Ha destinato scalpore la scoperta che la parte sul Fisco del discorso programmatico di Mario Draghi, letta al Senato lo scorso 17 febbraio in occasione del voto di fiducia, sia il frutto di un taglia-e-cuci da un articolo originariamente scritto dall’economista Francesco Giavazzi, professore della Bocconi di Milano, noto sostenitore dei tagli alle tasse per far ripartire l’economia.
A scoprire la coincidenza tra i due testi è stato Carlo Clericetti, giornalista economico, che cura il blog Soldi e Potere sul sito di Repubblica. L’articolo di Giavazzi è stato pubblicato sul Corriere della Sera il 30 giugno 2020 ed è intitolato “I passaggi necessari sul fisco” con la prospettiva di una riforma del sistema.
Come si può vedere i passaggi riportati nel discorso di Draghi sono quasi identici:
Ha scritto Giavazzi: “Questa osservazione ha due conseguenze. Innanzitutto non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta”.
Ha scritto Draghi: “Non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta”.
Ha scritto Giavazzi: “La seconda lezione è che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate a esperti, persone che conoscono bene che cosa può accadere se si cambia un’imposta”.
Ha scritto Draghi: “Inoltre, le esperienze di altri Paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate a esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta”.
Ha scritto Giavazzi: “La Danimarca, nel 2008, nominò una Commissione di esperti in materia fiscale. La Commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e dopo un anno presentò la sua relazione al Parlamento in una seduta trasmessa in diretta tv. Il progetto della Commissione prevedeva un taglio significativo della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito veniva ridotta di 5,5 punti percentuali, mentre la soglia di esenzione veniva alzata”.
Ha scritto Draghi: “Ad esempio la Danimarca, nel 2008, nominò una Commissione di esperti in materia fiscale. La Commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata”. Draghi omette l’importo della riduzione, in effetti molto alto.
Ha scritto Giavazzi: “Un metodo simile fu seguito in Italia all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso quando il governo affidò a una commissione di esperti, fra i quali Bruno Visentini e Cesare Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951. Si deve a quella commissione l’introduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e del sostituto d’imposta per i redditi da lavoro dipendente. Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio”.
Ha scritto Draghi: “Un metodo simile fu seguito in Italia all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso quando il governo affidò a una commissione di esperti, fra i quali Bruno Visentini e Cesare Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951. Si deve a quella commissione l’introduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e del sostituto d’imposta per i redditi da lavoro dipendente. Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio”.
Premesso che Draghi e Giavazzi si conoscono e si stimano ed è stato annunciato che il secondo sia stato invitato a far parte di un gruppo di consulenti che lavorerà per il governo, in questo caso qualcuno non ha fatto bene il suo lavoro ed è importante sottolinearlo perché le procedure vanno rispettate. Sarebbe stato sufficiente usare le virgolette e citare correttamente la fonte. All’estero un episodio del genere sarebbe giudicato molto male perché – come minimo – è un comportamento non professionale! Il plagiarism” o “plagio”, e cioè la copiatura non correttamente attribuita alle fonti originali di parti di un lavoro scientifico o di un articolo viene considerato inaccettabile. Può essere sufficiente un solo episodio del genere per far perdere il posto ad un giornalista!
La struttura di comunicazione di Palazzo Chigi minimizza il caso, ipotizzando un errore – “debolezza” – dello staff che ha lavorato al discorso per la fiducia.
Alcuni commentatori sottolineano che questo deplorevole scivolone è avvenuto in un momento in cui gli occhi di tutta l’Europa erano puntati su Mario Draghi. Nei giorni immediatamente precedenti tutti i media e gli esperti d’economia avevano sottolineato la sua serietà e competenza e ora volevano capire quali strategie intendeva adottare per far ripartire l’economia italiana.
Secondo l’analista politico Alessandro Politi, “questo è un episodio che non intacca il prestigio del Presidente del Consiglio però ci si deve chiedere come mai il suo staff sia così sprovveduto e comunque non fa una buona impressione”.
A proposito di politiche fiscali, alcuni osservatori hanno sottolineato che Francesco Giavazzi è noto essere uno strenuo sostenitore delle politiche d’austerità quando da tempo molti economisti tra cui diversi premi Nobel hanno criticato tali politiche mal concepite, giustificate all’opinione pubblica come il prezzo da pagare per avere una economia stabile e in crescita. Le politiche d’austerità attuate in Europa, basate soprattutto su profondi tagli alla spesa, in particolare ai servizi pubblici (istruzione, sanità e sicurezza sociale) hanno smantellato le misure previste per ridurre la disuguaglianza e permettere una crescita equa all’interno dell’UE.
“Questa tesi che i tagli alla spesa pubblica e alle tasse fanno crescere di più mandò in sollucchero tutte le destre del mondo, ma alla prova dei fatti si è rivelata una bufala e ormai a sostenerla sono rimasti in pochi. Peccato che, nel frattempo, chi l’ha applicata abbia massacrato la vita dei ceti meno abbienti”, ha scritto Carlo Clericetti sul blog citato in precedenza. E aggiunge “Era già assai preoccupante l’accenno di Draghi alla riforma danese, ma se ha deciso di farsi consigliare da Giavazzi c’è da preoccuparsi ancor di più, perché significa che ci inoltreremo nel neoliberismo duro e puro, quello che ha permesso che milioni di persone delle economie sviluppate scivolassero nella povertà”.