Scampato pericolo in Abruzzo. Mai una elezione regionale ha rischiato di pesare tanto nella vita del governo nazionale. Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia hanno superato la prova delle elezioni della regione Abruzzo e il candidato del destra-centro Marco Marsilio è stato riconfermato presidente con una netto margine di vantaggio sullo sfidante del cosiddetto campo largo Luciano D’Amico: oltre il 54 per cento contro il 46 che ha gelato le speranze del centro sinistra di replicare il successo ottenuto poche settimane fa in Sardegna.
Giorgia Meloni può adesso prepararsi alla sfida di giugno, quella delle elezioni europee senza che il governo risenta di un clima interno fatto di liti, sgambetti, rivalse. Certo, ci potranno essere tensioni nelle prossime settimane, ma appare improbabile che l’alleato riottoso della Lega Matteo Salvini possa impensierire più di tanto il presidente del consiglio avendo anche con molta fatica mantenuto le sue posizioni in Abruzzo portando a casa l’8 per cento dei voti (meglio Forza Italia che ha superato il 14 per cento).
Il vero problema che nel tempo dovrà affrontare Giorgia Meloni sarà duplice. Il primo: il presenzialismo degli ultimi giorni di campagna elettorale – non solo in Abruzzo, ma ovunque fosse possibile poi conquistare la prima pagina dei quotidiani o ancor di più i titoli di testa dei telegiornali – la obbligherà a uno sforzo maggiore. Il secondo: in Abruzzo sono state fatte promesse stratosferiche dal punto di vista dell’impegno finanziario dello stato nei confronti di una realtà locale: dalle decine di milioni promesse per il raddoppio del tratto ferroviario Roma-Pescara, fino all’idea di fare del capoluogo L’Aquila la capitale delle cultura, che significa altri soldi a cascata. Il tutto insieme ad altri progetti grandi e piccoli. Se non saranno mantenute le promesse (ma ci vorrà tempo a capirlo), tutto si ritorcerà contro la Meloni e i suoi alleati.
L’altra faccia del voto in Abruzzo riguarda il risultato del campo largo, la coalizione di centro sinistra che ha compreso tutti i partiti dello schieramento progressista. Hanno perso la battaglia, ma il risultato è stato molto diverso da quello chi 5 ani fa quando la distanza tra Marsilio e i suoi sfidanti era di oltre 20 punti percentuali, oggi ridotti a meno di 10. Ed è arrivata la conferma che oggi l’unico modo di sfidare il destra-centro è di formare una coalizione il più ampia possibile. E, soprattutto, di trovare un leader che sia accettato da tutti le componenti del campo largo. Una impresa per nulla semplice.