I tempi si allungano per la decisione su Donald Trump. La giuria che deve decidere se l’ex presidente deve essere rinviato a giudizio è tornata nuovamente al lavoro questa mattina ma i giurati sarebbero stati impegnati ad esaminare altre prove e testimonianze rese nel corso delle indagini. Dall’ufficio della Procura Distrettuale di Manhattan non è arrivata nessuna spiegazione. Il Civic Center, la zona sud di Manhattan dove si trovano gli uffici giudiziari è recintata nel timore che ci possano essere dimostrazioni dei simpatizzanti di Trump. Non si riesce a capire se lo slittamento dei tempi sia una manovra per mimetizzare una imminente decisione dei giurati o se ci siano altri sviluppi nelle indagini.
Non è un segreto che l’ex presidente vorrebbe trasformare il suo arresto in uno show per strappare un bagno di simpatia, e di dollari, ai suoi seguaci. Da quando lo scorso weekend ha annunciato che il suo arresto sarebbe avvenuto martedì il mondo MAGA a messo mano al portafoglio e ha cominciato a mandare i contributi per la sua campagna elettorale. Secondo Fox News finora avrebbe raccolto un milione e mezzo di dollari.
Del resto le vicende giudiziarie di Trump sono sempre piene di sorprese. L’ultima arriva dal tribunale federale di Washington con una sentenza della corte d’appello che ha deciso in favore di Jack Smith, lo Special Counsel nominato dal ministro della Giustizia per indagare sia sul ruolo dell’ex presidente nel tentativo insurrezionale del 6 gennaio, sia sui documenti segreti portati via da Trump dalla Casa Bianca e nascosti a Mar A Lago.
I tre magistrati hanno deciso che l’avvocato difensore di Trump, Evan Corcoran, dovrà testimoniare domani davanti al gran giurì. L’avvocato era già comparso davanti agli inquirenti, ma si era rifiutato di rispondere ad alcune domande invocando il rapporto di confidenzialità tra avvocato e cliente. Secondo i giudici questo rapporto privilegiato viene meno quando il legale aiuta il suo assistito a commettere un reato. Ora Corcoran dovrà raccontare al gran girì perché aveva fatto scrivere da una giovane avvocatessa del suo studio che tutti i documenti che Trump aveva portato via dalla Casa Bianca erano stati restituiti quando poi gli agenti federali li hanno trovati nella sua residenza a Mar A Lago.

L’ufficio del District Attorney di Manhattan ha mandato una glaciale risposta ai repubblicani della Camera che lo avevano convocato per testimoniare sulla sua indagine su Trump. In una lettera firmata dal capo del servizio legale della procura distrettuale indirizzata al presidente della Commissione Giustizia della Camera Jim Jordan, al presidente della Commissione di Supervisione della Camera, James Comer, e al presidente della Commissione Amministrativo della Camera, Bryan Steil, tutti e tre fedelissimi di Trump, la loro richiesta viene definita come “un intervento senza precedenti su un procedimento giudiziario locale in corso” che è avvenuta solo dopo che Trump “ha creato la falsa aspettativa” che sarebbe stato arrestato martedì.
Nella lettera viene messa in dubbio l’autorità del Congresso di intervenire sulla vicenda e si afferma che “Il Congresso non è il ramo appropriato per esaminare le questioni penali pendenti”. Nel tentativo di intimidire il District Attorney di Manhattan i tre parlamentari repubblicani richiedevano le testimonianze e documenti che Bragg ha per motivare l’atteso rinvio a giudizio di Trump, mettendo in dubbio le intenzioni del procuratore distrettuale di Manhattan affermando che la vicenda era già stata esaminata dalla procura federale quando aveva rinviato a giudizio Michael Cohen sul pagamento alla porno attrice Stormy Daniels, archiviando le responsabilità dell’ex presidente. Una richiesta strana visto che le indagini erano state avviate anni prima del suo insediamento dal precedente District Attorney di Manhattan Cyrus Vance.
In aiuto di Bragg è sceso Geoffrey Berman – US Attorney nominato da Trump nel South District di New York, che ha scritto il libro “Hold The Line” sulle sue esperienze – affermando che ci furono ripetuti interventi politici da parte del Dipartimento della Giustizia ordinando ai pubblici ministeri di porre fine alle loro indagini. Secondo Berman, l’allora procuratore generale Bill Barr non solo è intervenuto nel caso, ma ha cercato più volte di interrompere le indagini e ha suggerito che la condanna di Michael Cohen doveva essere in qualche modo revocata.
Nonostante le rivelazioni la metà degli americani, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos, crede che l’indagine della procura di Manhattan sia politicamente motivata, anche se il 70% degli intervistati ritiene vero che Trump abbia pagato soldi segretamente alla pornostar.
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