Ha ripreso da dove aveva lasciato rispolverando lo stesso tema: chi non è con lui è contro di lui. Non importa se sia democratico o repubblicano, per Donald Trump non fa differenza. I repubblicani che sono con lui applaudono, quelli che si rifiutano di avallare le sue bugie, come Liz Cheney, vengono eliminati.
Sabato sera al Convention Center di Greenville in North Carolina l’ex presidente è stato il principale oratore alla convenzione statale del partito. Un pubblico molto ridotto rispetto a quello dei rally della scorsa estate. “È bello essere tornato”, “avremo un incredibile 2022” sono le sue prime roboanti battute e poi subito un discorso senza freni di 90 minuti contro il presidente Biden, il virologo Fauci, la Cina, Facebook e, naturalmente, i brogli elettorali. Un dirompente fiume in piena zeppo di condanne, rimproveri, bugie, fantasie, furore e deliri.

La serata era cominciata con un messaggio sibillino lanciato sul grande schermo 30 secondi prima che il presidente venisse inquadrato dai riflettori. Il messaggio prometteva un imminente ritorno di Trump alla Casa Bianca “prima di quanto pensiate”. “L’amministrazione di Joe Biden è la più radicale della storia americana, è una disgrazia quello che sta succedendo al nostro paese” continuando con “l’America viene distrutta, la criminalità spadroneggia, vengono tolti i soldi ai dipartimenti di polizia, l’immigrazione illegale sta di nuovo esplodendo e la disoccupazione è fuori controllo”. E poi i democratici “sono violenti e odiano l’America. Ci riprenderemo il paese nel 2022”. E da qui, poi, le accuse a Biden per i brogli elettorali con i quali ha rubato la presidenza. E poi quelle a Fauci: “Non è un grande medico e gli piace andare in tv”, insinuando che è un alleato dei cinesi. Per passare poi a Pechino “che ha esportato il virus e per questo io lo chiamo virus cinese”. Ha chiesto anche un risarcimento di 10 mila miliardi di dollari alla Cina. Non si sono salvati nemmeno i social che lo hanno bandito. Alla fine ha invitato sul palco la nuora Lara, la moglie di suo figlio Eric, che ha annunciato che non correrà per il Senato il prossimo anno per il seggio che verrà lasciato dal senatore Richard Burr.
“Ha trasformato il partito repubblicano copiando il partito comunista cinese”, afferma la congresswoman del Wyoming Liz Cheney, epurata dalla dirigenza del partito alcune settimane fa perché si rifiuta di sostenere le bugie dell’ex presidente. Parlando con David Axelrod, conduttore del programma domenicale di CNN “David Axe Files”, la figlia dell’ex vice presidente Dick Cheney accusa Trump e i suoi compagni di partito di minare la fiducia degli elettori e di corrodere la democrazia negli Stati Uniti con la complicità di alcuni suoi compagni di partito. “Quando Trump dice che la nostra democrazia non funziona, che le elezioni sono truccate, che gli è stato rubata la presidenza, che la volontà del popolo non è stata rispettata” ripete le stesse cose che il Partito comunista cinese afferam parlando delle elezioni americane. Dure parole anche contro il leader della minoranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy e il “whip” della Camera, Steve Scalise, asserviti alle bugie dell’ex presidente sulle elezioni truccate e poi per aver lanciato la campagna per minimizzare la gravità dell’assalto al Congresso del 6 gennaio. E i conteggi in Arizona le stanno dando ragione. Malgrado tutti i disperati tentativi di trovare schede contraffatte o brogli di qualsiasi genere, gli scrutatori finora non hanno scoperto nessuna irregolarità, trasformando questo quarto riconteggio in un disperato e patetico tentativo per poter continuare a propagare le bugie elettorali.

Nelle vicende giudiziarie in cui è coinvolto l’ex presidente oggi c’è la novità che Stormy Daniels, l’ex porno attrice con cui Trump ha avuto una relazione, la quale ha detto di essere pronta a testimoniare davanti al Grand Jury che sta esaminando se ci siano gli estremi per il rinvio a giudizio di Donald Trump. Nella segretezza del Grand Jury il District Attorney di Manhattan sta interrogando i dirigenti della Trump Organization, la holding del presidente che controlla circa 500 società. Nei giorni scorsi ha deposto Jeffrey McConney, senior vice president della Trump Organization. Le testimonianza davanti al Grand Jury sono coperte dal segreto, quindi non si sa cosa McConney abbia detto. Probabilmente il suo è stato un interrogatorio per preparare quello che sarà fatto a Allen Weisselberg, il CFO della holding, ritenuto l’unico dell’organizzazione a conoscere i segreti di Donald Trump. L’interrogatorio di McConney, il primo dirigente della Trump Organization ad essere ascoltato, rientra nella tecnica usata dagli inquirenti che interrogano prima il personale subordinato in modo da conoscere i particolari delle operazioni compiute dai responsabili che verranno interrogati successivamente. Un modo per far capire ai testimoni che l’accusa è a conoscenza dei fatti e che mentendo si rischia la prigione. A Weisselberg un giornalista della NBC ha chiesto se stesse cooperando alle indagini del District Attorney, ma Weisselberg non ha voluto commentare. Stormy Daniels, invece, ha detto di essere pronta a parlare e a svelare agli inquirenti il complicato percorso degli assegni con cui è stato comprato il suo silenzio che, secondo quanto affermato da Michael Cohen, l’ex avvocato di Donald Trump, e dalla stessa attrice, sarebbero stati prelevati da un misterioso conto russo.
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