Un mio caro amico mi ricorda che sono i cigni neri, le situazioni imprevedibili, a mettere in moto i pensieri.
E ieri è stato un bel cigno nero quello messo in piedi da Evgenij Prigozhin, il comandante della Wagner che aveva deciso di marciare su Mosca con i suoi uomini se non avesse ottenuto quello che voleva. E in effetti per diverse ore le cancellerie di tutto il mondo hanno seguito con apprensione (si dice così sempre ma stavolta più che apprensione era scoramento) l’avanzata dei mercenari, le difese approntate dai militari russi, autostrade sventrate per impedire la “marcia della giustizia” – così l’aveva chiamata il capo wagneriano ex cuoco di Putin (qui gli appellativi sanno tutti di tragica operetta), un deposito di benzina bombardato per impedire rifornimenti ai ribelli traditori, qualche scontro a fuoco.
Ma per fortuna nessuno voleva versare sangue russo (ci ha pensato abbastanza l’operazione speciale in Ucraina) e così in meno di 24 ore l’annunciata guerra civile si è dissolta in un accordo tra tribù. Immunità per i traditori, il cuoco capobanda che trasloca in Bielorussia, la guerra in Ucraina che riprende laddove l’avevamo lasciata.

Quindi, tanto rumore per nulla? Non proprio – perché il messaggio a Putin é arrivato chiaro e forte. E non l’hanno mandato i giovani coscritti a forza, che pure avrebbero tutto da guadagnare a fermarlo, non le madri che non sanno più dove sono i loro figli mandati al fronte, né gli oppositori tutti più o meno in carcere, né le coraggiose ma sparute manifestazioni di dissenso contro il regime, no. “È con noi che devi trattare”, l’hanno detto i “patrioti” mercenari (altro ossimoro da tragica operetta), i responsabili delle peggiori atrocità sul fronte ucraino “É con noi che devi fare i conti se vuoi rimanere al tuo posto”.
E quello di Prigozhin non è un messaggio incoraggiante per nessuno, né per quelli che sperano che Putin prima o poi si sieda ad un tavolo per discutere se non di pace almeno di tregua, né per gli altri che dicono l’unica pace passa per la giusta vittoria dell’Ucraina senza se e senza ma. Questo si è visto chiaro dalla pioggia di analisi e commenti del giorno dopo e dalla afasia dei governi del mondo davanti ad un cigno nero, che poi tanto nero, cioè tanto imprevisto non era, e che prima di volare di nuovo via ci ha fatto vedere da vicino quello che potrebbe accadere in Russia d’ora in poi. Un vaso di Pandora scoperchiato solo un poco e che ci ha trovato tutti a guardarlo senza sapere che dire e soprattutto che fare.
Una cosa abbiamo capito e non era difficile. Ogni evoluzione in Russia non sarà nella direzione della nostra amata democrazia. Per questo sarebbe ora che chi ci governa in Italia, Europa, mondo non si limiti a seguire con apprensione la situazione ma lo dica con chiarezza: ogni giorno che passa sarà sempre più difficile e pericoloso e soprattutto, ci dica se ha in mente un piano come nei migliori film americani, o almeno una via d’uscita. Prima che il prossimo cigno nero non decida di tornare.
Perché è vero che davanti ai cigni neri, alle situazioni imprevedibili, si mettono in moto i pensieri. A patto di averli però.
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