I talebani tornano dal summit di Mosca con i compiti da fare a casa. Il primo esame sarebbe facile-facile da superare se i talebani non fossero settari: gli è stato chiesto di formare un governo inclusivo con tutte le etnie. Hanno detto che ci proveranno a non governare solo con la rete terroristica Haqqani che si è macchiata dei più atroci attentati in Afghanistan e che ora ha ministri nel governo.
Il secondo compito è un po’ più difficile, viste le frequentazioni degli studenti coranici: evitare di ospitare terroristi per impedire che il paese torni ad essere un campo di esercitazione per gli integralisti di tutto il mondo. Hanno risposto che sicuramente l’Afghanistan sarà stabile e senza terroristi. Dovrebbero farsi spiegare dall’FBI americana come mai sulla testa del loro ministro dell’interno pende ancora una taglia da 10 milioni di dollari.
Dovrebbero anche spiegare meglio come mai sempre il ministro ha riunito in un albergo di Kabul tutti i familiari dei kamikaze che negli anni hanno compiuto attentati nel paese per conto loro e come mai gli ha reso omaggio e li ha risarciti con somme di danaro. Il terzo compito a casa di cui si è parlato poco al summit di Mosca pare essere più un esame facoltativo, di quelli da fare se rimane tempo: restituire alle donne i loro diritti, riaprire le scuole femminili, smettere di torturarle e ucciderle, lasciare che facciano sport senza decapitarle, pemettere che lavorino scegliendosi il lavoro, restituirle la dignità che le hanno tolto.
A me pare l’esame più difficile da superare per i talebani, la cui formazione integralista è stata forgiata nelle scuole coraniche del Pakistan, dove hanno insegnato loro a vedere in ogni donna il male.
Niente di tutto quello che riguarda i diritti umani pare essere stato in testa ai pensieri dei russi che hanno organizzato questo primo vertice tra i talebani e i paesi regionali. Gli Stati Uniti, che erano stati invitati hanno dato forfait. Erano presenti all’hotel President di Mosca le delegazioni di India, Cina, Pakistan, Iran e Paesi dell’Asia centrale, uniti dalla preoccupazione che la grave crisi economica, umanitaria e di sicurezza che attanaglia l’Afghanistan possa avere tragiche conseguenze sulla regione. Non a caso è stato chiesto alle Nazioni Unite di organizzare una conferenza internazionale dei donatori e di trattare lo scongelamento dei fondi destinati agli afghani bloccati all’estero. Senza i soldi per pagare gli stipendi le banche non possono essere gestite e gli afghani muoiono di fame.
Da Mosca è arrivato il messaggio che toccano a Washington gli oneri maggiori degli aiuti alla ricostruzione che, è stato sottolineato “deve essere sostenuta dai Paesi i cui contingenti militari sono stati presenti in questo Paese oltre 20 anni”. Un modo strano di cercare una soluzione alla imminente tragedia umanitaria afghana che con l’arrivo dell’inverno esploderà in tutta la sua drammaticità.
Trattare con i talebani senza porre condizioni sul tirono dei diritti umani nel paese,che sono anche i diritti delle donne, non pare essere la giusta strada da intraprendere per fare dell’afghanistan un luogo con un futuro. Del resto Mosca quando si tratta di diritti umani ha luminosi esempi da portare, il caso dell’oppositore Sergei Navalny prima avvelenato e poi messo a languire in carcere, è solo l’ultimo di una lunga lista.