Da quando Benyamin Netanyahu fu ambasciatore d’Israele alle Nazioni Unite a metà degli anni ottanta, ha sempre dedicato molto del suo tempo ai giornali e alle televisioni negli Stati Uniti.
Corteggiava, in un’americano perfetto, come fa oggi, la stampa – consapevole che l’opinione pubblica USA si poteva manovrare con relativa facilità soprattutto, ma non soltanto, per la presenza di una comunità ebraica piccola ma molto radicata e sostenuto da grandi capitali e imprenditori disposti a contribuire all’esistenza di Israele. Punto di forza una lobby, l’AIPAC, con i suoi “2,7 milioni di americani che aiutano a mantenere Israele al sicuro e rafforzare la reazione USA-Israele”, come recita la sua pubblicità. Per poi spiegare: “STIAMO con quelli che stanno con Israele. L’AIPAC PAC è un comitato di azione politica bipartisan pro-Israele. È il più grande PAC filo-israeliano in America e ha contribuito più risorse direttamente ai candidati rispetto a qualsiasi altro PAC. Il 98% dei candidati sostenuti dall’AIPAC ha vinto le elezioni generali nel 2022.
Ossia, i contributi raccolti dall’AIPAC, vengono distribuiti specialmente in tempi di elezioni Usa, ai candidati più meritevoli che si impegnano a prestare molta attenzione alle richieste dei governi israeliani. Era così quando erano i laburisti con Shimon Peres e Itzhak Rabin al potere ed è ancora più vero oggi con Netanyahu e la sua destra che dirigono la politica di Gerusalemme e, sono i seguaci di Trump e i repubblicani a lavorare per riprendersi il controllo della Casa Bianca e consolidare il loro potere sui due rami del parlamento.

Per molti anni, Netanyahu rilasciava intervista su intervista a giornalisti di tutto il mondo prima di restringere il campo e ordinare ai suoi collaboratori di dedicarsi soprattutto alle tv e alla stampa Usa. L’Europa e il resto del mondo erano diventati, per lui, poco importante o addirittura fastidiosi. L’altro giorno, il più importante giornale della sinistra israeliana, Haaretz – Il Paese – oggi in testa alla battaglia contro il premier e alla sua politica attuale gli ha dedicato un’analisi: Come Netanyahu mente e manipola i media degli Stati Uniti…Mentre le interviste con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu proliferano, proliferano anche le sue mezze verità e i suoi bluff oltre a rivelare scorci delle prossime mosse nel suo colpo di stato costituzionale.
L’articolo è circostanziato. Ricco di esempi e spiegazioni e arriva nel momento in cui Hakeem Jeffries, il democratico di più alto livello della Camera dei deputati Usa, sta guidando una ventina di legislatori democratici in un viaggio in Israele sponsorizzato dall’AIPAC e il partito è diviso sull’atteggiamento da mantenere nei confronti del governo di destra estrema israeliano che non rispecchia la linea storica del partito rispetto ai valori, teoricamente democratici, dello stato mediorientale.

A parole, Netanyahu cerca di sostenere che l’opzione dei due Stati per due popoli sia ancora fattibile mentre diventa sempre più chiaro che sta avviandosi verso il tramonto e il termine apartheid riferito al controllo della popolazione palestinese da parte di Israele, è sempre più giustificato. Tutto questo in un momento di particolare tensione in Medio Oriente.
Biden vorrebbe disinnescare con Teheran il confronto sul nucleare mentre Netanyahu definisce possibile-probabile un accordo di pace con l’Arabia saudita e si sente ripetere che un’intesa storica è possibile soltanto se Israele non elimina con i fatti l’ipotesi di uno stato palestinese accanto a quello “ebraico”. Ipotesi che l’estrema destra israeliana vuole rendere impossibile con la creazione di nuovi insediamenti a Gerusalemme e nei territori occupati. A contribuire a una situazione regionale più tesa, si parla apertamente di un possibile nuovo scontro militare con il Libano.