La data di domenica 23 ottobre resterà per sempre impressa nella storia d’Italia con il cambio di governo annunciato dal tintinnio della campanella che Mario Draghi ha passato nelle mani di Giorgia Meloni. Segna l’inizio di un’epoca: anche a Roma viene affidata ad una donna la responsabilità maggiore nella guida del paese.
Non crediamo affatto che “a prescindere” una donna sia più capace di un uomo. Dipende dalla donna, così come dall’uomo. Però riteniamo che in tutte quelle nazioni dove questo passaggio di poteri non è ancora avvenuto (Stati Uniti, Francia, persino l’ONU…), rimanga un’anomalia da colmare. L’Italia questa anomalia l’ha risolta e lo ha fatto con una donna giovane e che viene dalla destra.
Giorgia Meloni ha un bagaglio di storia politica e culturale alle spalle, con quella giovanile e convinta militanza nel Movimento sociale fondato da Giorgio Almirante rimasto fascista fino all’ultima ora. Ma è anche colei che nella copertina del suo libro orgogliosamente dichiara di essere semplicemdente Giorgia, una donna che si è fatta da sé, senza “sangue blu” e per questo merita rispetto. La sua tenacia e le sue capacità sono state apprezzate dagli elettori italiani (Troppi astenuti? ma in democrazia hanno sempre torto) che hanno deciso democraticamente di farla provare.

La carica del Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana è ben diversa da quella di capo di un esecutivo negli Stati Uniti o in Francia, come sa bene la Meloni che incontra in queste ore a Roma il presidente Macron. Più che un “Commander-in-Chief” del suo governo, la carica italiana è quella di “primo mediatore” che cerca di guidare la sua squadra composita dopo l’esame del parlamento verso obiettivi raggiungibili e, in questo caso, improrogabili.
Giorgia Meloni oggi ha dichiarato che vuole “fedeltà” dai suoi ministri, i quali a partire da Tajani e Salvini che sono anche i suoi vice dovranno seguire prima gli interessi dell’Italia che quelli del loro partito. Notate, ha chiesto fedeltà, perché la Meloni sa che non poteva certo chiedere “obbedienza”.
E’ proprio questa carica di “mediatrice” esercitata da un’ inedita figura femminile, che fa sperare nelle capacità di Giorgia Meloni di poter governare l’Italia in un momento internazionale e sociale “da far tremare i polsi”. La nostra non è una speranza dettata dal semplice ottimistico desiderio, di credere nel nostro paese, ma anche dai fatti. Questa settimana la missione italiana alle Nazioni Unite, ha organizzato una conferenza con l’agenzia UN Women e la missione del Morocco, in cui si dimostrava statisticamente che quando ci sono più donne a capo della mediazione nei conflitti, si raggiungono risultati di pace piu duraturi.
La coincidenza ha voluto che la Meloni sia diventata presidente del Consiglio italiano mentre al Palazzo di Vetro si teneva la Settimana “Donne, Pace e Sicurezza”. Potrebbe essere di buon auspicio per il nuovo governo affinché il “neo-premier” come vuole farsi chiamare, si imponga come “mediatore capo” rispettato e appoggiato da tutta la coalizione di Centrodestra.
Era molto emozionata Giorgia Meloni mentre passava in rassegna i militari schierati a Palazzo Chigi con Mario Draghi che l’attendeva per l’avvicendamento. Adesso c’è la prima “sorella d’Italia” al timone e ha bisogno di tanti auguri, perché il suo non sarà affatto un compito facile, e quando la banda d’onore smetterà di suonare verrà immediatamente misurata sui fatti.
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