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April 30, 2022
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Gerrymandering, l’inganno usato dai partiti per ridisegnare i distretti elettorali

Ogni 10 anni il censimento conta gli abitanti negli Usa, ma la delimitazione dei collegi è un confronto in cui dem e repubblicani non sono senza colpe

Massimo JausbyMassimo Jaus
I Democratici volano sulle ali del voto anticipato: in 60 milioni hanno già votato!

Elezioni novembre 2020: la soddisfazione di una elettrice di New York per aver votato prima - Foto di Terry W. Sanders

Time: 5 mins read

È una storia un po’ complicata, che ha origine dal Dipartimento del Censimento, il Census Bureau, il quale ogni 10 anni conta gli abitanti negli Stati Uniti, stabilendo quanti americani abbiano diritto al voto. In base a questi dati vengono formati i distretti elettorali.

Ma la delimitazione geografica del distretto è un confronto in cui nessuno dei due partiti, democratico o repubblicano, è senza colpe. Negli ultimi quattro anni, però, la battaglia si è inasprita, come tutta la politica americana. E mercoledì la clamorosa decisione della Corte d’Appello di New York che ha bocciato il piano creato dalla maggioranza democratica del parlamento statale che, non rispettando la modifica dello statuto costituzionale ottenuta con il referendum del 2014, ha arbitrariamente cambiato i confini delle circoscrizioni elettorali per agevolare l’elezione di tre candidati democratici nello Stato.

Ma non è solo New York lo Stato “maneggione”. Da anni questa pratica viene implementata in tutti gli Stati senza nessun intervento da parte della magistratura, compiacente con il potere politico. Il primo passo è quello di ostacolare il censimento che viene fatto ogni 10 anni. Meno cittadini-elettori comporta un maggior numero di “correzioni” che devono essere fatte per ridisegnare i distretti elettorali per eleggere i 435 congressmen alla Camera dei Rappresentanti (il Senato, invece, ha sempre e solo due senatori per Stato, a prescindere dal numero di abitanti e dalla grandezza).

A New York in attesa di votare – Foto di Terry W. Sanders

Tracciare le circoscrizioni è di competenza dei singoli Stati dell’Unione. In seguito ai dati del censimento del 2020 sono state compiute le “ristrutturazioni” delle circoscrizioni, quello che viene chiamato “gerrymandering”. Così per rispettare la proporzione sul numero di abitanti-elettori le circoscrizioni vengono allargate o ristrette, il “packing” o il “cracking” elettorale. Ma non si allarga o si restringe la circoscrizione in maniera casuale: i confini della circoscrizione vengono ampliati o ridotti per diluire o concentrare il voto in determinati distretti chiave.

Un esempio di “packing”: prendiamo una circoscrizione dove si sa che vincerà il candidato del partito A, che è fortissimo. I legislatori statali del partito avversario B ridisegnano la circoscrizione riducendola in modo tale che gli elettori di A siano condensati nel distretto, ridisegnando per indebolire le zone periferiche alle quali viene legato un candidato del partito B per il quale è stata allargata la circoscrizione in aree notoriamente simpatizzanti per il partito B.

Una tecnica che ridimensiona la forza elettorale del candidato A e che concede al partito B la possibilità di conquistare quelle aree non più rappresentate dal candidato A. Un travaso o un salasso di voti per avere il controllo elettorale dell’area.

Il sesto distretto congressuale nella parte centro-settentrionale della North Carolina è rappresentato dalla democratica Kate Manning e Joe Biden ha vinto questo distretto con 24 punti di vantaggio su Trump nel 2020, segno che è un’area fortemente democratica. Settimane fa i repubblicani della legislatura statale, sfruttando le bugie elettorali di Trump sui brogli elettorali, hanno tracciato le nuove linee della circoscrizione dividendo il distretto in quattro legandolo ad altri quattro distretti che favoriscono fortemente il GOP, assicurando che i repubblicani avranno un enorme vantaggio alle prossime elezioni.

In Texas, dove gli elettori ispanici nei sobborghi di Dallas e Fort Worth, di tendenza democratica, sono stati “spostati” in un distretto in gran parte rurale dove dominano i repubblicani. È quello che è successo alle elezioni del 2010 a Houston, in Texas, la città più liberale dello Stato che si è ritrovata ad essere rappresentata a Washington da un Congressman repubblicano.

Un elettore dopo aver appena votato a New York City – Foto di Terry W. Sanders

Mancando una legge federale che regoli tutta la materia, sono i singoli Stati che gestiscono le proprie circoscrizioni elettorali. La Corte Suprema è intervenuta nel 1995 affermando che il gerrymandering è illegale quando la circoscrizione elettorale viene ridisegnata per motivi razziali, ma non si è pronunciata sul resto.

Dove ristrutturare le circoscrizioni non è possibile, vengono ridotti i seggi elettorali, o il numero delle cassette elettorali (come le cassette postali nelle quali si può imbucare la scheda elettorale, o limitare il voto per posta). Tutte tattiche per rendere più difficile esprimere il voto. Tattiche che colpiscono gli anziani, i meno istruiti che hanno difficoltà nella compilazione dei moduli elettorali, i più poveri che non possono perdere una giornata di lavoro per andare ai seggi.

Sette anni fa la Corte Suprema ha emesso una sentenza controversa per il caso chiamato Shelby County v Holder. Con un voto 5-4, la Corte ha cancellato la direttiva al centro del Voting Rights Act, la storica legge del 1965 che imponeva ad alcuni Stati e località con una storia di discriminazione contro gli elettori di minoranza di ottenere l’approvazione delle modifiche elettorali dal Governo federale prima che entrassero in vigore nel loro Stato. Immediatamente dopo questa decisione, i legislatori repubblicani del Texas e della Carolina del Nord, due Stati precedentemente coperti dalla legge, si sono mossi per emanare nuove leggi sull’identità degli elettori e altre restrizioni.

Un tribunale federale avrebbe successivamente annullato la legge della Carolina del Nord, scrivendo che era progettata per prendere di mira gli afroamericani “con una precisione quasi chirurgica”. La cosa più significativa sono l’aumento delle leggi che impongono nuovi requisiti nel processo di voto, molte delle quali colpiscono in modo sproporzionato gli elettori neri e altre comunità di colore, o più povere.

Dentro al seggio con la mascherina per votare a New York – Foto di Terry W. Sanders

“Dalla decisione Shelby County contro Holder, gli Stati hanno davvero aperto le porte alla repressione degli elettori e abbiamo visto leggi che hanno discriminato gli elettori di colore in tutto il Paese”, afferma Leigh Chapman, direttore del programma per i diritti di voto alla Leadership Conference on Civil Human Rights.

I sostenitori affermano che in un mondo dopo la decisione della Corte Suprema su Shelby vs Holder, non solo hanno perso uno strumento chiave per garantire a tutti gli elettori un diritto uguale e illimitato di votare, ma anche l’applicazione dei diritti di voto è diventata molto più difficile.

“La portata di ciò che, francamente, la destra poteva fare in un mondo pre-Shelby era molto limitata. Ora non è così limitato”, ha affermato Bryan Sells, un avvocato per i diritti di voto in Georgia.

Le leggi sulla soppressione degli elettori non solo dissuadono le persone dal votare, ma lo fanno in modo mirato e discriminatorio. Per gran parte degli anni la Georgia ha squalificato gli elettori per piccole discrepanze (come l’assenza di un trattino del cognome) tra i moduli di registrazione degli elettori e altri registri statali. Nel 2018, un sistema di vigilanza elettorale indipendente ha evidenziato come siano stati invalidate più di 50.000 schede, oltre l’80% delle quali erano state votate da persone di colore. (In prospettiva, Stacey Abrams ha perso la corsa al governatore della Georgia del 2018 con meno di 55.000 voti).

Una elettrice esulta dopo aver votato “early” a New York – Foto di Terry W. Sanders

 

Negli ultimi 20 anni, gli Stati hanno frapposto molte barriere davanti alle urne, imponendo leggi rigorose sull’identificazione degli elettori, riducendo i tempi di voto, limitando i tempi per la registrazione elettorale, eliminando i seggi e le cassette per il voto o riducendo i tempi per quello per posta ed eliminando anche le cassette postali nelle zone più rurali. In Mississippi nella contea di Winston, grande quanto metà della Val d’Aosta, c’è un solo seggio elettorale. Delle 12 mila persone che hanno diritto al voto solo 8 mila hanno votato alle elezioni del 2020.

Questi sforzi, che hanno ricevuto una spinta quando la Corte Suprema ha indebolito il Voting Rights Act nel 2013, hanno allontanato un numero significativo di elettori, colpendo in particolar modo le minoranze razziali, i poveri e i giovani e gli anziani. Tra il 2012 e il 2018, ci sono state 1.688 chiusure di seggi elettorali negli Stati precedentemente coperti dal Voting Rights Act, secondo un rapporto della Leadership Conference on Civil and Human Rights.

Prima della chiusura i funzionari locali avrebbero dovuto presentare queste modifiche per la revisione federale e dimostrare che non erano discriminatori. Ora, i funzionari locali sono liberi di apportare tali modifiche senza analizzare l’impatto discriminatorio dell’abolizione dei seggi elettorali. L’eliminazione di 214 seggi si è verificata in Georgia, uno Stato precedentemente coperto dal Voting Rights Act dopo che entrambi i senatori repubblicani hanno perso i loro seggi nello Stato.

Così non solo il “gerrymandering” per allargare o restringere le circoscrizioni elettorali, ma anche la limitazione dei termini e dei requisiti di registrazione è una delle forme più comuni di repressione degli elettori. È evidente che tutta la materia delle elezioni federali, dal presidente ai senatori e congressmen, deve avere una regolamentazione nazionale uguale con gli stessi requisiti e gli stessi meccanismi, ma a Washington la riforma elettorale langue nella palude delle riforme necessarie, che nessuno dei due partiti ha la forza per portare avanti.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. E’ stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Now retired. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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