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May 5, 2021
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May 5, 2021
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Mentre si decide per le sorti di Liz Cheney, il partito trumpiano avvelena il Congresso

I repubblicani votano con nuove regole per far fuori la loro parlamentare anti Trump mentre gli scontri con i democratici si intensificano

Massimo JausbyMassimo Jaus
La carica degli elefanti repubblicani che può diventare il cimitero del Gop

Liz Cheney during a campaign stopp in Buffalo, Wyoming, in 2013 (Wikimedia/Milonica)

Time: 4 mins read

La politica del dialogo, del compromesso, delle strette di mano dopo lunghe discussioni per trovare l’accordo, è morta. E con lei se ne sta andando un pezzo della democrazia americana, peraltro già messa in discussione dalle bugie di un vanitoso arrogante presidente che non accettando la sconfitta prosegue in una narrativa di falso vittimismo infarcito di retorica populista tentando di destabilizzare la democrazia in un Paese che per duecento anni la democrazia l’ha esportata al resto del mondo.

Questo sarà il lascito politico del 45.mo presidente degli Stati Uniti. E per questo sarà ricordato.

Quello che il Partito repubblicano ha tramato per togliere il titolo di Conference Gop Chair a Liz Cheney, la terza carica interna del partito repubblicano alla Camera dei rappresentanti, si può e vedere in un Paese del Terzo Mondo: per spogliarla dell’incarico è stato cambiato il sistema di voto.

Le sue “colpe” sono quelle di non accettare le bugie e di non fare segreto che il presidente abbia tradito la Costituzione mentendo sulla validità del risultato elettorale aizzando il 6 gennaio i suoi sostenitori a non accettare la vittoria dei Biden. Ma già Liz Cheney era già in rotta di collisione con l’ex presidente dopo che fu messo sotto impeachment per aver taglieggiato l’Ucraina bloccando i fondi approvati dal Congresso fintanto che non fossero state “trovate” prove per incriminare il figlio di Biden. Non volle essere complice dell’abuso di potere e votò per l’impeachment.

Attack on Capitol Hill. January 6, 2021. (Wikimedia Commons)

Votò anche per il secondo impeachment, quello dopo l’assalto al Congresso da parte dei seguaci di Trump aizzati dall’ex presidente per bloccare la certificazione della vittoria elettorale di Joe Biden. Una donna repubblicana di principi, di democratici valori intellettuali messa alla berlina dal suo stesso partito per un atto di rispetto verso il capo della Casa Bianca andato al Congresso per fare un discorso alle Camere in seduta congiunta. Un Congresso esasperato che volutamente confonde rivalità politica per inimicizia, educazione per ostilità, che demonizza gli oppositori e premia la falsità. Un Congresso in cui un minority leader con ambizioni politiche come Kevin McCarthy, si sottomette alle bugie di un presidente sconfitto che avvelena la democrazia piuttosto che difendere i valori del suo partito e della Costituzione sulla quale ha giurato il rispetto delle regole. Un partito che punisce una repubblicana conservatrice come Liz Cheney, ma accetta le follie di una esaltata come la Taylor Smith. Un Congresso intossicato dalle bugie elettorali, dai complotti dei QAnon, e dal razzismo che l’ex presidente con i suoi comportamenti e i suoi ammiccamenti agli estremisti bianchi armati ha risvegliato.

Nessuna sorpresa quindi per l’escalation di insulti tra parlamentari delle opposte visioni in un clima così surriscaldato.

Lei incita all’insurrezione e chiama i democratici “I nemici che ti vogliono distruggere”. Lui di rimando la definisce una “sediziosa seguace dei QAnon”. Lei risponde “sei un vigliacco che vuole demolire l’America” e lui ribatte “sei la portavoce dei QAnon. Sto stabilendo con quale penna trafiggerò i tuoi amici la prossima volta che invaderanno il Congresso durante una democratica transizione del potere. Chiudi la tua sediziosa bocca amante dei QAnon”.

Lo scambio di tweet è tra la congresswoman repubblicana Marjorie Taylor Greene e il congressman democratico Ruben Gallego. Insulti che però devono essere letti come l’indice del livore tra i rappresentanti dei due partiti a Washington.

La Greene è una congresswoman della Georgia, Gallego è un democratico dell’Arizona. La Greene è la punta di diamante dei QAnon al Congresso, difende il diritto di andare in giro armati, indossa due mascherine su cui è scritto “Trump ha vinto”e “Save America Stop Socialism”, diffonde le teorie cospirative del Deep State, dei complotti mondiali, è anti vaccino che paragona all’aborto. Accusa i democratici di aver dato l’avvio agli contri del 6 gennaio mescolandosi tra i seguaci di Trump. Accusa i democratici di prendere tangenti dai signori della droga per non far erigere il muro al confine con il Messico. Accusa i democratici di aver volutamente bloccato tutto, aziende, commercio, scuole, durante la pandemia per mettere Trump sotto una cattiva luce. Subito dopo le elezioni di novembre gridò ai quattro venti che le elezioni erano truccate e come esempio portò il voto del marito in Georgia al quale, quando andò a votare di persona, fu detto che aveva già votato con un “absentee ballot”.

L’Atlanta Journal-Constitution diede una ricostruzione degli avvenimenti differente. In effetti risultava che il voto anticipato per posta era stato inviato, ma quando venne contestato fu cancellato e fu data una nuova scheda per il voto di persona. Sui 7 milioni e mezzo di voti della Georgia nelle ultime elezioni di novembre, 1 milione e 300 mila furono espressi con gli absentee ballot dei quali 2mila 11 furono annullati, cioé lo 0.026 % dei voti.

Gallego è un ex Marine che ha preso parte alla Guerra del Golfo nel 2005. Non un servizio militare di scrivania, ma in prima linea: 22 soldati della sua “Lima Company” persero la vita in 8 mesi. Padre colombiano, madre messicana, primo della sua famiglia ad avere una laurea che prese ad Harvard nel 2004, prima di andare militare. Punta di diamante del People Act, un disegno di legge che limita i fondi e l’influenza delle lobby nelle campagne elettorali. Il disegno passò nel 2019 il voto alla Camera, ma venne bloccato da Mitch McConnell, che allora aveva la maggioranza al Senato. E’ stato ripresentato il 3 marzo scorso. Passò nuovamente alla Camera e fu quindi sottoposto da Chuck Schumer, il leader democratico al Senato dove i dem, grazie al voto della vicepresidente Kamala Harris hanno ora la maggioranza, ma 40 senatori repubblicani si opposero facendo il filibuster e il decreto ora giace nel “cimitero dei decreti”. 

Una regola sbagliata e antidemocratica questa del filibustering in cui una minoranza blocca la maggioranza. Una regola che non tutti i democratici vogliono cambiare. Ed ecco che assistiamo a queste escalation di bugie, di insulti per l’immobilità del parlamento. Una immobilità travestita da democrazia, ma dettata dalla mancanza di coraggio.  Ed ecco che l’epurazione di Liz Cheney e le due diverse idee della politica espresse da Marjorie Taylor Green e Ruben Galledo in questo clima rovente, non sono altro che il risultato dei veleni sparsi nella politica attuale. 

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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