Alla vigilia della Giornata mondiale per celebrare la libertà di stampa Donald Trump lancia un affondo contro l’informazione indipendente prendendo di mira la PBS, Public Broadcasting Service, e NPR, la National Public Radio, con un decreto nel quale ordina la cessazione dei sussidi federali “per i media di parte”.
Entrambe le testate hanno una lunga storia di riconoscimenti per il loro impegno nel fornire contenuti giornalistici indipendenti e di alta qualità, riflettendo il loro ruolo fondamentale nel panorama mediatico pubblico americano, ma secondo Trump “il finanziamento per queste testate è obsoleto e inutile, ma anche dannoso per l’immagine dell’indipendenza giornalistica”. E chiede che la Corporation for Public Broadcasting (CPB) smetta di finanziare PBS e NPR.
Trump le ha prese di mira in quanto, ha affermato, “scrivono quasi solo articoli negativi su di me”. Una lesa maestà per il permaloso e vanitoso capo della Casa Bianca che secondo lui giustifica il taglio delle sovvenzioni in un Paese che del “Primo Emendamento”, quello della libertà di espressione, ne ha fatto uno dei cardini della propria democrazia.
Stizzito dai resoconti negativi da quando è tornato alla Casa Bianca, ha dato ordine alla Corporation for Public Broadcasting, l’ente federale che sovvenziona i media pubblici, di bloccare i finanziamenti, “che – afferma Karoline Leavitt, la portavoce della Casa Bianca – devono riflettere il principio di imparzialità e non contribuire o sostenere l’informazione per il Partito Democratico”.
Si apre così un altro capitolo per sottolineare la povertà morale di questa Casa Bianca che già ha eliminato l’Associated Press (AP) dall’accesso allo Studio Ovale e all’Air Force One dopo che l’AP si è rifiutata di adottare la denominazione “Gulf of America” al posto di “Gulf of Mexico”, come richiesto dal presidente.

L’offensiva contro i media che mettono in luce le disfunzioni e i soprusi della Casa Bianca ha visto anche il cambiamento delle regole sull’assegnazione dei posti nella sala stampa, ruolo che per tradizione spettava alla White House Correspondents’ Association, eliminando testate critiche e ampliando l’accesso a influencer e blogger pro-Trump. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, inoltre organizza per loro briefing stampa esclusivi affinché pongano domande favorevoli per poi diffondere i contenuti sui social media. A questi briefing partecipano blogger come Arynne Wexler e Link Lauren, noto come “MAGA Malfoy”, che nei loro podcast lanciano insulti razzisti contro arabi, cinesi, ispanici, plaudono alle deportazioni di massa degli illegali, definiscono “prigionieri politici” le persone arrestate che hanno preso d’assalto il Congresso, continuano a raccontare che le elezioni del 2020 sono state vinte da Biden con i brogli elettorali e che i magistrati americani sono manovrati da poteri occulti finanziati da Soros.
Un altro è Brian Glenn, che ha il blog “Real America’s Voice”, ed è il partner della deputata MAGA Marjorie Taylor Greene: è quello che ha chiesto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, quando era nello Studio Ovale con Trump, perché non indossava giacca e cravatta per un incontro con il presidente. Loro stessi hanno ammesso di porre intenzionalmente, o di aver concordato con la Casa Bianca, domande favorevoli a Trump per contrastare la copertura critica dei media tradizionali.
Secondo il New York Times non è chiaro l’impatto che l’ordine esecutivo di Trump potrà avere, ricordando che la Corporation for Public Broadcasting stanzia i fondi con due anni di anticipo proprio per proteggere le due testate pubbliche dalle manovre politiche. La Casa Bianca ora vuole che il Congresso ritiri oltre un miliardo di dollari già stanziati per i prossimi due anni, ordinando al board della Corporation di “cancellare i fondi diretti già esistenti nei massimi termini concessi dalla legge” e “rifiutarsi di fornire finanziamenti futuri”.
La Corporation for Public Broadcasting giorni fa ha citato in giudizio l’amministrazione Trump accusandola di aver tentato illegalmente di licenziare tre membri del suo consiglio di amministrazione che, proprio per proteggere l’indipendenza dei finanziamenti, per statuto non possono essere licenziati. La Casa Bianca finora non ha fornito alcuna giustificazione per i licenziamenti.
“Eliminare i finanziamenti alla Corporation avrebbe effetti devastanti sulle comunità di tutta l’America che contano sulla radio pubblica per notizie affidabili locali e nazionali, cultura, comunicazioni di emergenza e di sicurezza pubblica”, ha dichiarato una portavoce di NPR, che ha difeso con un comunicato le sue scelte editoriali come indipendenti e libere da influenze esterne e dei partiti.
Proprio oggi Reporters Sans Frontières, in vista della giornata di domani sulla libertà di stampa, ha pubblicato il rapporto annuale in cui afferma come “le pressioni economiche stanno minacciando la libertà di stampa ovunque nel mondo”.
Un capitolo particolare, dopo aver elencato i Paesi dove la libertà di stampa è proibita dai regimi dittatoriali, è dedicato al “preoccupante deterioramento” dell’informazione sotto la presidenza di Donald Trump. Secondo la classifica annuale di Reporters Sans Frontières i media e i giornalisti si trovano ad affrontare situazioni “problematiche”, “difficili” o “molto gravi” in tre quarti dei 180 Paesi valutati. “Per la prima volta la situazione sta diventando difficile” in tutto il mondo, avverte Reporters Sans Frontières sottolineando in particolare il peso delle restrizioni economiche, come dimostra il caso americano. Nella classifica annuale sulla libertà di stampa gli Stati Uniti sono “scivolati” al 57º posto, dietro la Sierra Leone. “La situazione negli USA non era già buona dopo l’escalation dei miliardari nel mondo dei media – scrive nel rapporto Anne Bocandé, direttrice editoriale di Reporters Sans Frontières – ma la situazione è peggiorata dall’insediamento a gennaio del presidente Trump, responsabile di “attacchi quotidiani” alla stampa”.