Se in una normale democrazia, un signore esagitato e con gli occhi spiritati arringasse le folle di un comizio con una motosega in mano (con l’intenzione esplicita di disintegrare l’intero sistema politico-finanziario) lanciando insulti contro tutti (per primo il Papa), molto probabilmente il suo show verrebbe interrotto dall’intervento degli infermieri. Javier Milei, quasi 53 anni, l’eccentrico autore della performance in cui mancava solo uno scolapasta in testa, è invece il favorito per l’ascesa alla presidenza dell’Argentina. Dopo aver trionfato nelle primarie di agosto, è nettamente in testa nei sondaggi sulle elezioni politiche del 22 ottobre (ballottaggio eventuale il 19 novembre): 36 per cento dei consensi contro i 30 di Sergio Massa, candidato del peronismo di sinistra e attuale ministro dell’Economia, e il 24 di Patricia Bullrich, che concorre per la destra patrocinata dall’ex presidente Mauricio Macri.
Leader del partito di ultradestra “La Libertà avanza,” Milei ha intrapreso con toni furibondi una crociata contro lo Stato amministrativo e la Banca Centrale (“bisognerebbe incendiarla”). Ispirandosi a una sorta di anarco-liberismo. Un’ideologia spinta che scavalca perfino il populismo estremo di Donald Trump e Jair Bolsonaro e si rivolge alle masse dei delusi (l’inflazione è circa il 120 per cento e 18 milioni di cittadini, quasi il 40 per cento del paese, vivono sotto la soglia di povertà) che hanno perso ogni residuo di fiducia verso i meccanismi della politica tradizionale.
L’Argentina non è nuova a questi sussulti melodrammatici. Già nel 2001, ai tempi del corralito – quando lo Stato andò in bancarotta e il radicale Fernando de la Rua fu costretto a fuggire dalla Casa Rosada in elicottero – si levò l’invocazione “Que se vajan todos.” Ma siccome l’anarchia non è mai stata riconosciuta fra i sistemi di governo, rispuntò il sempiterno peronismo che dall’interpretazione destrorsa di Carlos Menem virò verso il populismo di sinistra dei coniugi Kirchner. Oggi l’ideale anarchico si riaffaccia, ammiccando al turbocapitalismo e ai principi dell’Alt Right statunitense, nelle pulsioni di un economista perlomeno bizzarro. Che vive di provocazioni e di dismisure. Non si cura minimamente delle incoerenze (in gioventù collaborò con Antonio Domingo Bussi, un generale golpista, poi divenne assistente dei peronisti Massa, il suo rivale attuale, e Daniel Scioli, ex governatore di Buenos Aires). E conclude tutti i suoi comizi urlando sguaiatamente “Viva la libertà, fanculo.”
Per capire quali scosse potrebbe produrre la torsione di Milei non solo in Argentina, ma per contagio in tutta la galassia mondiale del populismo, basta scorrere i capisaldi del suo programma elettorale, sorta di nuova bibbia dell’antipolitica: tagli feroci alla spesa pubblica in una misura superiore perfino alle richieste del Fondo Monetario (che reclama da Buenos Aires la restituzione di 40 miliardi di dollari); privatizzazione selvaggia dell’istruzione e della sanità; dollarizzazione dell’economia, tentativo già fallito con Menem; presenza nel governo di soli otto ministeri con portafoglio; liquidazione delle caste politiche e finanziarie e dei centri di ricerca scientifica; guerra al femminismo; abolizione dell’aborto ammesso per legge nel 2021 dopo 15 anni di battaglie; disco verde, in compenso, per il traffico di organi umani e per la libera vendita delle armi da fuoco.
Buenos Aires streets see a huge rally in support of the presidential candidate of the far-right coalition La Libertad Avanza Javier Milei pic.twitter.com/lYEbPBDWej
— RT (@RT_com) September 26, 2023
Non è detto che, se eletto, Milei voglia tener fede a queste promesse. Perché il personaggio è doppio. Una sorta di dottor Jekyll e mister Hyde che alterna scatti incontrollabili di furore a condotte più razionali e garbate. Nelle discussioni fa la faccia feroce e sbatte i pugni sul tavolo. Ma quando si accorge di esagerare cambia velocemente passo e si mostra ragionevole. Al punto da essere soprannominato El loco (Il pazzo), titolo anche della biografia non autorizzata scritta da Juan Luis Gonzalez che dà per quasi scontata la sua ascesa alla Casa Rosada forse già al primo turno (serve raggiungere il 45 per cento dei voti ma può bastare anche il 40 se il secondo classificato ha più di dieci punti di distacco).
“Loco” fin da bambino era l’epiteto che il padre Herbert, imprenditore a Buenos Aires nel settore dei trasporti, gli urlava contro per le frequenti trasgressioni quando lo picchiava nella casa borghese del quartiere Palermo sotto gli occhi smarriti della madre Alicia (casalinga). “Loco” per i suoi sbalzi umorali veniva chiamato anche a scuola e quando difendeva la porta del Chacarita Juniors, club calcistico di seconda divisione. Per uno strano segno del destino il 22, suo giorno di nascita (ottobre ’70) coincidente con la prima tornata delle elezioni, nella scaramanzia argentina è proprio considerato il numero del “loco.”
E a Milei occorre dare atto che per tutta una vita intessuta di stravaganze non ha fatto altro che assecondare il cliché di imprevedibilità che lo accompagna dalle fasce. Rompe presto con i genitori con cui non vuole più avere rapporti. “Proprio non esistono,” è il modo sbrigativo con cui silura l’argomento. Del parentado ha legami stretti solo con la sorella Karina, esperta di tarocchi, che lui chiama “boss” e gli fa da consigliera. E che se diventerà presidente, essendo lui scapolo, sarà promossa “primera dama.”
Gli affetti più cari di Milei sono i suoi quattro cani, cloni ottenuti negli USA del mastino Conan (nome che si ispirava a Conan il barbaro), l’unico essere vivente con cui per molti anni ha trascorso le notti di Natale brindando a champagne. I nuovi cuccioli si chiamano Milton, Murray, Robert e Lucas in onore degli economisti su cui si è formato (Milton Friedman, Murray Rothbard e Robert Lucas). Li considera la sua vera famiglia, sostiene di consultarli spesso ed è a loro che dedica i successi professionali.
Ma Milei (sguardo sprezzante, zazzera scomposta, basettoni alla Menem, giubbone pesante di ordinanza anche quando fa caldo) rientra nella normalità almeno al cospetto del fascino femminile. Che si sappia ha avuto una relazione con la designer di moda Romina Seferdian che parla molto bene di lui. Dice che è dotato di un’intelligenza superiore e che nella sfera sentimentale è stato in prevalenza gentile, premuroso e latore di regali tendenti a cementare fisicamente il loro rapporto (come biancheria intima o un manuale sul sesso tantrico che è un’altra sua bussola esistenziale). Ma di colpo il suo umore poteva rannuvolarsi. Così, a lungo andare, perse il controllo e chiuse burrascosamente la love story. Anche perché la Seferdian avrebbe desiderato tirar su famiglia e Milei non voleva invece assolutamente figli (gli bastano i cani). L’attuale fidanzata si chiamerebbe Fatima Florez (comica e imitatrice) e siccome nell’esistenza di Milei nulla è lineare non andrebbe d’accordo con Karina, la sorella e possibile “primera dama.”
Facendo un passo indietro c’è da aggiungere che la morte di Conan in un primo momento lo fece andare in depressione. Inducendolo a rivolgersi a una medium per ristabilire un dialogo con lo spirito del mastino. Secondo il suo biografo Milei riuscirebbe (o così almeno lui afferma) a comunicare sia con il cane tanto amato che con personalità umane defunte. Con uno sforzo in più, approdando al misticismo (sarebbe attratto anche dall’ebraismo per la stretta amicizia con un rabbino), sarebbe entrato addirittura in contatto con Dio che gli avrebbe affidato nientemeno che la missione di salvare l’Argentina.

Ed ecco che Milei, laureato in economia, consulente finanziario, professore, ma anche cabarettista corrosivo che in tv si faceva beffe con toni violenti di tutta la nomenclatura nazionale, decide di abbandonare i panni del fustigatore e di lanciarsi per la prima volta in politica. Fonda il suo partito, resuscitando vecchie sentinelle del menemismo. Si fa eleggere in Parlamento. Durante la pandemia si schiera dalla parte dei no vax. Si scaglia contro il governo – che come qualsiasi altra amministrazione del pianeta combatte il Covid con le restrizioni alla mobilità – definendolo “liberticida.” E si candida infine da outsider alla guida del paese. Raccogliendo in poco tempo, con sua stessa sorpresa, una massa di consensi imprevista che arriva dalle fasce emarginate delle ville-miserias (un tempo bacino elettorale del kirchnerismo assistenziale) e dai nostalgici dell’ultradestra cancellati dal panorama politico dopo gli orrori delle giunte militari. E sostenuta anche dalla disperazione di quella fetta crescente di elettorato che non crede più nel bla-bla della vecchia politica. Un blocco eterogeneo che per l’ennesima volta si fa incantare dalle sirene di un pifferaio magico.
Il peronismo che non accetta mai di mollare il potere reagisce in ritardo. Alberto Fernández, l’incolore presidente in carica, decide di non ricandidarsi anche perché non è più sostenuto da Cristina Kirchner che manovra sempre le leve del partito peronista. E cede il passo a Massa, suo ministro dell’Economia che secondo i dietrologi più fantasiosi alla peggio potrebbe tentare di stringere un patto con Milei, suo ex dipendente. Neppure l’imprenditore Mauricio Macri, il leader della destra capitalista che nel 2019 era stato sfrattato dalla casa Rosada proprio da Fernandez, si fa tentare dal bis preferendo appoggiare la Bullrich (una sua protetta).
Milei approfitta dei tentennamenti del campo avverso, alza i toni e non la smette più di cannoneggiare. Anche la società civile di orientamento progressista o conservatore reagisce con lentezza. Solo dopo il successo dell’anarcoliberista alle primarie alcune organizzazioni operaie scendono in piazza. E lo fanno anche le femministe per paura che venga cancellato il diritto all’aborto. In un paese tanto instabile non è neppure da escludere che i partiti avversari della politica tradizionale accantonino le ideologie e siglino all’ultimo momento un patto a salvaguardia della democrazia in pericolo. Le autorità ecclesiastiche hanno intanto reagito organizzando una catena di messe per chiamare a raccolta i fedeli in difesa del Papa oltraggiato a raffica dal candidato di estrema destra.
Ma Milei non scende a patti. Si concede una leggera retromarcia solo nei confronti del clero. Dichiarando, forse dopo essersi consultato con Dio, di nutrire rispetto per la Chiesa. Dopotutto non gli conviene sottovalutare che il 60 per cento degli argentini si dichiara cattolico. Lo scontro dialettico era nato quando Papa Francesco, commentando certe amicizie neonaziste di Milei, lo aveva soprannominato un po’ scherzosamente Adolfito. In tutta risposta aveva ricevuto una valanga di contumelie: “gesuita che promuove il comunismo”, “amico di Castro e Maduro, comunisti assassini”, “imbecille”, “persona nefasta”, “rappresentante del Male nella casa di Dio”. Nessuna replica da Bergoglio, che da quando occupa il soglio di Pietro non è mai tornato in patria. Difficile che cambi idea se Milei, dopo l’eventuale giuramento, il 10 dicembre si insedierà alla Casa Rosada.