Al via all’ONU la Settimana delle “Donne, Pace e Sicurezza” e al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, giovedì è stato il turno del dibattito aperto sul rafforzamento della resilienza e la leadership delle donne per spingere la pace nelle regioni afflitte dai gruppi armati.
Questo dibattito, programmato dal Gabon come presidente di turno per il mese di ottobre, è arrivato in un momento particolare, infatti tra i paesi intervenuti, alcuni hanno attaccato il regime dell’Iran per la sua violenta reazione alle manifestazioni delle donne che si ribellano all’oppressione fondamentalista.

L’ambasciatrice USA Thomas-Greenfield, dopo aver illustrato la terribile situazione di violenze sessuali subite dalle donne nelle zone di conflitto come in Etiopia e Ucraina, dove la strategia militare “utilizza lo stupro come arma di guerra”, e dopo aver descritto la situazione drammatica delle donne in Afghanistan indicandole anche come esempio di resilienza, ecco che si è concentrata sulle donne iraniane nella loro lotta per la libertà: “Gli occhi del mondo intero sono puntati sull’Iran in questo momento. Coraggiose e coraggiosi iraniani di tutta la società, donne e uomini, stanno protestando contro la morte di Mahsa Amini. Stanno protestando per il fatto che sia stata uccisa dalla polizia morale iraniana per il reato di essere una donna. E stanno protestando contro la negazione delle libertà fondamentali a cui ogni donna, ogni ragazza, ogni persona dovrebbe avere diritto”.
Che si tratti di Iran o Afghanistan, di Ucraina o Etiopia, di Haiti o Birmania o altrove, per Thomas-Greenfield, questo “è un momento in cui le donne e le ragazze guardano a noi, a questo Consiglio di sicurezza, per sostenerle nel loro coraggio, nel momento del bisogno. Per fare ciò, dobbiamo rafforzare l’infrastruttura delle Nazioni Unite che abbiamo creato negli ultimi dieci anni per prevenire la violenza sessuale legata ai conflitti”.

Quindi bisogna, secondo l’ambasciatrice americana, “promuovere la leadership delle donne, sia nei loro villaggi, nelle loro capitali o sulla scena internazionale, come promuoviamo noi cinque donne membri di questo Consiglio di sicurezza e le molte altre donne che vedono oggi questa stanza”.
Bisogna, per Thomas-Greenfield, “non solo indossare il rosa oggi come segno del nostro sostegno, ma per alzare la voce; alziamo la nostra voce per chiedere il cambiamento di cui sappiamo che le donne di questo mondo hanno bisogno…. Dobbiamo farlo per le ragazze, e per le donne, e per la pace e la sicurezza che porteranno al mondo, ma anche la pace e la sicurezza che devono avere dal mondo”.
Una riunione del Consiglio di Sicurezza dedicato alle donne, alla pace e alla sicurezza, è in linea con una storica risoluzione adottata 22 anni fa, e incentrato sull’ultimo rapporto delle Nazioni Unite.
La vice segretario generale delle Nazioni Unite Amina Mohammed, ha detto nel suo intervento al Consiglio di Sicurezza che la protezione dei diritti delle donne e la promozione di una maggiore inclusione sono una strategia collaudata per la pace e la stabilità.
“Quando apriamo la porta all’inclusione e alla partecipazione, facciamo un enorme passo avanti nella prevenzione dei conflitti e nella costruzione della pace”, ha affermato Mohammed. “Eppure, nonostante decenni di prove che l’uguaglianza di genere offra un percorso verso una pace sostenibile e la prevenzione dei conflitti, ci stiamo muovendo nella direzione opposta”.
Mohammed ha affermato che la partecipazione delle donne a tutti i livelli ha svolto un ruolo fondamentale nel cambiare il modo in cui la comunità internazionale ha affrontato la pace e la sicurezza negli ultimi due decenni. Tuttavia, i progressi sono stati “troppo lenti”, ha affermato, come confermato dalle statistiche.
Ad esempio, tra il 1995 e il 2019, la percentuale di accordi di pace con disposizioni sulla parità di genere è salita dal 14 al 22%. Quattro accordi di pace su cinque ignoravano ancora il genere. Inoltre, le donne costituivano in media solo il 13% dei negoziatori, il 6% dei mediatori e il 6% dei firmatari dei principali processi di pace durante questo periodo.
“La partecipazione delle donne ai processi di pace e l’influenza sulle decisioni che influiscono sulle loro vite continuano a rimanere molto indietro, creando una barriera molto reale verso una pace inclusiva, duratura e sostenibile. Dobbiamo fare di meglio. E dobbiamo farlo ora”, ha detto la vice segretaria dell’ONU.

Mohammed ha evidenziato la necessità di agire, compreso lo smantellamento delle norme patriarcali che escludono le donne dal potere, proporre più negoziatori e mediatori donne e garantire finanziamenti maggiori e più prevedibili. Ha ricordato che il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres (che non ha partecipato perché si trova in India) ha delineato cinque “azioni di trasformazione” per il prossimo decennio sui diritti delle donne e ha spinto i paesi ad attuarle rapidamente.
“Ha esortato a prestare particolare attenzione alla protezione delle donne difensori dei diritti umani, che devono far fronte a crescenti minacce, rappresaglie e violenze. Queste donne coraggiose sono all’avanguardia nell’agenda delle donne, della pace e della sicurezza”, ha detto al Consiglio. Mohammed ha sottolineato la necessità di una piena parità di genere nel monitoraggio delle elezioni, nella riforma del settore della sicurezza, nel disarmo, nella smobilitazione e nei sistemi giudiziari, anche attraverso l’assegnazione di quote speciali per accelerare l’inclusione delle donne. “In questo momento di pericolo, conflitti e crisi, dobbiamo perseguire strategie collaudate per la pace e la stabilità. Proteggere i diritti delle donne e promuovere l’inclusione delle donne è una tale strategia”, ha affermato.

Quando è intervenuta Sima Bahous, direttrice esecutiva di UN Women, ha anche fatto riferimento alla difficile situazione delle donne difensori dei diritti umani che rischiano la vita per le loro comunità e il pianeta.Bahous ha affermato che l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, OHCHR, ha recentemente riferito che dei quasi 350 casi individuali di intimidazione o rappresaglia per la cooperazione con le Nazioni Unite nell’ultimo anno, il 60% riguardava donne. I sondaggi delle Nazioni Unite sulle donne hanno anche rivelato che quasi un terzo delle donne rappresentanti della società civile che hanno informato il Consiglio di sicurezza hanno anche subito rappresaglie.
Bahous ha chiesto misure come fornire sostegno materiale e politico ai difensori dei diritti delle donne e alle loro organizzazioni, nonché aggiornare la legislazione in materia di asilo, ricollocazione temporanea o status di protezione temporanea per le persecuzioni di genere.
“E affinché nessuno pensi che emarginare le donne le tenga al sicuro, siamo chiari: si ottiene il contrario. Negare alle donne lo spazio, l’accesso o i finanziamenti a causa di problemi di sicurezza incoraggia i perpetratori e, ai loro occhi, convalida le loro tattiche”, ha affermato.
Anche l’ Italia è intervenuta al Consiglio di Sicurezza (la missione guidata dall’Ambasciatore Maurizio Massari organizza domani un evento con la Rete delle Donne Mediatrici del Mediterraneo). “Dall’adozione della storica Risoluzione 1325 molto è stato fatto, ma le donne e le ragazze continuano a sopportare in modo sproporzionato il peso dei conflitti e rimangono sottorappresentate o non rappresentate negli sforzi dei processi di pace, nonostante il loro contributo costruttivo alla risoluzione dei conflitti”, ha esordito l’Ambasciatore Massari. Il riferimento è alla prima Risoluzione in assoluto approvata dal Consiglio di Sicurezza che denuncia l’impatto della guerra sulle donne e valorizza il contributo delle stesse nella risoluzione dei conflitti per una pace durevole. L’Italia ha sostenuto con forza la Risoluzione 1325 fin dalla sua adozione nel 2020.

“Le donne si sono dimostrate estremamente efficaci nel proteggere i civili, nell’accedere alle comunità e nel creare rapporti di fiducia con le popolazioni locali, in particolare con i più vulnerabili. La stessa efficacia è dimostrata nei settori del Peacebuilding e Peacekeeping. Un accordo di pace ha il 20% in più di probabilità di durare almeno due anni e il 35% in più di durare 15 anni quando le donne sono incluse nei processi di pace”. Nonostante tali evidenze ampiamente documentate, a livello mondiale sono donne soltanto il 13% dei mediatori, il 6% dei negoziatori e il 6% dei firmatari degli accordi di pace.
Secondo fonti ONU, su 10 accordi di pace, ben 7 non includono nessuna donna mediatrice o firmataria.
“A livello nazionale, stiamo attuando il quarto Piano d’azione sul WPS (per il periodo 2020-2024) e sosteniamo con forza la Rete delle Donne Mediatrici del Mediterraneo (MWMN), lanciata dall’Italia nell’ottobre 2017 per promuovere l’uguaglianza di genere e favorire l’inclusione delle donne nei processi di pace, negli sforzi di mediazione e nella costruzione della pace nella regione mediterranea”. Tale iniziativa italiana ha poi condotto alla creazione di una più ampia Rete a livello globale dell’Alleanza delle donne mediatrici regionali nel settembre 2019, che unisce le voci di 6 diverse regioni del mondo in un appello per accelerare l’attuazione della risoluzione 1325.
L’Italia ha incrementato il sostegno finanziario a UN Women, maggiore agenzia ONU per i diritti delle donne, e nel gennaio 2023 ne assumerà la Vice Presidenza del Consiglio Direttivo. Nel solco di questo impegno si inserisce il sostegno italiano al Fondo umanitario ONU per le donne e la pace, ed in particolare al programma per la lotta alla violenza sessuale e di genere (che prevede fra l’altro servizi di supporto psicologico alle vittime).
E proprio insieme a UN Women, alla Rete MWMN e al Marocco, la Rappresentanza italiana all’ONU organizza domani un evento per sensibilizzare la comunità internazionale sul ruolo delle donne mediatrici.
“L’Italia resta determinata ad attuare l’agenda Donne, Pace e Sicurezza anche quale parte dei nostri sforzi per rafforzare l’architettura del mantenimento e della costruzione della pace internazionale”, ha concluso Massari.
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