Erano documenti top secret sulle armi nucleari quelli che gli agenti dell’Fbi cercavano a casa di Donald Trump. Lo riporta il Washington Post citando alcune fonti, secondo le quali la perquisizione si sarebbe resa necessaria dopo i numerosi tentativi senza esito da parte degli avvocati del Dipartimento della Giustizia di riprendere il carteggio, preoccupati che delle informazioni così sensibili potessero finire in mani sbagliate.
La prima perquisizione c’era stata il 3 giugno, ma nessuno – afferma CNN – ne aveva parlato. E anche in quel caso gli agenti avevano portato via dei dossier. Ma non tutti.
Lunedì scorso gli investigatori sono tornati, sono andati direttamente nella stanza blindata nella cantina della villa dell’ex presidente in Florida e hanno aperto la cassaforte che conteneva i documenti cercati e che non erano stati consegnati nel primo raid del 3 giugno. Un’azione senza tentennamenti, senza incertezze, tanto che il Wall Street Journal e Newsweek sono sicuri che qualcuno della cerchia ristretta dell’ex presidente abbia parlato con gli inquirenti.
“Solo uno attualmente molto vicino all’ex presidente poteva fornire quelle informazioni”, ha detto Mick Mulvaney, ex capo di gabinetto di Trump e ora commentatore politico della CNN. E che gli agenti abbiano sequestrato ciò che cercavano si capisce dal rancore di Donald Trump e dall’infuocata retorica usata per condannare l’azione degli agenti federali. Tanto che il direttore dell’FBI, Christopher Wray, si è detto preoccupato per le minacce ricevute dai sostenitori dell’ex presidente. “Non è una vicenda di cui posso parlare – ha detto ai microfoni di ABC News da Omaha, in Nebraska –, ma le minacce alle forze dell’ordine sono preoccupanti”.
Wray, così come il ministro della Giustizia Merrick Garland e gli agenti che hanno compiuto la perquisizione, sono divenuti oggetto di feroci critiche dei repubblicani e di minacce, in alcuni casi di morte, come nel caso del congressman Eric Swalwell, bersagliato al telefono dai sostenitori di Trump. E Garland, in un intervento mandato in diretta da tutti i maggiori canali televisivi, ha detto di aver approvato lui stesso il raid e di aver chiesto al magistrato federale che ha approvato il mandato di perquisizione di togliere la clausola di segretezza imposta al documento, in modo da poter rilasciare la lista dei documenti al centro della vicenda. Ora sta a Trump e ai suoi avvocati accettare od opporsi alla richiesta di Garland. Il ministro ha condannato le minacce e le violenze contro gli agenti dell’FBI.
Proprio questa mattina Ricky Shiffer, di 42 anni con un giubbotto antiproiettile armato con una pistola sparachiodi e un fucile AR 15 ha cercato di entrare nella sede dell’FBI a Cincinnati, in Ohio, ma quando gli agenti hanno cercato di bloccarlo è fuggito. La polizia ha chiuso in entrambe le direzioni la maggiore autostrada di Cincinnati, vicino al luogo della sparatoria ed è stato ordinato il lockdown nel raggio di un miglio attorno all’autostrada invitando i cittadini a rimanere all’interno delle proprie abitazioni. In serata gli agenti lo hanno ucciso in un conflitto a fuoco. Ma da giorni l’FBI, così come alcuni magistrati federali, vengono bersagliati dalle invettive e dalle minacce dei sostenitori di Trump.
I sostenitori dell’ex presidente continuano a martellare i media simpatizzanti ripetendo le false affermazioni del presidente, secondo cui il mandato di perquisizione sarebbe illegale e politicamente motivato. Ora starà al presidente e i suoi avvocati decidere se accettare che il segreto venga tolto. Nel mandato di perquisizione vengono elencati i fascicoli, gli oggetti o i documenti al centro della ricerca.
Per ottenere un mandato di perquisizione, gli investigatori hanno bisogno dell’autorizzazione di un magistrato federale, il quale deve riscontrare che gli inquirenti abbiano il fondato motivo (probable cause) per eseguire questa perquisizione, che è limitata ai documenti o agli oggetti elencati nel mandato. Se nella perquisizione gli investigatori trovano oggetti o documenti non elencati ma pertinenti alle indagini devono ottenere un nuovo mandato dal giudice prima di poterli prelevare.
Nelle sue tuonanti dichiarazioni, l’ex presidente ha detto che gli agenti dell’FBI hanno vietato allo staff e ai suoi legali di avvicinarsi e assistere al raid a Mar-Lago. “A tutti è stato chiesto di lasciare la proprietà”, gli agenti “volevano restare soli senza alcun testimone che vedesse cosa stavano facendo, prendendo o, speriamo di no, piazzando delle prove”, ha affermato l’ex presidente. Tutte affermazioni smentite da Garland, ma che infiammano gli animi dei suoi seguaci.
Ieri sera nel programma Watercooler, trasmesso dall’outlet Real America’s Voice, che ospita i programi di Steve Bannon, il congressman repubblicano Paul Gosar dell’Arizona ha chiesto di “distruggere” le “camicie marroni democratiche conosciute come l’FBI”. La congresswoman Marjorie Taylor Greene della Georgia ha suggerito che il raid è il prologo di una “guerra civile” e il congressman della Florida Anthony Sabatini ha affermato che i poliziotti statali avrebbero dovuto arrestare gli agenti dell’FBI. Il programma si è concluso con il conduttore, David Brody, autore di una biografia su Trump, che ha affermato con un motivo Qanon che il raid a Mar-a-Lago era stato ordinato dal “Deep State” per bloccare la candidatura di Trump, unico politico in grado di sconfiggere “l’essenza del male”.
In un sondaggio condotto da Politico/Morning Consult, circa la metà degli intervistati ritiene che il mandato di perquisizione sia stato provocato dalla legittima ricerca di prove in una indagine criminale sull’ex presidente. Il 54% ha affermato di aver approvato l’operato degli agenti. Il 30% ritiene che le indagini siano invece per il tentativo insurrezionale del 6 gennaio. Il 39% ha affermato che la ricerca è stata condotta principalmente per danneggiare la carriera politica di Trump e il 37% ha disapprovato il raid dell’FBI.