La questione legale è complessa e anche paradossale: può un candidato durante la sua campagna elettorale usare il diritto costituzionale della libertà di espressione per intimidire testimoni e insultare magistrati e inquirenti?
La domanda è stata posta dagli avvocati di Donald Trump ai magistrati della corte federale d’appello di Washington alla quale si sono rivolti dopo che il giudice distrettuale Tanya Chutkan, titolare del processo in cui l’ex presidente è imputato per il tentativo insurrezionale del 6 gennaio, ha emesso un ordine di censura nei confronti dell’ex presidente. Per il Chutkan i post messsi dal presidente nel suo sito sono parte di una tattica per intimidire i testimoni e gli inquirenti. Tesi aspramente controbattuta dagli avvocati di Trump che accusano il magistrato di interferenza politica messa in atto da una magistratura ostile, orchestrata dal suo rivale politico ora alla Casa Bianca, che cerca di ostacolare la sua elezione. E per questo hanno presentato l’appello che è stato discusso oggi.
I tre giudici della Corte d’Appello sono apparsi molto scettici sugli argomenti del team legale di Donald Trump. “La questione è se si tratti, in effetti, di un discorso politico o se sia un piano politico volutamente preparato per cercare di deragliare o corrompere il processo di giustizia penale”, ha detto uno dei tre magistrati all’avvocato di Trump.
Il diritto alla libertà di parola è spesso limitato nel contesto dei procedimenti penali per garantire l’integrità del procedimento. I giudici impediscono regolarmente alle parti di parlare delle prove o dei testimoni prima che siano stati inseriti negli atti prima del processo. Possono anche imporre misure di sorveglianza e mandare in prigione gli imputati se ritengono che un imputato abbia violato gli ordini o cercato di influenzare i testimoni, come è stato fatto da un giudice di New York l’estate scorsa nel caso penale del fondatore di FTX Sam Bankman-Fried.

“Molti casi precedenti sostengono che non vi è alcun diritto dell’imputato a discutere del suo caso sui media”, ha detto uno dei tre magistrati all’avvocato di Trump che con la Costituzione in mano ribadiva come a Trump fosse negato il primo emendamento e per questo chiedeva di eliminare completamente l’ordine censura, sostenendo che la disposizione viola i suoi diritti, che secondo il legale sono particolarmente accentuati dal momento che Trump è il favorito per la nomina repubblicana alle elezioni presidenziali del 2024.
Gli inquirenti federali di questo caso – uno dei quattro procedimenti penali pendenti contro l’ex presidente – hanno accusato Trump di essere coinvolto in un’associazione a delinquere per frodare il governo e ostacolare il Congresso attraverso i suoi tentativi di bloccare la certificazione delle elezioni presidenziali del 2020 vinte da Joe Biden.
Questi tentativi, secondo il procuratore speciale del Dipartimento di Giustizia Jack Smith, sono culminati con l’attacco dei sostenitori di Trump al Campidoglio il 6 gennaio 2021.
Trump ha considerato l’accusa – e tutti gli altri casi contro di lui – motivati politicamente. L’ordine di censura iniziale di Chutkan, emesso il 17 ottobre, consentiva esplicitamente a Trump di criticare il Dipartimento di Giustizia, ma di non fare dichiarazioni che avrebbero portato a molestie o minacce. Il 29 ottobre il magistrato ha scoperto che Trump aveva violato il suo ordine mettendo un post su Truth Social con cui definiva il suo ex capo di gabinetto Mark Meadows un “debole e codardo” se avesse collaborato con gli inquirenti nelle loro indagini.
Il giudice Chutkan ha programmato il processo per marzo.
I magistrati della Corte d’Appello non hanno detto quando emetteranno la sentenza.