Una lotta all’ultimo voto, quella che si sta disputando tra Kamala Harris e Donald Trump. I due candidati continuano a essere in un indecifrabile testa a testa negli Stati chiave che il 5 novembre decideranno chi dei due andrà alla Casa Bianca.
Secondo l’ultimo sondaggio di The Hill and Emerson College Polling, i due sono in parità al 49% in Michigan e Wisconsin, mentre Trump è in vantaggio di appena un punto in Georgia, North Carolina e Pennsylvania – 49% a 48% – e di due in Arizona – 49% contro il 47%. Harris, invece, è sopra di due punti in Nevada – 49% contro il 47%.
Una corsa serratissima in una massacrante competizione elettorale che vede Trump andare oggi in Michigan per prendere parte al Detroit Economic Club. Il senatore JD Vance, suo compagno di corsa, terrà un’assemblea cittadina a Greensboro in North Carolina. Ieri i due candidati alla vicepresidenza, Vance e Walz, hanno tenuto entrambi comizi in Arizona, Stato che sarà visitato oggi da Harris. A Phoenix terrà un comizio per poi andare in Nevada. Trump, invece, si recherà sabato in Arizona e domenica in Nevada, due Stati in cui gli elettori latini svolgono un ruolo significativo.
Per Harris si sono mobilitati anche l’ex presidente Barack Obama, che in serata terrà un comizio a Pittsburgh, in Pennsylvania, e Bill Clinton, che ha due appuntamenti in Georgia e North Carolina.
President @BarackObama will be rallying voters about the stakes in this election for @KamalaHarris and @Tim_Walz in Pittsburgh, PA!
RT if you’re excited for him to take the stage tonight 💪 pic.twitter.com/W6tAcLHJkl
— Official Team Kamala (@TeamKamala) October 10, 2024
Il New York Times scrive che la candidata democratica, dopo che Biden le ha ceduto il passo, ha incassato più di un miliardo di dollari per la sua campagna elettorale, evidenziando come donatori e sostenitori si siano velocemente ricompattati e abbiano raccolto in così poco tempo una cifra di gran lunga maggiore di quella del suo rivale Trump.
In questo scenario di incertezze su chi sarà il prossimo presidente, Politico scrive che la Corte Suprema potrebbe essere chiamata a esprimere il voto finale per la Casa Bianca. Anche se è impossibile prevedere ora se si verificherà davvero questa ipotesi, il quotidiano politico online presenta tre situazioni di un potenziale coinvolgimento della Corte dopo che l’ex presidente con la nomina di tre magistrati oscurantisti ha scombussolato gli equilibri, dando una forte maggioranza ai conservatori.
Il primo scenario prevede che i giudici siano chiamati a esprimersi sulle sentenze delle leggi elettorali statali. In North Carolina, per esempio, il parlamento locale, a maggioranza repubblicana, ha varato una serie di misure restrittive sulle registrazioni per votare e per il voto per posta che prendono di mira gli anziani e i neri nelle zone rurali. In base a queste modifiche verrebbero escluse 225 mila persone dai registri elettorali. A settembre è stato presentato un ricorso alla Corte Federale. Come contromisura, i repubblicani si sono rivolti al tribunale federale per cercare di invalidare le tessere degli studenti universitari come documento di riconoscimento per il voto.
Nei giorni scorsi la Corte Federale ha respinto un altro caso, proveniente dalla Pennsylvania, sempre riguardante le registrazioni. Altri casi sono stati presentati anche in Mississippi e in Georgia su altre restrizioni elettorali varate nei mesi scorsi.
Il secondo scenario riguarda la possibilità che la Corte sia investita di un caso dopo lo svolgimento delle elezioni. Questo potrebbe avvenire, ipotizza ancora Politico, nel caso in cui uno Stato non notifichi al Congresso nei tempi stabiliti dalla legge la certificazione dei “Grandi Elettori” in rappresentanza dei Collegi Elettorali che poi dovranno votare formalmente il presidente. In seguito al tentativo insurrezionale del 6 gennaio è stata approvata una legge che rende obbligatorio rispettare la data del 6 gennaio per la comunicazione al Congresso. In caso di mancanze, è previsto un meccanismo che dà la priorità assoluta alla Corte Suprema per esprimere il giudizio. Politico espone una situazione in cui la commissione elettorale della Georgia, controllata da funzionari trumpiani, si rifiuti di certificare l’eventuale vittoria di Harris, giustificando la posizione con accuse di frodi. A questo punto il caso sarebbe automaticamente portato davanti alla Corte Suprema.
The 2024 election is getting to the point where political conflicts could turn into constitutional cases — and the Supreme Court could cast the final vote for president.
A legal scholar explains👇 https://t.co/yVXUzbAPEy
— POLITICO (@politico) October 9, 2024
Il terzo scenario, infine, è anche quello che rischierebbe di far precipitare il Paese in una guerra civile. Politico prende in considerazione la possibilità di un intervento della Corte dopo che la certificazione elettorale è avvenuta e il Congresso in sessione congiunta l’ha convalidata se un quinto dei senatori e un quinto dei deputati presentano obiezioni alla certificazione dei voti elettorali di un particolare Stato.
Scenari possibili, ma anche improbabili scrive Politico. Tuttavia con le stravaganti pretese di autorità dell’ex presidente, che vanno ben oltre quanto previsto da Padri Fondatori, e con la maggior parte dei magistrati della massima Assise Giudiziaria posizionati in sua difesa forse la Corte Suprema resta il suo miglior alleato.
Imbarazzanti per l’ex presidente, infine, le rivelazioni dell’Associated Press che ha scoperto che migliaia di copie delle Bibbie di Donald Trump sono state stampate in Cina, un Paese che l’ex presidente ha ripetutamente accusato di rubare posti di lavoro agli americani. Secondo quanto scrive l’Ap, a produrre la Bibbia è stata un’azienda che si trova a Hangzhou e che ha spedito negli Stati Uniti 120 mila copie tra i primi di febbraio e la fine di marzo.