Il governo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia ha ottenuto la fiducia dalla Camera e tra poche ore la riceverà dal Senato. Adesso deve cominciare a guidare l’Italia, a risolvere problemi piccoli e grandi, a disegnare il futuro del Paese.
Se stiamo alle parole che ha pronunciato in Parlamento, Giorgia Meloni ha deciso di guidare un governo di destra-centro, non di centro-destra. Sorvolando sull’impostazione storica arbitraria per cui tutto nasce dal Risorgimento del XIX secolo, saltando a piè pari la rinascita dell’Italia con il riscatto dal fascismo grazie alla Resistenza (e agli angloamericani), il presidente del consiglio ha messo in fila una serie di problemi senza però offrire una visione complessiva dell’Italia che immagina, visto che vorrebbe governare per i prossimi 5 anni.
Nel suo intervento, come nelle repliche, non appare alcuna idea di sistema paese, di quale debba essere la politica industriale e quella del lavoro di un’Italia che ha davanti la sicura recessione. Quali elementi vanno privilegiati per far ripartire sviluppo e PIL? Vuoto pneumatico nel discorso e nelle repliche della Meloni! C’è il patchwork delle proposte fatte in campagna elettorale e neanche una timida sintesi delle idee che ciascun partito della coalizione vincente (Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega) ha buttato in pasto agli elettori.
Così è subito riapparsa la flat tax per i lavoratori autonomi, che finisce per aumentare la disuguaglianza con i lavoratori a reddito fisso, i quali continuano a essere trattati come la base certa per gli introiti fiscali dello stato. Certo, la Meloni ha vagheggiato future riforme fiscali, ma si tratta di parole al vento perché non esistono le condizioni congiunturali per una riforma fiscale generale che faccia pagare tutti con equità. Se poi, come ha fatto il presidente del consiglio, si annuncia una imminente “tregua fiscale”, che vuol dire condono per chi non ha pagato le tasse, è facile ipotizzare che il governo di destra-centro non ha intenzione di cambiare in modo giusto il rapporto tra il contribuente e lo stato. E vuole favorire alcuni a danno di altri.

L’Italia negli ultimi anni, anche per responsabilità dei vari governi che si sono succeduti, ha visto aumentare il numero dei poveri, e nel prossimo futuro la questione energetiche con l’esplosione dei costi di luce e gas non farà che aumentare il numero di singoli e di famiglie che vedranno diminuire il loro tenore di vita. Nelle dichiarazioni programmatiche della Meloni non si scorge alcun accenno alla questione lavoro, problema che parte dal modo di creare nuovi posti di lavoro e dalle politiche utili a non perderne nei settori in crisi ed arriva alle questioni relative alla produttività, elemento chiave nel rapporto tra impresa e lavoratore, e ai livelli di stipendi e salari.
Nell’intervento della Meloni il punto centrale sembra essere l’impegno da campagna elettorale a rivedere il reddito di cittadinanza, senza minimamente offrire uno spunto concreto di come dare lavoro a chi non lo trova. Che uno strumento come il reddito di cittadinanza debba essere continuamente monitorato e aggiustato per evitare abusi e veri e propri reati da parte di chi non ne ha diritto, è dire un’ovvietà. Ma annunciarne il cambiamento senza offrire alcuna indicazione su come dare lavoro a chi non ne ha, e dunque non ha reddito con il quale sostenersi, significa non onorare l’impegno al quale si è stati chiamati. E certamente non si creano posti di lavoro fantasticando costruzioni di ponti di Messina come qualche ministro ha subito fatto ancora prima di ricevere la fiducia del Parlamento.
Certo, Giorgia Meloni ha mantenuto ferma la barra del timone sulla posizione dell’Italia rispetto all’invasione russa dell’Ucraina. Ma non avrebbe potuto fare diversamente e comunque nella sua coalizione, Lega e Forza Italia hanno espresso valutazioni filorusse sia sul conflitto in corso sia sulle sanzioni. Solo pochi giorni fa Silvio Berlusconi, alleato chiave della Meloni tanto che i suoi hanno apertamente detto che senza i voti di Forza Italia non esiste il governo Meloni, ha parlato di Putin e delle cause della guerra in termini apertamente affettuosi e giustificando le scelte del Cremlino.

Dal ponte di comando da cui dovrebbe guidare il Paese, Giorgia Meloni ha promesso con parole solenni – “non replicheremo il modello di questi anni” – la condanna delle scelte fatte da due governi (Conte bis e Draghi) nel contrasto all’epidemia di Covid. È una strizzata d’occhi senza alcun senso a no vax e negazionisti di ogni tipo. E poi che cosa vuol dire nella pratica? Se malauguratamente dovesse riaccendersi il fuoco del contagio che cosa farà il suo governo, lascerà tutto aperto con ognuno decide quel che gli pare in tema di cure e di prevenzione? Ovviamente, sono seguiti vaghi accenni a quello che il governo intende fare per la sanità pubblica.
È facile prevedere che la strada del capo del governo sarà tutta in salita. Non solo per le difficolta del momento, certo non imputabili all’attuale presidente del consiglio, ma anche per una squadra di governo dove non sembrano esserci dei fuoriclasse. Così, il dato che tutti hanno sottolineato con soddisfazione – ovvero una donna che finalmente arriva a guidare il Paese – perde totalmente di significato. Perché non basta avere una donna sul ponte di comando ad assicurare che le scelte politiche saranno corrette e positive. E neanche l’autocompiacimento di Giorgia Meloni che al governo ci sia un underdog, ovvero una persona che partiva sfavorita e che è riuscita ad arrivare dove desiderava. Anche questo, come l’essere donna, non è garanzia che gli altri underdog d’Italia avranno le stesse possibilità che ha avuto Giorgia Meloni.