A sinistra una manifestante a Zuccotti Park (Foto Isabel Cristo).
"Ah! Sei italiano!… Come Tony Boloni! Senza il suo aiuto, forse oggi non saremmo qui! Grazie Tony!!”. Courtney ha 24 anni e tanta voglia di farsi intervistare. Viene a Zuccotti Park ogni volta che ne ha la possibilità per esprimere la sua solidarietà al gruppo di manifestanti accampati da settimane nel centro finanziario di Manhattan in protesta contro eccessi e abusi di Wall Street. Il fantomatico ’Tony Boloni’ a cui Courtney si sente di rivolgere la sua gratitudine, é Anthony Bologna, un ufficiale della polizia di New York di origini italo-americane balzato agli onori della cronaca qualche giorno fa per aver attaccato con uno spray urticante un gruppo di ragazze che prendevano parte al sit-in di protesta.
’Bologna’, qui in America é una carne insaccata, venduta in tutti i negozi di alimentari, che si scrive proprio come la città emiliana ma che si pronuncia ’Boloni’. Il nome, che ha una connotazione quasi caricaturale per gli italo-americani, è diventato celebre perché l’attacco di ’Tony Boloni’ contro le ragazze è stato l’episodio che ha improvvisamente attratto l’interesse dei media americani sulle proteste di Wall Street, innescando una reazione a catena che ha incoraggiato manifestazioni analoghe in molte altre città americane.
Malgrado l’incidente di ’Tony Boloni’, molti dei ragazzi presenti a Zuccotti Park, sembrano aver imparato piú di una lezione dalle proteste giovanili degli anni 60. “La cosa importante é non fare degenerare la manifestazione in episodi di violenza – dichiara Jeffrey, 22 anni, del Bronx – e, soprattutto non considerare la polizia come un nemico. Anzi occorre sottolineare, come é acaduto sul ponte di Brooklyn, che siamo qui per difendere i anche i loro interessi”.
Jeffrey si riferisce agli arresti di piú di 700 manifestanti che la settimana scorsa hanno attraversato a piedi il ponte di Brooklyn occupando le corsie riservate alle auto e bloccando il traffico con il loro corteo non autorizzato. Malgrado il vigoroso intervento delle forze dell’ordine, i ragazzi arrestati non
hanno opposto resistenza e, rivolgendosi alla polizia, hanno iniziato a cantare “Siamo qui per difendere le vostre pensioni”. Ma la tregua di principio tra i manifestanti e le forze dell’ordine resta fragile come conferma Jeffrey: “Finora, a parte ciò che é accaduto sul ponte di Brooklyn, non ci sono stati troppi problemi. Il nostro atteggiamento pacifista é stato elogiato qualche giorno fa dal regista Michael Moore e dall’attrice Susan Sarandon che hanno voluto esprimere la loro solidarietà nei nostri confronti. Ma la verità e che non so quanto durerà. Dopotutto il nome di questo movimento é
’Occupare Wall Street’ e prima o poi qualcuno qui deciderà che é arrivato il momento di portare lí la protesta”.
E in effetti, attraversare Wall Street, che si trova ad un paio di isolati di distanza, é un esperienza surreale con i passanti e turisti, costretti a muoversi ad una lentezza inesorabile all’interno di una strettissima corsia fatta di barricate metalliche in una strada disseminata di barriere protettive installate per scongiurare il pericolo di autobombe. “I poliziotti fanno il loro lavoro, ma sanno bene che quella che stiamo portando avanti é anche la loro battaglia – sostiene James, ventenne, anch’egli del Bronx che si é precipitato a Zuccotti Park per unirsi alle manifestazioni – La società americana si sta disfacendo: la disoccupazione in generale, e quella giovanile in particolare, sono a livelli record e le cose sono ancora peggiori per i giovani afro-americani.
Per completare gli studi, siamo costretti a sobbarcarci debiti enormi e, una volta laureati, senza riuscire a trovare lavoro, non c’é modo di ripagarli. Nel frattempo – continua James con un tono sempre piú concitato – i ’Fat Cats’
(un termine che si puó tradurre piú o meno come ’Riccastri’ Ndr.) di Wall Street hanno ripreso ad elargirsi bonus milionari dopo essere stati salvati grazie al danaro pubblico. Ora, dopo questo salasso di miliardi dalle tasche dei contribuenti, improvvisamente non ci sono piú soldi e i comuni, le contee, gli stati, sono costretti a licenziare insegnanti, poliziotti, impiegati pubblici, ad aumentare le quote di iscrizione universitarie e a tagliare ogni tipo di servizio”.
L’impeto movimentista di OWS é stato paragonato da molti media americani all’ascesa del Tea Party seguita all’elezione di Barack Obama ma, prevedibilmente, molti dei ragazzi presenti non apprezzano il paragone. Mia ha 25 anni e presiede lo stand di AVAAZ.org, un’organizzazione che coordina gli sforzi di coloro che intendono impegnarsi in prima persona in fa-
vore di cause progressiste, siano esse legate alla giustizia sociale, all’ambientalismo o alla militanza politica. “Quello che sta accadendo qui a
New York non é altro che la continuazione di altri movimenti globali che si stanno verificando contemporaneamente nelle capitali arabe, ad Atene, a Madrid, a Gerusalemme e che hanno in comune lo sforzo della gente comune per riappropriarsi della propria democrazia. Tutto questo non ha
niente a che vedere con il Tea Party che é un movimento molto diverso sia dal punto di vista sociale che demografico. Noi siamo gente comune: studenti, operai, impiegati del settore pubblico. Il Tea party é formato da gente molto piú anziana che tenta disperatamente di difendere i propri privilegi e che é stata cooptata dalla destra, dal sistema, dall’opportunismo di Washington. Il nostro é un movimento spontaneo non finanziato dal Partito Repubblicano, dai milionari come i fratelli Koch o da quell’1% della popolazione che detiene piú di un quarto dele ricchezze totali del paese. Noi rappresentiamo il 99% della gente. Noi siamo la maggioranza”.
Molti osservatori hanno messo in risalto il fatto che, malgrado l’entusiasmo che caratterizza al momento questa manifestazione, le sue prospettive a lungo termine sembrano compromesse dalla mancanza di un messaggio e di obiettivi coerenti e unitari.
Ma Finn, 26 anni originario del Connecticut, non la pensa cosí: “Al momento, la mancanza di obiettivi specifici é una forza non una debolezza di questo movimento perché ci consente di trasmettere un messaggio piú vasto possibile ad un pubblico piú vasto possibile. Invece di tracciare linee di demarcazione, come la sinistra tende sempre a fare, la gente si identifica nell’idea del 99%, cioé della maggioranza di questo paese che ha voglia di rialzare la testa di fronte quell’1% che pensa di poter comprare ogni cosa, compresa la democrazia”.
Magari sará cosí ma girando per un po’ a Zuccotti Park ci si imbatte in un campionario variegato ed eterogeneo di personaggi e di posizioni politiche: dagli stand del Partito Rivoluzionario Comunista Americano, ai pensionati, alle organizzazioni sindacali, agli studenti che distribuiscono copie del loro giornale: ’The Occupied Wall Street Journal’.
Ci sono persino i Libertarians, gruppi di destra legati al candidato presidenziale repubblicano Ron Paul, che considerano la libertà individuale
come il valore supremo. Questo ceppo ideologico, tipicamente americano, sostiene la necessità di ridurre drasticamente il ruolo del governo nella società ma quando chiedo ad uno di loro, Timothy, 27 anni originario della Florida, se non sia stata proprio la graduale riduzione dei controlli statali che ha consentito all’industria finanziaria di trascinare nella rovina l’intera struttura economica del paese, la risposta é istruttiva: “Io mi considero una persona di destra e perciò, sono contrario ad ogni forma di socialismo.
Quello che abbiamo oggi in America é socialismo per i capitalisti e capitalismo per tutti gli altri”.