Falcone’s Commitment” e Stefano Mogini (Attaché per la giustizia alla missione d’Italia presso l’Onu) “Falcone: A Driving Force in the United States-Italy and International Cooperation to Fight Organized Crime”.

La seconda sezione, presieduta dal politologo Salvatore Rotella (Chancellor Emeritus, Riverside College, California), e intitolata “Falcone and the Sicilian Mafia, Perspective from the United States”, ha visto gli interventi dell’ex agente dell’Fbi Carmine F. Russo “A Sicilian-Born Fbi Agent and Giovanni Falcone: An Extraordinary Symbiosi”. L’intervento dell’agente speciale Russo, ha fortemento commosso, un dolore espresso anche in siciliano e condiviso col pubblico. Dopo Russo, gli interventi dell’esperto autore di libri sulla mafia americana Thomas A. Repetto, già a capo della New York Crime Commmission, intitolato “The American Mafia and Italy” e quello di Stefano Vaccara, giornalista di America Oggi e docente del Lehman College, Cuny, intitolato “The Mafia Illustrious Corpses from the Kennedys to Falcone e Borsellino”. Vaccara ha messo in relazione la mancata persecuzione di Carlos Marcello, ritenuto il vero mandante mafioso dell’omicidio di di JFK, le circostanze che portarono alla morte dei due magistrati siciliani e l’obbligo per una società democratica di accertare la verità per preservare la giustizia e la libertà.

Nell’ultima sessione intitolata “International Legacy and Historical Context”, presieduta dal Prof. Mario Mignone del Center for Italian Studies di Storny Brook, sono intervenuti il già citato giornalista-autore Sebastian Rotella con “Falcone’s International Legacy: a Foreign Correspondent’s Perspective”, in cui il reporter d’inchiesta ha raccontato come nelle sue inchieste in Centro America e nel Sud d’Italia sulla criminalità organizzata alla fine degli anni Novanta, la figura di Falcone lo abbia ispirato come del resto abbia ispirato anche altri personaggi delle forze dell’ordine incontrati durante i suoi avventurosi reportage.

Infine, il convengo è stato chuso dall’intervento di Marcello Saija, dell’Università di Palermo, intitolato Mafia, Politics and the Massacres of 1992: Historical Considerations, in cui lo storico siciliano ha fatto il quadro dei rapporti di forza e di dipendenza tra la struttura mafiosa e il potere politico. Proprio alla fine, su questo argomento, il giudice Grasso ha spiegato che col famoso “Terzo livello” Falcone non indicava il potere politico, ma si riferiva ai vari livelli degli omicidi perpretati dai mafiosi. Quelli di Terzo livello, puntavano appunto gli obiettivi più alti. Senza per questo voler escludere il rapporto costante di scambio di favori che la mafia ha con il potere politico. 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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