Mario Platero, giornalista a New York e attualmente opinionista de “La Repubblica”, da presidente del GEI (Gruppo Esponenti Italiani) da qualche mese intervista via zoom personaggi autorevoli dell’economia e della politica, concedendo anche al gruppo ristretto di invitati di poter porre delle domande. L’intento è quello di spiegare a chi vive e lavora negli USA, la situazione politica ed economica in Italia.

Martedì 22 novembre, il suo ospite era Giuliano Ferrara, a lungo direttore fondatore de “Il Foglio”, ma anche con esperienza nella politica attiva come ministro per i rapporti con il Parlamento nel Primo governo Berlusconi (maggio-dicembre 1994). Ferrara è tuttora l’editorialista di punta del quotidiano d’opinione che fondò nel 1996.
Conosciuto dai suoi lettori anche come “l’elefantino”- così siglava molti dei suoi articoli – Ferrara trascorre diversi periodi dell’anno a New York insieme alla moglie americana. Questa volta però, per chiarire agli italiani negli USA l’attualità politica italiana – con qualche incursione in quella degli Stati Uniti – Ferrara era collegato via zoom da Roma.
Platero gli ha subito chiesto delle differenze tra Mario Draghi e Giorgia Meloni.
“Lei è molto diversa, non ha cattedre da esibire, diciamo che è ‘casareccia’. Parla sempre di nazione, dice bisogna fare il bene della nazione, mai del paese. Certo ci tiene a dare una impressione istituzionale, però ci tiene anche a essere percepita come quella compagna di banco che è diventata di colpo il capo del governo”.

Platero annuncia che Meloni (attenzione a non fare l’errore di chiamarla “la Meloni”, fa subito notare Ferrara) ha appena avuto un battibecco con i giornalisti durante la conferenza stampa di oggi, alla presentazione della manovra economica del governo. Ferrara spiega: “Sembra che un giornalista l’abbia accusata di non rispondere alle domande e lei si sia risentita. In realtà doveva andare ad un altro appuntamento, a tenere un discorso nel territorio amico della Confartigianato, dove infatti ha preso un sacco di applausi”. Durante la conferenza Stampa, Meloni ha fatto notare “l’assertività” ritrovata con lei dai giornalisti, come per dire: con Draghi il coraggio non lo avevate, ora che c’è una donna…
Platero chiede della manovra, Ferrara risponde: “Niente di eccezionale o straordinario, è quella che avrebbe fatto al 75% Draghi. Certo poteva spiegarla meglio ai gruppi sociali a cui lei fa riferimento”.
Platero chiede cosa intendesse con quel termine utilizzato da Ferrara, “casareccia”? Forse che dovrebbe ancora imparare a conversare con gli altri leader, senza tirare troppo la corda, come invece ha fatto con il presidente Macron?
“Lo scontro con la Francia è stato un incidente, neanche tutta colpa sua, è che Salvini ha trasformato quello che Macron e Meloni avevano ancora in ballo, come un fatto compiuto, che i migranti da ora in poi sarebbero andati a sbarcare in Francia. Ma non può essere quella la rotta, l’Italia resta con tutte le coste che ha e per la sua prossimità all’Africa, il porto più sicuro. Questo non è il primo incidente che succederà, ma io dico che la parte internazionale del debutto di Meloni come Presidente del Consiglio è stata anzi la più fortunata”.
Ferrara spiega: “A Bali è stata coccolata, era l’unica donna dei leader del G20, con XI che l’ha invitata a Pechino e Biden che le ha riservato un’ora di colloquio”.

ANSA/FABIO FRUSTACI
Il fattore donna è un vantaggio? “Certamente lei lo fa capire a tutti, anche ai giornalisti oggi: rispettatemi perché sono una donna, la prima a entrare a Palazzo Chigi. Non avrà il carisma dei banchieri, avrà anche una cultura meno sofisticata – ha studiato all’alberghiero, fa notare Ferrara – ma è giusto che la prima donna capo del governo italiano sia più rispettata”.
Platero passa al passato di Giorgia Meloni: dai media americani ci sono stati attacchi per il suo trascorso politico da neo fascista: esagerati? Lei intanto ha confermato più volte la sua fedeltà atlantista, riequilibrando certe tendenze filo russe di Berlusconi e Salvini…
Ferrara parte dalle origini: “In Italia, quel partito chiamato MSI, con molte culture e tanti brutti ceffi dentro, non c’è più, è morto. Certo Meloni, che vorrebbe essere ora chiamata una conservatrice, non aderì da giovane ad un partito della tradizione di destra liberale italiana, ma andò in quel movimento sociale che poi fu trasformato da Gianfranco Fini in Alleanza Nazionale. Ma già Fini è stato ministro degli Esteri, presidente del Senato… A Fiuggi disse che si lasciava “a casa” il padre, Mussolini… Certo Meloni sceglie per presidente del Senato quel simpatico fascistone di La Russa che però frequenta bene, e un professionista, avvocato. Ok, ogni tanto le è scappato anche a lei qualche saluto romano, insomma lei si è formata nella provincia della politica italiana che per lei era quella giusta e sì, c’è ancora la fiamma di Mussolini nel simbolo di Fratelli d’Italia. Ma nessuno qui può credere veramente che ci sia in atto una fascistizzazione delle istituzioni. Lei ha però rovesciato il modo di far politica” continua Ferrara, che aggiunge: “In Italia c’è stato il primo governo populista nel 2018, quello 5 stelle con la Lega di Salvini. Ma dopo che non si capiva più nulla, si è passati al vecchio trasformismo, con il secondo Conte che passa da Salvini al PD, continuando poi con Draghi. Meloni ora dice di fare sul serio: che significa? Che difenderà le sue bandiere sull’immigrazione e la sicurezza, ma sul resto… Lei dice di essere una donna conservatrice di destra, che sa discutere con gli altri, che sta dentro il progetto dell’Europa. Insomma sa muoversi. Intanto Berlusconi resta arrabbiato con lei perché si sente messo ai margini, e Salvini è sempre più preoccupato per le percentuali dei sondaggi che vedono Fratelli d’Italia salire e la Lega scendere….”.
Da Ferrara si vuol sapere anche dello stato di salute della sinistra: che ne sarà del PD?
Qui l’ex direttore del Foglio non appare affatto ottimista e porta l’esempio di quello che sta succedendo con la candidatura di Letizia Moratti alla presidenza della Regione Lombardia. “Meloni ha vinto perché il Centrodestra si è unito. Il Centrosinistra non vincerà più se continua ad essere disunito. Come sta succedendo con il caso Moratti. Voltagabbana? Va bene, Letizia Moratti è stata un esponente del centro destra. Ma in politica questi passaggi ci stanno, soprattutto per una donna come lei che oltre che politica ha fatto tanto altro, è una tecnica e una filantropa, con San Patrignano etc. Ora si candiderà nella lista di Calenda e Renzi ma il PD non sarà nella coalizione e così farà rivincere il leghista Fontana, per la regione italiana che vanta quasi mezzo PIL dell’Italia… Anche il sindaco di Milano Sala non ci sta capendo più nulla: ma come si fa a perdere questa opportunità? Ricordiamoci che la sinistra non ha mai vinto la Regione Lombardia”.

Si torna alle domande su Meloni e il suo passato “estremismo”. Ferrara dice che “quando si esponeva appoggiando il trumpismo, a destra lo facevano tutti, chi poteva mai pensare che Biden vincesse e che poi, con la guerra in Ucraina, essere in buoni rapporti con Putin diventasse una posizione scomodissima… Anche sul vaccino. Ma deve stare più attenta ora, da capo del governo non può avere un sottosegretario alla Sanità che afferma che il vaccino non serviva…”. Per Ferrara, gli errori passati di Meloni e del centrodestra italiano sono poca cosa rispetto a quelli dei conservatori inglesi: “A me Boris Johnson stava pure simpatico, ma ormai si è capito a Londra che Brexit è stato un errore gravissimo, e sorprende che l’abbiano fatto proprio i conservatori…”
Si ritorna sui mali del PD: cosa manca? “La passione”, dice Ferrara. “Pieno di correnti, apparati, gruppi che agiscono sparpagliati senza obiettivi chiari e senza leader. Dopo Renzi, che è stato accusato di aver spogliato il PD del partito che capiva il popolo, non c’è stato più nulla. Letta è u bravo studioso e organizzatore di convegni: ma il fuoco nella pancia, come dite in America, dove sta?”
Il populismo, dopo la sconfitta dei candidati di Trump al Mid Term, è morto? “Si è rinsecchito” risponde Ferrara, aggiungendo che i problemi dell’America non possono essere affrontati dai populisti. Invece, secondo Ferrara, “Meloni si è messa subito ad ascoltare i consigli di Draghi, la manovra per 2/3 è quella sua. Il populismo non è più una minaccia, serve la disciplina al governo per risolvere i problemi”.
Si ha idea di quando Meloni vedrà Biden alla Casa Bianca? “Non so quando, ma ci sarà la corsa a invitare Meloni. L’Italia in questo momento è ancora più importante. Alla lealtà transatlantica di Meloni io ci credo”.
Chiediamo noi a Ferrara: quando Meloni, bisticciando con Berlusconi, replicò con la frase “io non sono ricattabile”, che intendeva dire? “Berlusconi si era comportato un po’ da megalomane, non poteva accettare che una giovane donna decidesse tutto lei senza ascoltarlo. Lei con quella frase ha mostrato il suo risentimento, ha voluto dire che ora lei era autonoma, adulta e che avrebbe scelto la sua strada…”
Platero chiede a Ferrara un commento sulla scomparsa dell’ex ministro Roberto Maroni, leghista della prima ora e poi anche presidente della regione Lombardia. Chi voleva sbarazzarsi di Salvini ha perso un alleato? “Io ero al governo con Maroni”, ricorda Ferrara, “lui era ministro degli Interni. Ricordo che lui, dopo aver approvato il decreto Biondi, disse che non lo aveva capito… Ridicolo, mi fece arrabbiare. Ma la politica è fatta anche di questi tranelli. Comunque come collega ministro ne ho un ricordo polemico. Ma era una persona dolce, anche con la musica, la passione per la vela. Mi è dispiaciuto sapere che fosse malato. Comunque mi sembra fosse uscito negli ultimi tempi dalla politica, non avrebbe più potuto pesare nelle lotte interne del suo partito”.

Il collega Andrea Fiano chiede: ha descritto la crisi del PD, ma come andrà a finire? “Vincerà Bonaccini” dice Ferrara, “anche se Prodi ha ricordato una vecchia verità del partito di Togliatti che diceva che tutto tranne un emiliano leader del PCI, perché gli emiliani sono dei bravi amministratori ma non capiscono nulla di politica. Bonaccini è stato il presidente di regione che ha resistito all’attacco di Salvini quando il leghista era ancora un leader rampante e pretendeva la presa di Bologna. Bonaccini penso sia una persona solida, ma adesso non lo vedo come qualcuno che abbia dentro di se quell’anima e quella capacità di indirizzare gli altri, di motivarli, di dargli un senso di marcia”. Soprattuto il senso di unità, aggiunge Platero. “Uno che ti possa dare l’illusione di vincere” aggiunge Ferrara, “ecco Bonaccini ancora non lo vedo in questa dimensione”.
Per l’ultima riflessione si torna sull’America: allora è finito il Trumpismo? “Sì, ma sono poco sorpreso, soprattutto dopo aver visto il risultato del referendum nel Kansas sull’aborto e avendo anche io sperimentato qualcosa di simile, quando feci un gruppo politico anti abortista e mi presentai alle elezioni racimolando lo 0, per cento… Se ne può discutere a livello personale, ma come fatto sociale no. Dire io ti tolgo il diritto all’aborto, è come dire – scusate l’orrendo paragone ma è moralmente sorda la vicenda – che so, ti tolgo la lavatrice, o ti taglio la social security. Ti tolgo cioè dei diritti che tu hai maturato perché la modernità te li ha dati. Io ho capito subito che la sentenza della Corte Suprema avrebbe favorito i democratici, soprattutto nel voto femminile ma non soltanto quello. Poi si sono aggiunti a questo altri fattori importanti, come l’Ucraina, il ruolo di Biden nel ricostruire una alleanza, Putin non è più il dominatore del puppet Trump ma è un avversario strategico… L’inflazione che avrebbe dovuto portare a un trionfo per i repubblicani? Gli elementi elencati prima l’hanno sgonfiata”.
Platero chiude la conversazione con Giuliano Ferrara dicendo che ci sono dei cambiamenti epocali in atto e fra queste rivoluzioni del nostro tempo, si potrebbe aggiungere anche la vittoria di oggi dell’Arabia Saudita sull’Argentina ai Mondiali del Quatar. Ferrara non è d’accordo: “In ogni Mondiale ci sono stati risultati così. Ricordiamoci della Corea del Nord e chi sconfisse nel 1966…”.