Il centrodestra, quella solidissima corazzata che attualmente, in Parlamento, ha la maggioranza relativa, non è mai stato così fragile. Ci voleva Draghi per metterlo in crisi, e con lui tutte le pressioni di un Paese che freme per l’arrivo dei 209 miliardi del Recovery Fund.
Un trittico unito nella sua diversità. Berlusconi, Salvini e Meloni: il padre fondatore, il leader attuale e l’allieva ormai pronta a superare il maestro.

Quando il governo Conte II si è sgretolato sotto le accuse di Renzi, il centrodestra ha invocato compatto il voto. Lo dicevano tutti, persino i moderati di Forza Italia e la stessa Fucsia Nissoli ci aveva rassicurato sul fatto che “il buon senso vorrebbe che si tornasse alle urne”. Poi, con il passare dei giorni e gli sviluppi della situazione, tra le diverse parti della famiglia dei conservatori sono comparse le prime crepe. Prima l’appoggio di Berlusconi a Draghi, seguito dal meno prevedibile parere favorevole di Salvini. Tutto questo mentre Fratelli d’Italia, per bocca della sua leader Giorgia Meloni, invocava l’unità della coalizione, chiedendo agli alleati di schierarsi insieme a lei all’opposizione.
Oggi, con il Premier incaricato che ha terminato le consultazioni insieme alle forze politiche, la strada del centrodestra come lo abbiamo conosciuto fino a oggi sembra interrompersi. E i motivi sono evidenti.
La giornata è partita da Giorgia Meloni. Ferma sulla sua posizione dall’inizio della crisi, la Meloni ha detto chiaramente che Fratelli d’Italia si limiterà a “un confronto franco sui contenuti”, nonostante rimanga chiaro che “non voteremo la fiducia al governo Draghi”. Una linea dettata dal primo giorno, che politicamente può portare dei vantaggi. L’idea è infatti quella, ben sapendo che gli alleati si andranno a sedere al tavolo con Draghi, di attirare a sé tutti quegli elettori di destra, soprattutto del bacino della Lega, che saranno scontenti del prossimo governo. Fratelli d’Italia arriverà ad essere l’unica opposizione di destra e questo le porterà soltanto un tornaconto a livello elettorale. Nei prossimi mesi la Meloni tenterà l’aggancio, se non addirittura il sorpasso, con Salvini. Se ci riuscisse, non sarebbe il caso di stupirsi.
È stato poi il turno di Forza Italia, rappresentata in via eccezionale da Silvio Berlusconi. Il Cavaliere e Draghi si conoscono e si frequentano da anni e il loro saluto appena incontrati, immediatamente pubblicato sui social, sta lì a dimostrarlo. “Grazie di essere venuto” dice Draghi a Berlusconi prima di iniziare a parlare. Uscito dalla stanza, il numero uno di Forza Italia conferma il proprio appoggio, sottolineando però che questa non sia una maggioranza “nata fra partiti alternativi tra loro”, ma che durerà soltanto “per il tempo necessario a superare questa crisi sanitaria, sociale ed economica”. Le parole di Silvio non stupiscono, considerata la vena europeista che da sempre contraddistingue il suo partito. È stato lui, nel 2011, a spingere perché Draghi diventasse Presidente della BCE e sempre lui, nel corso degli anni, si è distinto dal resto della coalizione nella visione dei rapporti da tenere con l’Europa. Probabilmente, tra le forze che sosterranno il nuovo governo, Forza Italia sarà la più convinta.
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Infine, a entrare nel palazzo dove tutte i nodi vengono al pettine, è stato Matteo Salvini. Il leader della Lega si è dimostrato, tra gli alleati, il più trasformista. Da fervente sostenitore di un ritorno alle urne è diventato tutto d’un tratto un convinto membro del nuovo esecutivo. Interrogato sul governo Draghi ha risposto entusiasta “non vediamo l’ora di partire” e sui temi scottanti che riguardano l’Unione pare essersi convertito in un moderato europeista. Addirittura sull’immigrazione, materia che l’ha reso famoso per la sua inscalfibile linea dura, è arrivato a dire “proporremo l’adozione della legislazione europea”. La svolta di Salvini, così decisa e netta, arriva dopo che dall’interno del partito, soprattutto per bocca dell’Onorevole Giorgetti, l’appoggio del Carroccio a Draghi è stato caldamente consigliato. L’impressione è quella che, con il passare del tempo, la leadership incontrastata di Salvini stia venendo meno e le ultime decisioni non fanno altro che confermarlo.
Il centrodestra si trova dunque a un bivio. Quando giovedì Mario Draghi salirà al Quirinale e Mattarella gli conferirà l’incarico, cosa succederà alla coalizione che ha come obiettivo quello di governare l’Italia uno accanto all’altro? Difficile pronosticarlo, ma un antico proverbio ricorda che “se tiri troppo, la corda si spezza”.