Si è tenuta sabato 5 maggio alle ore alle 11, presso il Consolato Generale d’Italia a New York, la riunione dell’Intercomites, e la Voce di New York c’era. C’era, ma non ha potuto assistere ai lavori, che si sono svolti, inaspettatamente, a porte chiuse. Una decisione della Presidente del Comites di Washington – Olga Mancuso -, ci hanno fatto sapere. Che tuttavia abbiamo incontrato in pausa pranzo, e che ci ha spiegato obiettivi e propositi di una riunione che si svolge in un momento – che, in realtà, dura da anni – di febbrile dibattito sull’effettiva utilità dei Comites. Perché, nonostante questi strumenti di democrazia partecipativa rivolti agli italiani all’estero siano stati istituiti nell’ormai lontano 1985, rimangono in molti casi misteriosi anche ai nostri concittadini lontani dallo Stivale.
Ve ne abbiamo parlato in passato anche noi della Voce: facendo un piccolo sondaggio, via social network, tra gli italiani all’estero, su un campione limitato ma comunque significativo, sono in effetti pochi quelli che conoscono precisamente utilità e funzioni dei Comites. La cui missione, idealmente, è quella di rappresentare gli italiani espatriati nei rapporti con le autorità consolari e nell’organizzazione di attività mirate ad “individuare le esigenze di sviluppo sociale, culturale e civile della propria comunità di riferimento,” come recita l’articolo 2 della legge 286/2003.
“Ci sono Comites più antichi e alcuni più nuovi, ma l’interesse di tutti è comunque quello di servire i connazionali”, ci spiega Olga Mancuso, presidente del Comites di Washington. “Siamo tutti volontari, tutti professionisti, e non solo mettiamo a disposizione il nostro tempo, ma spesso anche risorse economiche, visto che i finanziamenti che arrivano dall’Italia giungono in ritardo e in maniera sempre più esigua”, rileva. Secondo la Presidente, il problema principale è che in Italia “non è percepita l’importanza del Comites”. Che dire delle polemiche che investono questi organismi? “Sono penose. Immagini di essere a capo di una compagnia, e di avere persone che lavorano per lei, per farle pubblicità, in modo gratuito. Non le valorizzerebbe?”, chiede Mancuso. Ma di che cosa si occupano principalmente i Comites? Uno dei servizi offerti, puntualizza la Presidente, è quello di informazione. “Ci sono diversi anziani che hanno bisogno di aiuto per comprendere come funziona il sistema pensionistico, per gestire affari ancora pendent in Italia quali questioni fiscali, successorie e di gestione di beni, ecc.: il Comites di Washington, lavorando intensamente e con continuità negli ultimi tre anni, è riuscito a portare un rappresentante del Patronato, delle cui consulenze si avvalgono sempre più persone. Il tutto, naturalmente, lavorando in sinergia con ambasciata e autorità consolari”. Non solo: esistono poi diverse commissioni, tra cui quella sulla scuola, che si occupa, tra le altre cose, di diffondere un sondaggio per capire come funzionino le varie scuole di italiano del Paese: una pratica molto diffusa in America, ma che spesso, tra gli insegnanti italiani, viene accolta con una certa diffidenza. L’obiettivo, ad ogni modo, è condivisibile: quello di “diffondere e promuovere la lingua italiana”.

Qual è, dunque, l’ostacolo principale che impedisce che il lavoro dei Comites sia riconosciuto come pienamente efficace, e venga compreso e apprezzato anche dall’altro lato dell’Oceano? Mancuso non ha dubbi: “Non disponiamo di elenchi aggiornati dei connazionali, nonostante siamo eletti proprio da loro e siamo al loro servizio”. Mancano, insomma, database completi e i fondi per fare una campagna di comunicazione e informazione a tappeto non sono sufficienti. Le stesse liste Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) devono essere attentamente riviste e aggiornate, cosa che si pensa venga fatta soltanto appena prima delle elezioni: ma nonostante ciò ogni volta, “molta gente non riceve i plichi elettorali perché non ha contatti telematici o telefonici, molti vengono depennati perché si pensa che non siano più sul territorio americano, mentre spesso i defunti ricevono la scheda elettorale”. La Presidente tiene a sottolineare come, di questi disguidi, non siano da considerarsi responsabili i Comites: “Non possiamo aiutare qualcuno, se non sappiamo chi è o dove si trovi”, fa notare. Altra criticità rilevata, il fatto che, mentre in Italia il cittadino può recarsi al proprio Comune di residenza e chiedere di visionare le liste elettorali, “all’estero questa possibilità non esiste perché non c’è un Comune dove recarsi”. Ma i Comites più antichi, quelli nati negli anni Ottanta, avevano ricevuto dal Ministero dell’Interno questi elenchi: certo, sono da aggiornare, ma “esiste una base su cui lavorare”. Altro problema, poi, la burocrazia – per cui l’Italia è indiscutibilmente famosa -, e leggi non aggiornate, dall’approccio decisamente meno “pragmatico” di quanto non avvenga negli Stati Uniti.
Nodi di cui si è discusso lungamente durante la riunione. Ma come si risolvono? “Abbiamo chiesto aiuto alle autorità consolari, ma anche ai due rappresentati degli italiani all’estero presenti oggi – l’onorevole Francesca La Marca e l’onorevole Francesca Alderisi -”. “È difficile rappresentare qualcuno che non si conosce”, aggiunge Valter Della Nebbia, presidente del Comites di Houston, uno dei più antichi. Proprio questo organo di rappresentanza dei nostri connazionali che vivono in Texas, Arkansas, Oklahoma e Louisiana organizza, ogni anno, una conferenza dei ricercatori italiani che lavorano negli Stati Uniti: “Conferenza che l’anno scorso abbiamo reso anche telematica, affinché fosse accessibile a tutti”, ci spiega la presidente Mancuso. Ma lo stesso Comites di Houston fu anche protagonista di uno scandalo, lo scorso novembre, scoppiato a seguito della pubblicazione di un articolo di Repubblica, che lo accusò di cattiva gestione dei fondi ricevuti dall’Italia, con tanto di – si legge – “viaggi non rendicontati, consulenze fatte in casa, sedi costose”. “Proprio io sono stato denunciato alla Corte dei Conti per questa vicenda”, ci ha spiegato Valter Della Nebbia, “ma poi la Corte dei Conti ha appurato che non c’è stato nessun errore di gestione che si imputava: il fatto non sussiste”. E aggiunge: “Quell’articolo ha rovinato decine di anni di lavoro, ed è stato creato ad hoc per danneggiare la mia reputazione”. Ora, prosegue, “in Italia resta l’alone di queste voci, di queste accuse di cattiva gestione”. Soprattutto, è stata “un’occasione persa, perché quello di cui noi ci occupiamo, tra le altre cose, è l’informazione di ritorno: il tentativo è quello di diffondere l’immagine di un’Italia che è molto di più e molto altro dagli stereotipi su mafia e mandolino”.
Nonostante problemi, criticità e polemiche, anche tra gli eletti all’estero in Nord-Centro America, sembra resistere la convinzione che i Comites siano uno strumento fondamentale per gli italiani all’estero, da difendere e promuovere. Presenti alla riunione Intercomites, la senatrice di Forza Italia Francesca Alderisi – con cui questa volta non abbiamo avuto modo di parlare ma che, in una sua recente intervista, aveva sostenuto la necessità di potenziare, piuttosto che “rottamare”, i Comites -, e la deputata Pd Francesca La Marca. “Penso che una riunione come questa, in cui sono presenti quasi tutti i presidenti dei Comites Usa, sia particolarmente importante”, ci ha detto quest’ultima. “Abbiamo avuto una brainstorming session in cui ci siamo confrontati su diversi temi, come la messa in sicurezza del voto estero, la rilevanza e il buon funzionamento dei Comites, i rapporti con il Consolato”. I problemi, tuttavia – ha ammesso la deputata, esistono, “per esempio in merito a come i fondi vengono ripartiti, ma anche alla frequenza con la quale vengono distribuiti”.
Proprio sul voto estero, abbiamo chiesto all’onorevole La Marca un commento sull’ampio ritardo con cui sono stati pubblicati i risultati dalla Corte d’Appello, e sulle tante irregolarità e criticità registrate prima e dopo le elezioni. “Io stessa ho sollevato in riunione questo problema. Non appena tornerò a Roma, presenterò un atto parlamentare per chiedere quale sia lo stato dell’arte sull’aggiornamento dell’elenco Aire. Vogliamo finalmente vedere allineati i dati tra Ministero dell’Interno e Ministero degli Esteri, tra i quali esiste una discrepanza: è ovvio”, fa notare La Marca, “che i due Ministeri non comunicano nel modo giusto. Penso anche sia necessario fare una seria campagna informativa per i cittadini, con largo anticipo e non a pochissime settimane dalle elezioni”. Quanto al sistema di voto per corrispondenza, secondo La Marca è da mantenere nonostante le criticità. “Mi batto per mantenerlo, perché penso sia l’unico modo per garantire l’effettività del voto all’estero. La proposta di Forza Italia di abolire il voto per corrispondenza ed organizzarlo nei seggi a mio avviso è sbagliata”, ci spiega, “perché in un territorio enorme quanto il Nord e Centro America, con le distanze geografiche che abbiamo, sarebbe molto penalizzante per tante persone che hanno difficoltà a spostarsi. Certo: bisogna aumentare i controlli di sicurezza”. “Intanto, proprio con questo spirito quest’anno è stato introdotto il codice a barre”. Eppure, le facciamo notare, sappiamo da diverse inchieste che alcuni scrutatori non hanno osservato scrupolosamente le procedure di controllo. “Infatti il problema sta anche a Castelnuovo di Porto: abbiamo sollevato anche questa questione”, assicura. Altra possibilità che espone la Deputata, quella di introdurre, insieme al voto per corrispondenza, quello telematico.

Abbiamo infine approfittato dell’occasione per chiedere a La Marca il suo punto di vista sulle lunghe e complesse trattative per la formazione di un nuovo esecutivo. Dopo la direzione degli scorsi giorni, il Partito Democratico ha ufficializzato la via dell’opposizione, in mezzo a polemiche e contestazioni (non da ultimo, il recente attacco di Veltroni a Matteo Renzi). Nelle prossime ore ci sarà un ulteriore round di consultazioni, ma se l’accordo non si dovesse trovare, le opzioni sul tavolo rimangono un governo del presidente o nuove elezioni. “Il voto anticipato, a ben vedere, diventa sempre più, oltre che una possibilità, una probabilità. Ma penso che questa, a differenza di quanto sostiene Di Maio, sarebbe una sconfitta per tutti quanti: il popolo italiano si merita di avere un esecutivo. Il problema è nostro”, prosegue, “perché non siamo stati in grado di garantirlo a 61 giorni dalle elezioni. Mi auguro a questo punto che si riesca a realizzare un governo almeno tecnico, e poi si vedrà quanto durerà”.
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