Il Congresso, alla fine, ha evitato lo shutdown. Dopo una lunga frenetica trattativa che si è protratta fino al limite, è stata approvata la misura che era stata originariamente negoziata alla Camera tra repubblicani e democratici che finanzia le agenzie federali fino a metà marzo. Anche il presidente Joe Biden l’ha firmata.
La definizione del bilancio federale da parte del Congresso è sempre un compito difficile. Ma questa volta si trattava solo di un rinvio, come in passato ce ne sono stati tanti, al quale però il presidente eletto e il suo superconfidente Elon Musk, nominato da Trump “zar” dei tagli alla spesa federale, voleva che la Casa Bianca per due anni potesse spendere senza rispettare i limiti di indebitamento. Non era quindi solo una Continuing Resolution, che è la formula con cui il Parlamento passa una legge-ponte per continuare le attività federali senza affrontare il ben più spinoso problema del bilancio federale. Ovviamente questo tipo di manovra non fa altro che alzare il deficit federale perché lo Stato spende senza che ci siano provvedimenti per finanziare queste spese. L’aggiunta della sospensione del tetto della spesa sarebbe stata necessaria per fare i tagli alle tasse da Trump promessi in campagna elettorale. E questa richiesta è stata respinta.
A bocciarla non è stata solo l’opposizione democratica, ma anche 38 parlamentari repubblicani. Una prova di forza che ha evidenziato i limiti che Trump ha nel piegare l’intero partito alla sua volontà, poiché i repubblicani hanno un margine ristretto alla Camera e rimangono ideologicamente divisi sulla spesa pubblica. È un problema imprevisto per il presidente eletto perché finora l’opposizione ai suoi programmi all’interno del suo partito veniva dai repubblicani centristi, quelli più moderati, come i senatori Mitt Romney, Susan Collins o Lisa Murkowski. Ora, invece, arriva dallo zoccolo duro degli intransigenti, quelli che hanno defenestrato alla Camera lo speaker Kevin McCarthy.

Poi l’influenza di Musk, l’uomo più ricco del mondo, su Trump è diventata oggetto di attacco sia da parte dei democratici, che si chiedono come un cittadino non eletto possa esercitare un potere così grande sull’esito di una votazione così importante per il Paese, sia degli stessi repubblicani, che lo vedono come un intruso nelle attività del Congresso.
Fino a mercoledì Trump era intervenuto con i parlamentari del suo partito solo per fare pressione per i candidati che vorrebbe nella sua amministrazione. Poi, dopo che lo speaker della Camera Mike Johnson aveva annunciato che era stato trovato l’accordo bipartisan con i democratici per passare la CR, è intervenuto Musk, che nelle trattative non era stato incluso e Trump ha insistito sul fatto che qualsiasi legislazione per finanziare il governo federale avrebbe dovuto affrontare il limite del debito, arrivando persino a suggerire che i repubblicani che non erano d’accordo con lui avrebbero dovuto affrontare sfide primarie. Il giorno seguente Trump ha scritto sui social media che il rappresentante Chip Roy (Repubblicano del Texas), uno dei leader del House Freedom Caucus che si era opposto a un aumento del tetto del debito, era “un altro ragazzo ambizioso, senza talento. Spero che alcuni sfidanti di talento si stiano preparando nel Grande Stato del Texas per attaccare Chip alle primarie”.
E così anche tra i repubblicani cresce la rabbia per le interferenze di Musk, che con una valanga di post sul suo profilo di X, aveva bocciato l’accordo bipartisan raggiunto alla Camera, anche lui minacciando i parlamentari del GOP che l’avevano accettata.
“L’ultima volta che ho controllato, Elon Musk non aveva ancora un voto al Congresso – ha dichiarato alla CNN il repubblicano della Georgia Rich McCormick. – Ora ha un’influenza e continuerà a usare Trump per fare pressioni su di noi per fare quello che pensa sia la cosa giusta per lui. Ma io ho 760.000 persone che mi hanno votato per fare la cosa giusta per loro”.
There has to be a conservative conscience…I made a promise to address the debt and I will not back down from it! pic.twitter.com/dHHDUDRuiu
— Congressman Rich McCormick, MBA MD (@RepMcCormick) December 20, 2024
Trump ha ripetutamente descritto la sua vittoria elettorale come un “mandato”, affermando a Time, che gli ha dedicato la copertina come “uomo dell’anno”, che “il suo mandato era enorme”. Trump ha vinto le elezioni prevalendo in ogni stato di quelli incerti, ha vinto anche il voto popolare, mentre i repubblicani hanno riaffermato la maggioranza alla Camera, e conquistata quella al Senato. Nonostante questi risultati il Paese rimane profondamente diviso: la vittoria di Trump è dipesa da circa 230.000 voti in tre Stati del “muro blu” che avrebbero potuto far pendere la bilancia verso la candidata democratica Kamala Harris. Il suo margine di vittoria nel voto popolare, circa 2,3 milioni, è inferiore a quello del presidente Joe Biden di oltre 7 milioni di voti nel 2020. E i repubblicani hanno ora una maggioranza alla Camera ancora più risicata rispetto a quella precedente. Poi Trump ha ridotto la già esigua maggioranza repubblicana alla Camera scegliendo la deputata Elise Stefanik come ambasciatrice delle Nazioni Unite e il deputato Michael Waltz come consigliere per la sicurezza nazionale. Inizialmente aveva anche scelto Matt Gaetz, allora membro del Congresso, come Attorney General, ma Gaetz si è ritirato dopo che si era dimesso dal Congresso in seguito alle indagini della Commissione etica della Camera.
Insomma il suo “mandato” si regge su fondamenta poco affidabili, con una maggioranza poco affidabile, e la sua disinvoltura nelle finanze pubbliche si scontra con il fiscalismo della destra del suo partito. Sicuramente otterrà i finanziamenti per realizzare il rafforzamento dei controlli alle frontiere, ma per i tagli alle tasse che lui e Musk avrebbero voluto, dovrà aspettare.