Si mette male per Donald Trump. Un gruppo sempre più numeroso di politici di entrambi i partiti chiede l’applicazione del 25mo emendamento della Costituzione per rimuoverlo dalla sua carica presidenziale in seguito ai violenti scontri di ieri al Congresso. Nessuno ha dubbi: l’ispiratore dell’assalto al Congresso è stato lui. Adam Kinzinger, congressman repubblicano dell’Illinois, è stato il primo a suggerirlo. Subito altri 26 parlamentari democratici si sono associati alla sua iniziativa. Al Senato il leader della minoranza democratica, Chuck Shumer e alla Camera la leader della maggioranza democratica Nancy Pelosi, stanno facendo pressioni su Mike Pence perché è solo lui, il vicepresidente, che può avviare il procedimento per esautorare Trump. La Speaker ha lanciato giovedì pomeriggio un ultimatum al vicepresidente: immediato 25esimo emendamento o ci penserà il Congresso con l’impeachment…
L’instabilità mentale del capo della Casa Bianca e il timore che in questi ultimi 13 giorni di presidenza possa combinare disastri impensabili dopo l’irresponsabile raduno organizzato ieri a Washington, fa tremare il Congresso e l’America. È sempre lui, il Commander in Chief, che alla fine dei conti ha in mano la nuclear football, la valigetta nucleare. “Bisogna mettergli la camicia di forza” tuona Carl Bernstein, il giornalista del Washington Post che con i suoi scoop sul Watergate ha costretto alle dimissioni Richard Nixon. “Ha tradito il suo ruolo di Presidente. Ha orchestrato la sommossa nel tentativo di influenzare il Congresso e annullare la nomina di Biden” afferma William Barr, ex Attorney General che ha lasciato la Casa Bianca mercoledì scorso.
“E’ stato uno dei giorni più scuri della nostra storia – afferma Joe Biden durante la cerimonia di presentazione di Merrick Garland come nuovo ministro della Giustizia (vedi video sopra) – un atteggiamento impensabile per un presidente degli Stati Uniti. Un atteggiamento di un dittatore del terzo mondo. Trump ha ispirato questa rivolta. Il suo è stato un assalto alla democrazia. Non ha mai capito il suo ruolo di presidente degli Stati Uniti. Era convinto che l’Amministrazione fosse un suo feudo, che potesse fare quello che voleva. Ai membri della sua amministrazione chiedeva lealtà a lui invece che alla Costituzione. La mia presidenza – ha concluso Biden – sarà al servizio degli Stati Uniti e la Giustizia sarà al servizio del Paese”. Per Garland è una rivincita: nominato da Barack Obama alla Corte Suprema nel 2016 si è scontrato con l’opposizione repubblicana, e Mitch McConnell gli ha negato la conferma al Senato senza nemmeno fare una audizione.

Alla Camera dei Rappresentanti molti democratici, capeggiati da Alexandria Ocasio-Cortez vogliono invece avviare il procedimento di impeachment per Trump. La congresswoman del Massachussetts Cathrine Klark ha espresso il parere del gruppo: “Noi al Congresso continueremo a fare il nostro lavoro nonostante tutte le intimidazioni. Trump è un traditore del nostro Paese e della nostra Costituzione. In qualche modo deve essere rimosso dal suo incarico per evitare altri impensabili danni che potrebbe causare in questi ultimi giorni”. E la maggior parte degli americani, secondo una indagine demoscopica condotta da YouGov, condivide questa opinione. Il 66% dei 1397 intervistati sostiene che Trump sia un pericolo per il Paese.

Da questa mattina alle 3:40 Joe Biden e Kamala Harris sono presidente e vicepresidente degli Stati Uniti. Non che ci fossero dubbi, mancava solo l’ufficialita’ da parte del Congresso che in seduta congiunta a notte fonda ha ratificato il conteggio dei voti dei Collegi Elettorali. Una prassi che negli ultimi cento anni è passata del tutto inosservata e tantomeno non è mai stata contestata. Almeno fino a ieri. Il parlamento nella notte ha respinto tutte le contestazioni avanzate dagli esponenti repubblicani dopo che la riunione della mattina era stata interrotta per l’incivile assalto dei manifestanti pro Trump a Capitol Hill. Sei senatori, perché degli originari 12 che avevano detto che avrebbero contestato il risultato elettorale 6 si sono ritirati dopo i tumulti, hanno incredibilmente continuato a difendere l’indifendibile, senza nessun imbarazzo, senza pentimento, riprendendo la narrativa di Trump. Continuando a dire che difendevano la Costituzione degli Stati Uniti. Josh Hawley del Missouri, Ted Cruz del Texas, Tommy Tuberville dell’Alabama, Cindy Hyde-Smith del Mississippi, Roger Marshall del Kansas e John Kennedy della Louisiana hanno votato in favore della mozione per annullare i risultati elettorali in Arizona. Ted Cruz, che ha guidato la contestazione, voleva che il Senato istituisse una commissione d’inchiesta sulle irregolarità elettorali senza nessuna prova che i brogli ci siano stati. Con 93 voti contrari e 6 favorevoli la mozione è stata respinta e alla fine, dopo 8 ore di dibattito, c’è stata l’incoronazione di Biden. Alla Camera dei Rappresentanti la stessa mozione è stata respinta con 303 voti, mentre 121 congressman l’hanno approvata.

“Anche se sono totalmente in disaccordo con il risultato di queste elezioni il 20 gennaio ci sarà una transizione ordinata”, aveva affermato in piena notte Donald Trump in una dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca. Non ha potuto usare Twitter perché la piattaforma ha bloccato il suo account, mentre Facebook gli ha vietato l’uso del social media. “E’ la fine del più grande mandato presidenziale della storia- continua il presidente – ma è solo l’inizio della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande. Ho sempre detto che continueremo la nostra lotta per assicurare che solo i voti legali contino”, aveva concluso Trump che evidentemente ancora non si da per vinto.
Poi Donald Trump nella serata di giovedì, in un discorso registrato, dato che non poteva usare Twitter, ha riconosciuto per la prima volta che il 20 gennaio ci sarà una nuova amministrazione. Non è stato un “Concession speech”, ma ha ammesso che non ci sarà più lui alla Casa Bianca. Cercando di usare toni più concilianti senza mai citare Joe Biden ha tentato senza molta convinzione di condannare l’assalto al Congresso. “Voi – ha detto Trump parlando della marmaglia violenta che ieri ha saccheggiato il Congresso – non rappresentate il nostro Paese e chi ha infranto la legge pagherà”. Poi per mantenere sempre saldo il rapporto con i suoi seguaci ha aggiunto “So che siete delusi ma voglio anche che sappiate che il nostro incredibile viaggio è solo all’inizio”.
Il Washington Post scrive che molti ministri e alti ufficiali dell’Amministrazione stanno prendendo in seria considerazione di rimuoverlo dalla carica applicando il 25mo emendamento della Costituzione che, dopo una mozione presentata dal vicepresidente e approvata dalla maggioranza dei ministri del governo, prevede la destituzione del capo della Casa Bianca se ritenuto incapace di svolgere le sue mansioni. Sarebbero d’accordo anche molti leader repubblicani. In tanti, infatti, temono che le violenze di ieri siano state un preludio ad altri atti simili fintanto che Trump resterà alla Casa Bianca.
Una valanga di critiche oggi alla polizia di Washington che, nonostante tutte le indicazioni si è fatta trovare completamente impreparata per poter far fronte alla situazione. Non si è capito perché la Guardia Nazionale che era stata mobilitata con 450 soldati, non sia intervenuta. Questa mattina la sindaca di Washington, Muriel Browser, ha protratto l’emergenza pubblica per altri 15 giorni, fino al 21 gennaio, il giorno dopo l’insediamento di Joe Biden, appuntamento per il quale si temono nuove forti tensioni. Il capo della polizia della capitale federale, Robert J. Contee, aveva detto stamane che alla manifestazione organizzata da “Save America” hanno preso parte più di 45 mila persone “Una folla troppo grande per poter essere contenuta dagli agenti”. “Le proteste sono degenerate nella violenza – aveva detto sempre Bowser – tanti manifestanti sono arrivati a Washington armati con l’evidente obiettivo di creare disordine e violenze per interrompere la procedura di certificazione dei risultati elettorali”. In serata però il capo della polizia di Washington si è dimesso.

Si aggrava il bilancio delle vittime degli scontri. Oltre ad Ashley Babbit, la donna uccisa con un colpo di pistola da una guardia del Campidoglio, altre tre persone sono morte per emergenze e complicazioni mediche e poi, giovedì sera, si è saputo che anche un agente di sicurezza del Campidoglio è morto in seguito alle ferite riportate negli scontri di mercoledì. . Un’inchiesta è stata aperta sull’evento. I feriti sono 13 e 52 le persone finora arrestate. La polizia ha confermato che sono stati rinvenuti 2 ordigni esplosivi davanti le sedi del Democratic National Convention e Republican National Convention. Nel portabagagli di un’automobile sequestrata dall’FBI, che era parcheggiata nelle vicinanze del Campidoglio, c’erano un fucile e alcune bombe Molotov. L’FBI ha sequestrato tutte le registrazioni delle tv di sicurezza del Congresso per poter identificare le persone che hanno fatto irruzione nel Campidoglio. Molti dei criminali hanno postato le foto delle loro gesta su Facebook, come ha fatto Richard Barnet che ha messo sul social la foto che lo riprende sdraiato sulla sedia di Nancy Pelosi e gli agenti federali ora lo vogliono “interrogare”.
Si susseguono le dimissioni dei funzionari o ex funzionari legati all’Amministrazione: la prima a lasciare oggi è stata Eliane Chao, Ministro dei Trasporti e moglie di Mitch McConnell. Preceduta dalla portavoce di Melania Trump, poi hanno lasciato il loro incarico il vice consigliere per la sicurezza nazionale, Matt Pottinger, l’ex capo di gabinetto e ora inviato speciale in Irlanda, Mick Mulvaney, un consigliere per la sicurezza nazionale Matt Pottinger e John Costello sottosegretario ai Trasporti.
L’ex presidente Obama ha parlato di “grande disonore e vergogna” per gli Stati Uniti ma non “una completa sorpresa”. La violenza, ha detto, è stata “incitata da un presidente che ha continuato a mentire sul risultato delle elezioni”. George W Bush ha commentato dicendo che Trump ha ridotto gli Stati Uniti ad una ‘Repubblica delle banane”.
La notizia buona per Joe Biden è arrivata dalla Georgia. Con la vittoria di Jon Ossoff anche il Senato avrà la maggioranza democratica rendendo tutto molto più facile per lui.