Esautorata, ma non sconfitta. La guerra fratricida tra repubblicani verrà combattuta l’anno prossimo alle elezioni di mid-term ai seggi elettorali. La minaccia di scissione è nell’aria.
Come previsto Liz Cheney, la terza carica del partito repubblicano alla Camera dei Rappresentanti, è stata destituita. Le sue accuse sulle bugie elettorali raccontate dall’ex presidente non hanno fatto presa sui suoi compagni del Gop i quali subito dopo la sua estromissione hanno preferito sotterrare la verità mistificandola con la necessaria unità per sconfiggere i democratici. Frottole mimetizzate che dimostrano come Donald Trump sia in effetti il padrone del partito. “Continuerò a combattere le pericolosissime bugie dell’ex presidente” ha detto Liz Cheney dopo il voto. “Farò tutto il possibile per assicurare che Donald Trump non torni mai più allo Studio Ovale”.

La leadership del partito repubblicano per non essere accusata di rimuovere l’unica donna con un ruolo dirigenziale ha proposto come sua sostituta Elise Stefanik, deputata dello Stato di New York alleata di Trump.
“Nessuno mette in dubbio la legittimità delle elezioni presidenziali” ha detto Kevin McCarthy, il leader della minoranza repubblicana alla Camera lasciando la Casa Bianca dove si era recato con il leader della minoranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, per parlare con Biden delle proposte del presidente per la ripresa economica. Una affermazione che indirettamente sostiene le accuse di Liz Cheney sulla sottomissione del partito a dispetto delle menzogne di Trump. Proprio ieri, infatti, l’ex presidente in una dichiarazione aveva accusato lo Stato del Michigan di aver commesso “enormi frodi elettorali”. Bugie dette per mantenere vivo il suo rapporto populista con la base elettorale. Falsità che continuano ad infiammare i suoi elettori ma che dividono sempre più gli Stati Uniti. Anche Mitch McConnell ha invocato l’unità del partito tralasciando i giudizi su Trump peraltro già espressi subito dopo il voto per il secondo impeachment finendo in questo modo anche lui nel mirino dell’ex presidente che lo ha definito “un figlio di p… sempre perdente”. La prossima vittima delle “purghe” potrebbe proprio essere lui.
McCarthy è stato accusato di non aver aver difeso Liz Cheney come ha invece fatto per i due congressman repubblicani, Marjorie Taylor Green, la seguace dei QAnon, e quella di Matt Gaetz, indagato dall’Fbi per i suoi rapporti con una ragazza minorenne.
Nel suo discorso Liz Cheney aveva detto che “Il Paese è confrontato da una minaccia senza precedenti dopo che Trump ha istigato l’assalto al Congresso”. Ma non solo, ha aggiunto: “Non resterò qui a guardare in silenzio, mentre altri guidano il nostro partito verso una strada che abbandona lo stato di diritto e si unisce alla crociata dell’ex presidente per minare la nostra democrazia”.
Dopo queste accuse la dirigenza repubblicana non trovando argomenti per controbattere l’ha degradata. La parlamentare del Wyoming aveva votato a favore del secondo impeachment contro l’ex presidente dopo l’assalto al Congresso e aveva contestato le accuse di Trump sui brogli elettorali e ha più volte ripetuto di ritenere che l’ex presidente sia il responsabile per i moti del 6 gennaio.
Non trovando solidarietà pubblica tra i suoi compagni di partito, ma solo consensi in privato, due settimane fa aveva scritto una “opinione” sul Washington Post per ammonire i repubblicani che si era arrivati ad un punto di svolta dovendo “scegliere tra la verità e la menzogna”. La risposta è arrivata questa mattina.
Dopo il voto (che per l’occasione la procedura è stata cambiata da voto segreto ad alzata di mano) l’ex presidente ha esultato per la decisione e come sua abitudine è passato agli insulti: “Liz Cheney è un essere umano acido, orribile”, ha scritto in una dichiarazione, “dimenticando fa notare il Washington Post – come la parlamentare lo abbia appoggiato il 93% delle volte”.
Riguardo al voto di oggi, Cheney ha detto di non sentirsi “tradita” dai colleghi sottolineando che il voto rappresenta lo stato in cui si trova il partito che ha abbandonato i principi conservatori”. In sua difesa e’ accorso il congressman del Colorado Ken Buck, “E’ stata silurata per aver detto la verità e non aver accettato la falsa narrativa delle elezioni raccontata da Trump”.

Se i compagni di partito al Congresso l’hanno abbandonata, piu’ di 100 politici presenti e passati del Gop hanno lanciato un appello per il rinnovamento ideologico e morale del partito, arrivando addirittura a minacciare di formarne uno nuovo se non ci si libererà del controllo di Donald Trump. Secondo quanto scrive The Hill, l’appello è contenuto nella lettera, intitolata ‘A Call For American Renewal’ in cui si afferma che i repubblicani devono “ritrovare gli ideali dei fondatori oppure devono creare un’alternativa”.”Daremo al Gop l’ultima possibilità di ritrovare se stesso e moderare il suo corso – hanno scritto – siamo pronti a combattere contro gli estremisti del partito per cercare di allontanarli dal partito e dalla nostra politica nazionale, cercando di investire in figure a favore della democrazia e dei nostri deali repubblicani”.
Nella lettera, rivela la NBC, si afferma che i parlamentari del Gop devono “ridisegnare l’immagine di un partito che riprenda la filosofia che i ispiri agli ideali dei fondatori oppure, e questa è la minaccia, devono affrettarsi alla creazione di un’alternativa”. Nell’appello saranno inseriti 13 principi a cui il partito repubblicano dovrebbe mantenersi fedele, secondo quanto scritto nella lettera. Tra i firmatari vi sono ex governatori, come Christine Todd Whitman, Tom Ridge, ex membri del Congresso.