È necessaria “una ridefinizione della nostra Unione che non sia meno ambiziosa di quella che fecero i padri fondatori 70 anni fa”. Eccolo il primo obiettivo che i leader delle 27 nazioni che fanno parte dell’Unione Europea devono darsi subito.
Parola di Mario Draghi, l’economista e tecnocrate che in questo secolo è stato prima governatore della Banca d’Italia, poi presidente della Banca Europea, quindi presidente del consiglio di un governo tecnico politico ad ampia maggioranza (all’opposizione c’era solo Giorgia Meloni, l’attuale numero uno del governo italiano) e che oggi, da pensionato solo in via teorica, ha messo a punto un manifesto sulle urgenze e le priorità che deve darsi la Unione Europea per non soccombere, economicamente e politicamente, di fronte ai giganti di ovest e di est che la minacciano: ovvero Stati Uniti e Cina.
Il manifesto di Draghi sarà noto nella sua interezza subito dopo le elezioni europee di giugno. Ma in una conferenza a Bruxelles, Draghi ha annunciato le linee guida del suo manifesto che auspica un “cambiamento radicale perché le nostre regole sono costruite su un mondo, il mondo pre-Covid, pre-guerra in Ucraina, pre-crisi in Medio Oriente, e ci troviamo in un mondo in cui è tornata la rivalità tra le grandi potenze”. Dunque, se la Ue non pensa e agisce da grande potenza, non si presenta alla competizione economica con grandi attori regionali, ma si limita a vivacchiare come unione di stati gelosi delle singole prerogative e di anti storiche certezze, non c’è futuro.
Ovviamente, le anticipazioni di Mario Draghi del documento che ha elaborato, hanno fatto ripartire con maggior forza l’interrogativo sul futuro del tecnocrate prestato alla politica. Aspira ad un incarico nella prossima leadership che guiderà l’Europa? Che il suo nome sia stato messo sul tavolo nei giochi e nelle trattative pre-elezioni che tendono a definire i prossimi equilibri della Commissione Europea non è più un mistero. Che il presidente francese Emmanuel Macron sia stato uno dei primi a spendere il nome di Draghi per i prossimi incarichi in Europa (presidente della Commissione o del Consiglio europeo) ha ricevuto più di una conferma.
Ma lui, l’ex banchiere che ha fatto politica da tecnocrate della moneta (e ha vinto la battaglia contro la speculazione sull’euro con la scelta del “whatever it takes”) e poi l’ha fatta in senso più letterale guidando il governo italiano, che aspirazioni e ambizioni coltiva? Da uomo educato dai gesuiti non farà mai trasparire in pubblico quello ha dentro. Ma che non sia pronto a rivestire incarichi da numero uno e a raccogliere le sfide di un mondo in rapida evoluzione e alle prese con numerose crisi, è una favoletta a cui nessuno può credere.
Contro Mario Draghi operano due tipi di nemici. I politici incapaci di affrontare grandi sfide contemporanee perché non guardano oltre la punta del proprio naso e del trantran quotidiano di favori e accordicchi, che vedono come il fumo negli occhi affidare il potere di decidere a una persona che sia estranea alla loro cultura. E la vasta schiera di coloro che scrivono e parlano di Mario Draghi come di un SuperMario capace di fare qualsiasi cosa e di salvare il mondo dai pericoli che corre ogni giorno: un Superman da fumetto utilizzato per la polemica politica e partitica di serie B.
Non sembra, ma questi nemici di Mario Draghi sono molti di più di quanti si possa immaginare.