La regione Lombardia resta alla destra(centro). Il Lazio passa alla destra(centro). In entrambe le regioni dove si è votato per il rinnovo del presidente e della giunta, la coalizione di destra(centro) ha vinto in modo netto, conquistando oltre il 50 per cento dei voti.
Ma il vero vincitore di questa importante tornata elettore è il partito dell’astensione. In Lazio sono andati a votare 37 elettori su 100 che ne avevano diritto. In Lombardia 41 su 100. Il dato dell’astensione è schizzato verso l’alto: nel 2018, ultime elezioni regionali, nel Lazio l’affluenza era stata del 66,44 per cento, in Lombardia del 73,8. È assolutamente vero che chi non vota non ha ragioni da rivendicare, ma i numeri sono impressionanti e prima o poi sarà necessario che i partiti, vincitori o vinti non cambia, cerchino di capire.
Questa massiccia astensione è un segnale di pericolo molto serio anche perché le regioni hanno poteri che incidono sulla vita giornaliera di coloro che vi abitano: hanno autonomia contributiva, bilanci di spesa propri, intervengono su questioni come la sanità, la scuola, le infrastrutture, la viabilità, l’ambiente, l’uso del territorio. Dunque, la vita quotidiano di tutti. E così, rifiutare di votare è una dichiarazione di sfiducia aperta alle amministrazioni qualunque esse siano.
Ovvio che il risultato di due regioni importanti come Lazio e Lombardia pone subito la questione del riflesso del voto sul governo che è in carica da meno di 6 mesi. A conteggio dei voti ancora in corso, non sembra che la maggioranza possa entrare in fibrillazione. E questo è stato il senso della prima dichiarazione del presidente del consiglio Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, quando parla di confermata compattezza della maggioranza. Chi pensava che ci sarebbero state fibrillazioni da parte della Lega e di Forza Italia dovrà aspettare tempi migliori.

I due partiti alleati della Meloni hanno mantenuto le loro posizioni. Forza Italia non ha ceduto in Lombardia e ha guadagnato nel Lazio. La Lega ha mantenuto onorevolmente le posizioni in Lombardia e nel Lazio è andata piuttosto male, ma quella è una regione dove la Lega fatica a prendere spazi.
Dunque, gli equilibri nella coalizione di governo sono destinati alla stabilità. Solo questioni attinenti alle scelte di politica nazionale (la guerra, le tasse, la lotta alla povertà, la giustizia, il Pnrr) potranno essere momenti di conflitto interno alla maggioranza di governo. Ma questa è storia dei prossimi mesi.
Se poi si guarda alle opposizioni (che però nel Lazio erano maggioranza di governo da 10 anni) i dati più importanti sono tre. Il primo: il Partito democratico, fingendosi morto dal giorno successivo alle ultime elezioni politiche di settembre 2022, ha tenuto la sua forza elettorale ma non è stato in grado né di mettere in moto alleanze vincenti (anzi le ha rifiutate), né di presentare una appetibile proposta politica e non è mai stato in gioco. Il secondo: la desiderata OPA sul Partito democratico da parte dei renziani di Italia Viva e del partito di Calenda è stata respinta dagli elettori. Il terzo: il desiderio dei 5Stelle di prendere un voto in più del Pd è miseramente fallito e quindi tutto lascia pensare che l’ipotesi di una discussione su alleanze future non è all’ordine del giorno.