NEW YORK – Kamala Harris e Donald Trump potranno essere impegnatissimi nella volata finale delle elezioni, e tuttavia molti elettori non solo hanno già deciso per chi voteranno, ma stanno già apprestandosi a votare.
Fenomeno forse unico nel mondo, gli Stati Uniti infatti consentono l’early voting, cioè di votare non solo giorni, ma addirittura settimane prima della data stabilita.
La data ufficiale è fissata sulla base di una legge del Congresso del 1845. Le elezioni federali, comprese quelle presidenziali, della Camera e del Senato, si tengono il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre. Ciò significa che il giorno delle elezioni può cadere tra il 2 e l’8 novembre.
Ma negli ultimi decenni la data si è allargata, nel senso che è diventato possibile votare con grande anticipo. Quel che è rimasto fermo è il giorno oltre il quale non si può andare. Che quest’anno cade il 5 novembre.
E già in vari Stati stanno partendo le schede per il voto per corrispondenza per chi ne abbia fatto richiesta. In Florida ad esempio almeno 4 milioni e mezzo di elettori hanno fatto richiesta di scheda per corrispondenza, pari al 33% del totale.
Quasi tutti gli altri Stati prevedono percentuali vicine a quelle del 2020, quando si era nel pieno della pandemia e oltre il 44% di tutti gli elettori d’America scelse il voto per corrispondenza, mentre altre decine di milioni (non esiste una percentuale federale) scelsero di votare anticipato ma di persona.
Chi vuole votare presto, ma preferisce votare di persona, deve però aspettare un po’ di più, ma non poi tanto. In alcune contee della Pennsylvania si comincia il 16 settembre, In Virginia il 20, nell’Illinois il 26, in California e Nebraska il 7 ottobre, nel Wyoming l’8 ottobre, in Arizona il 9, e così via.
Solo tre Stati non ammettono l’early voting, Alabama, Mississippi e New Hampshire.
Molti storici e politologi negli Usa pensano che non si debba più parlare del ”giorno delle elezioni”, ma della “voting season”, la “stagione elettorale”, visto che grazie al voto per corrispondenza e all’early voting l’atto di votare oramai si allunga da settembre a novembre.
Per noi europei l’idea esprimere la nostra preferenza mentre è ancora in corso la campagna elettorale è incomprensibile. Ma bisogna capire che precedentemente il sistema era molto ingiusto, ideato per una società di proprietari agrari, in epoche in cui gli interessi dei lavoratori, degli operai, dei dipendenti a orario fisso erano del tutto ignorati.
L’early voting si è reso necessario con il tempo perché la data del voto di martedì, dalle otto del mattino alle sette di sera, rendeva di fatto impossibile a tanti lavoratori riuscire a esprimere il proprio voto. L’ipotesi di trasformare il martedì elettorale in una vacanza federale non è mai stata accettata, e quindi è rimasto un normale martedì lavorativo.
I primi passi sull’early voting si fecero nel 1980, e poi nel decennio 2000 la pratica si è estesa in modo significativo allo scopo di allargare democraticamente il pool dei votanti e allo stesso tempo di ridurre le lunghe file il giorno delle elezioni.
Si tratta indubbiamente di un sistema flessibile, che si adatta alle difficoltà del pubblico, evita la congestione ai seggi e allo stesso tempo aumenta la percentuale dei votanti. Certo, tenuto presente che nella Federazione statunitense il governo federale dà solo alcune indicazioni di massima sul voto (a che età si può votare, come proteggere il diritto di voto per tutti, come iscriversi alle liste elettorali) mentre sono gli stati a decidere orari dei seggi, scheda di carta o computer, voto per corrispondenza, early voting, richiesta o no di documento di identità, ecc, è inevitabile che ci siano incoerenze fra stato e stato e talvolta confusione.
Sarebbe ovvio tentare di creare un’esperienza di voto uniforme negli Stati Uniti. E qualcuno lo propone periodicamente. Ma l’idea è di difficile realizzazione per i timori statali dell’ingerenza federale. Molti stati, specialmente quelli guidati dai repubblicani, si oppongono a standard federali perché li vedono come una violazione dei loro diritti di gestione delle elezioni.
Per di più, i trumpiani vogliono semmai fare marcia indietro, e rendere l’accesso al voto più difficile e faticoso. In questa stagione dominata dalle false accuse di brogli lanciate da Trump – e regolarmente contraddette da indagini ufficiali, tribunali e inchieste del suo stesso partito – semplificare e allargare il voto è quanto di meno probabile e realizzabile si possa immaginare.