Le vittime ci sono. Così come il livore dell’opposizione. Ma non solo, perché sono molti i suoi stessi compagni di partito che con lui, governatore di New York, dopo che per anni li ha bistrattati, vogliono regolare il conto.
“Non getto la spugna. Voglio vedere la conclusione dell’inchiesta” afferma Andrew Cuomo alla ABC News durante Good Morning America dopo che altre due donne durante il weekend lo hanno accusato delle sue non volute advance. Ma per l’indebolito governatore non è proprio un “Good Morning”.
Le accuse di molestie sessuali da parte delle sue ex collaboratrici spuntano come funghi. Così come le rivelazioni sull’inchiesta di aver volutamente minimizzato il numero delle persone anziane decedute nelle case di riposo per continuare ad essere il paladino democratico nella crociata contro il coronavirus e contro Trump.
“Mi dovete mettere sotto accusa con l’impeachment – scrive Cuomo alla leader della maggioranza democratica del Senato statale di New York che durante i programmi televisivi di approfondimento politico della domenica ha chiesto le sue dimissioni. “Ogni giorno – ha detto Andrea Stewart-Cousins – c’è un altro resoconto che allontana dall’attività di governo, abbiamo bisogno di un’amministrazione senza distrazioni: il governatore deve dimettersi”. “Non c’è modo che io mi dimetta – ha risposto Cuomo – la premessa di dimettermi in seguito ad accuse è davvero anti democratica. Lasciamo che la procura federale faccia le indagini e poi da quello che verrà fuori mi regolerò di conseguenza”.
Cuomo ha anche negato le accuse di Karen Hinton, una delle cinque donne che lo incolpano: “Quello che ha detto non è vero, è una mia nemica di lunga data. Non ci si basa solo sulle accuse – ha aggiunto – vanno provate. C’è il principio del giusto processo”.
Non vuole ripetere l’errore fatto dall’ex senatore democratico del Minnesota, Al Franken, l’attore comico passato alla Camera Alta, accusato anche lui di molestie sessuali per fatti avvenuti quando si esibiva nei teatri da un’altra attrice comica che prendeva parte alle sue gag. Dimissioni imposte allora dal leader della maggioranza democratica del Senato Chuck Schumer e dalla senatrice di New York Kirsten Gillibrandt, senza che le accuse fossero state provate. Una fretta eccessiva che gli ha negate la possibilità di difendersi e di provare che le accuse fossero vere. Ma la vicenda venne strumentalizzata dai repubblicani che con lui avevano un conto aperto dopo che fu lui ad aver messo alle strette l’ex ministro della Giustizia di Donald Trump, Jeff Session, forzandolo ad astenersi dalle indagini sui contatti tra Mosca e lo staff di Trump durante la campagna elettorale. Una vicenda poi che è terminata con la nomina del procuratore speciale Robert Muller. Da allora i sostenitori di Trump decisero di fargliela pagare.
E’ un fatto noto che Andrew Cuomo sia molto rigido nel suo ambiente di lavoro e che non abbia buoni rapporti con altri politici del suo stesso partito. Sono risaputi i suoi contrasti con il sindaco di New York Bill de Blasio, o con l’assebleyman Ron Kim, o con Letitia James, l’Attorney General dello Stato, con lo speaker dell’Assemblea statale, Carl Easty. Né si salva il Comptroller della Città di New York, Scott Stringer. Lo accusano di essere un prepotente, di non ascoltare il parere degli altri, di non avere un dialogo, ma solo imposizioni. Anni fa dopo essere stato costretto dai suoi stessi compagni di partito a creare una commissione di indagine sulla corruzione nello Stato per indagare dove fossero finiti i del “Buffalo Billion”, vennero interrogati alcuni politici ed industriali a lui vicini e subito dopo Cuomo dissolse la commissione. Le indagini federali però proseguirono e due suoi stretti alleati, Joseph Percoco e Alain Kaloyeros finirono in prigione.
E poi c’é l’inchiesta sugli anziani deceduti per il coronavirus nello Stato. Numeri molto contenuti, ottenuti, secondo le accuse, per aver imbrogliato, riducendo le fatalità avvenute nelle case di riposo per anziani, spostando il loro decesso come se fosse avvenuto in ospedale. Uno scandalo che finì sui giornali. Quando l’assembleyman democratico Ron Kim contattato da Cuomo si è rifiutato di mentire su una conversazione avuta con Melissa De Rosa, stretta collaboratrice del governatore, che aveva confidato l’imbroglio e c’era il timore di una indagine federale, Cuomo lo ha minacciato. Ed ecco che non solo gli avversari politici gli sono i suoi nemici.
Le nuove accuse ad Andrew Cuomo, riportate durante il weekend dal Washington Post e dal Wall Street Journal, sono state lanciate da due donne che hanno lavorato negli anni scorsi con il governatore e si aggiungono alle testimonianze di altre tre donne che sostengono di essere state molestate. Ana Liss, 35 anni, che era nel team di Cuomo tra il 2013 e il 2015, ha detto al Wall Street Journal che durante una riunione conviviale Andrew Cuomo le avrebbe toccato la schiena.
Il Washington Post riporta le critiche di alcune persone, sia uomini che donne che hanno lavorato con Cuomo, sul suo modo di comportarsi nell’ambiente di lavoro. Tra queste Karen Hinton, per anni addetta stampa di Cuomo quando era segretario alle Case popolari nell’amministrazione Clinton, la quale afferma che nel 2000 Cuomo l’abbracciò impropriamente in un hotel in California e lei lasciò velocemente la sala riunioni in cui si trovavano. “Questo fatto non è mai avvenuto – sostiene ora un portavoce di Cuomo – Karen Hinton è una persona che da anni cerca di infamare il governatore e sta continuando con accuse fabbricate 21 anni fa per approfittare del momento di difficoltà che Cuomo sta attraversando”. “Cuomo è come Trump – risponde Karen Hinton – che colpevolizza le sue vittime per il suo comportamento scorretto”.
Altre tre donne che hanno lavorato o incontrato il governatore hanno detto al giornale che Cuomo ha rivolto loro domande sulla loro vita sentimentale, non proposte, hanno precisato, ma comunque comportamenti non appropriati sul posto di lavoro.
Le indagini, e le polemiche, vanno vanti. Spetta ora solo agli inquirenti federali svelare se le accuse hanno fondamento o se si tratta di una campagna denigratoria per eliminarlo.