Il mondo politico repubblicano è in fermento. L’ex presidente Donald Trump è in testa in tutti i sondaggi, ma le sue vicende giudiziarie gettano seri interrogativi sulla sua possibilità di poter conquistare per la seconda volta la Casa Bianca. E non solo. I sondaggi lo vedono perdente contro Biden.
Il governatore della Florida Ron DeSantis, che fino a poco tempo fa veniva dato come il maggior contendente alla supremazia dell’ex presidente, ancora non si è candidato ufficialmente e le sue fortune politiche, dopo la guerra in cui si è lanciato contro la Disney che in Florida è una istituzione, sembrano scemare. L’ultima spinta gliel’ha data la NAACP, la potente associazione degli afroamericani che ha deciso di boicottare lo Stato per le politiche razziste del governatore. In passato contro DeSantis si era schierato il movimento LGBTQ. Secondo i sondaggi il governatore della Florida è quello che nelle presidenziali potrebbe superare il presidente democratico.
Oggi si è candidato alle primarie repubblicane il senatore Tim Scott. Lanciando un messaggio positivo, “Il nostro partito e la nostra nazione sono in un momento di scelta”, ha detto Scott annunciando la sua candidatura. “Vittimismo o vittoria? Rimostranza o grandezza? Scelgo la libertà, la speranza e l’opportunità”, ha aggiunto. Unico membro afroamericano del Senato, anche lui del South Carolina, come l’ex ambasciatrice alle Nazioni Unite Nikki Haley, anche lei candidata presidenziale.

Con loro ci sono l’ex governatore dell’Arkansas Asa Hutchinson, l’imprenditore Vivek Ramaswamy, il conservatore Larry Elder. L’ex vicepresidente Mike Pence ancora non ha ufficialmente annunciato la sua candidatura ma è solo questione di tempo. Altri nomi girano con insistenza come possibili candidati, sono quello dell’ex governatore del New Jersey Chris Christie, quello dell’ex congresswoman Liz Cheney e dell’ex congressman Will Hurd.
Il gruppo diventa più numeroso in vista delle primarie e i tradizionali donatori politici, quelli che nelle casse dei partiti versano milioni di dollari per i loro candidati, sono in attesa per capire come la situazione si svilupperà prima di mettere mano al portafoglio. La macchina politica creata dai fratelli Koch che in passato è stata molto generosa con Trump ha detto che non lo sosterrà per le prossime presidenziali. E tanti altri come Hal Lambert, della Point Bridge Capital, il chairman della Blackstone Group Steven Schwartzman, il “re dei supermercati” Gristedes, John Catsimatidis, Thomas Peterffy, fondatore della Interactive Brokers sono incerti, perplessi su chi appoggiare.
Le inchieste giudiziarie sull’ex presidente frenano i contributi elettorali e dipingono un panorama molto grigio per l’ex presidente. “Finirà in prigione” ha detto l’ex avvocato della Casa Bianca Ty Cobb commentando l’inchiesta sui documenti top secret nascosti a Mar A Lago dall’ex presidente. Per questa vicenda ci sono state le dimissioni dell’avvocato Tim Parlatore, leader del team legale di Trump, ma non si riesce a capire se questo distacco sia dovuto da una crisi di coscienza o se sia un tentativo per cercare di scagionare l’ex presidente scaricando tutte le responsabilità su uno dei consiglieri più stretti dell’ex capo della Casa Bianca.

Le dimissioni di Parlatore hanno sorpreso un po’ tutti. Tra avvocato e cliente esiste un rapporto di riservatezza e di fiducia protetto dalla legge. Ma questo principio viene meno se avvocato e cliente complottano insieme per commettere un crimine. E per questo a dicembre Parlatore era stato convocato dal gran giurì istituito dal Consigliere Speciale Jack Smith, che indaga sia su questa vicenda sia sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio. Era stato interrogato per ore rispondendo a molte domande e trincerandosi anche dietro il Quinto Emendamento, quello che dà la facoltà di non rispondere per evitare di autoincriminarsi. Quando aveva dato l’annuncio che avrebbe lasciato Trump aveva detto che le dimissioni erano una decisione presa per motivi personali e non era legata a nessuna delle due indagini e che aveva lasciato il team legale in buoni rapporti con l’ex presidente.
Improvvisamente la musica è cambiata durante il weekend. Parlatore, in una intervista alla Cnn, ha attribuito la sua partenza al ruolo svolto da uno dei consiglieri più ascoltati da Trump, Boris Epshteyn, che è anche un avvocato. Parlatore ha definito Epshteyn “il filtro” tra i legali e l’ex presidente. Ha suggerito che Epshteyn non era stato onesto né con Trump né con i membri della difesa e che aveva interferito con le ricerche di documenti riservati condotte dal Dipartimento di Giustizia e dall’FBI sia in Florida che al Trump’s Golf Club di Bedminster, nel New Jersey. Parlatore ha indicato che Epshteyn ha cercato di ostacolare le indagini del Dipartimento di Giustizia sostenendo che Trump non sia colpevole di alcun crimine. Ma questa versione viene smentita dai documenti in possesso dei National Archives che hanno più volte elencato i documenti portati via dalla Casa Bianca e non restituiti. Il carteggio poi è stato inviato al Consigliere Speciale Jack Smith.
Infine Truth Social, la piattaforma di social media dell’ex presidente ha citato in giudizio il Washington Post per diffamazione dopo la pubblicazione di un articolo il 13 maggio accusando la società di frode sui titoli e altre azioni illegali. La causa, intentata da Trump Media & Technology Group Corp. nella contea di Sarasota in Florida, chiede 3,78 miliardi di dollari di danni al Washington Post per l’articolo, che Truth Social sostiene essere falso e diffamatorio, rappresentando una “minaccia esistenziale” per la società.
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