E adesso che Silvio Berlusconi non c’è più, che cosa sarà del mito liberal-conservatore con ampi tratti populisti e con una determinata avversione a tutto ciò che odorava di sinistra (salvo poi fare accordi sottobanco) che lui aveva lanciato sulla scena politica a partire dal 1994?
Il primo sguardo deve andare alla sua creatura, Forza Italia, nata nel laboratorio politico-televisivo della Fininvest, e divenuto con un colpo di bacchetta magica il centro dell’attenzione mediatica ed elettorale a meta degli anni Novanta del secolo scorso sull’onda della crisi della prima Repubblica e dei partiti che aveva dominato la scena per decenni, la Democrazia cristiana, il Partito socialista, lo stesso Partito comunista.

Oggi non esiste un successore di Berlusconi, scomparso oggi all’età di 86 anni dopo un lungo ricovero in clinica (polmonite a seguito di una leucemia), un breve ritorno a casa e un nuovo ricovero. Quelli che nel corso degli anni lui aveva elevato al rango di successori li ha divorati uno dopo l’altro come Saturno nella mitologia greca e nella pittura di Goya. Oggi c’è il ministro degli Esteri del governo di Giorgia Meloni, Antonio Tajani, che ha i galloni di vicepresidente e coordinatore unico di Forza Italia. Teoricamente, dovrebbe essere lui a prendere la guida del partito. Ma potrà farlo solo se lo vorranno due donne: Marta Fascina, la compagna quasi moglie di Berlusconi, e la figlia Marina.
Ma anche se ricevesse il via libera, Forza Italia sarebbe pronta a seguirlo? E, domanda non banale, da dove verrebbero i denari per continuare a far vivere Forza Italia se non dalla Fininvest? Dunque è più probabile che il partito berlusconiano (non immediatamente) imploda e si divida in tante particelle, una delle quali pronta a confluire in Fratelli d’Italia portando in dote il potere delle reti tv e ricevendo in cambio scranni parlamentari e potere di sottogoverno.
Forza Italia non sarà in ogni caso più la stessa. Il partito e Silvio Berlusconi sono due facce della stessa medaglia. Non c’è stato atto che non fosse riconducibile alle scelte di Silvio Berlusconi nella storia trentennale di Forza Italia: dalla frase che sdoganò il Movimento Sociale di Gianfranco Fini (“se votassi a Roma per il sindaco sceglierei Fini”, fu una delle pietre fondanti del centrodestra nascente e vincente), alla promessa di “un milione di posti di lavoro” appena avesse messo piede a Palazzo Chigi (ci arrivò velocemente e i posti di lavoro non si videro mai) per finire a quelle che passarono come mattane berlusconiane ma che invece erano scelte politiche e sfoggio di puro potere personale come le foto in colbacco accanto a Vladimir Putin, il cinguettare con il dittatore libico Gheddafi o le insolenze contro la cancelliera tedesca Angela Merkel.

ANSA/UFFICIO STAMPA FRATELLI D’ITALIA
Il futuro ci porterà anche analisi sulla stagione berlusconiana e su tutti gli aspetti che la hanno caratterizzata. Le scelte politiche e le riforme mancate, la defenestrazione da Palazzo Chigi nel 2011 un attimo prima che la speculazione finanziaria addentasse e spolpasse l’Italia per via del debito pubblico arrivato alle stelle per la responsabilità di un governo che si diceva liberale e che invece faceva della spesa pubblica non garantita il suo stile di vita. Ma anche le vicende giudiziarie – tante inchieste, tanti processi, tante assoluzioni, tante prescrizioni grazie dall’esercito di legali che buttavano la palla in tribuna per salvare il loro danaroso cliente – o quelle personali che per oltre un decennio hanno scandito l’avanzare dell’età con l’aumento esponenziale del numero di donne, soprattutto giovani, di cui si circondava nelle cosiddette cene eleganti.
Sarà la rilettura del berlusconismo all’insegna del confronto ideologico e partitico? C’è da sperare che non sia questo il filo conduttore. Se chi deciderà di svolgere questo lavoro, a cominciare dal buco nero che riguarda la provenienza dei capitali che permisero a Silvio Berlusconi il decollo imprenditoriale lo farà senza cascare nel tranello dell’ideologia o dello schierarsi, verrà fuori un ritratto straordinario non solo di Silvio Berlusconi ma soprattutto dell’Italia moderna, dei suoi vizi e delle sue virtù.
Oggi che non c’è più, resta la figura di Silvio Berlusconi, imprenditore che quando voleva ottenere comunque qualcosa anche i barba alle leggi utilizzava la forza del denaro e poi combattente nell’agone politico dell’Italia del Ventesimo e Ventunesimo secolo che ha saputo conquistare il paese in quattro elezioni politiche generali con le sua affabulazioni e i suoi soldi. Ma restano a narrarne le gesta anche le tante, tantissime promesse che ha fatto per avere consenso e potere: tasse più basse, posti di lavoro a milioni, pensioni più alte per tutti, stato funzionante e al servizio del cittadino e avanti così.
Come i versi della canzone che nel suo refrain cantava Parole, parole, parole…