314 “sì”, 239 “no” e 9 astensioni alla Camera, 156 “sì”, 129 “no” e 4 astensioni al Senato. Risultato: la riforma del MES è approvata. I problemi di tenuta della maggioranza prospettati nei giorni scorsi, con la lettera di 42 deputati e 16 senatori del Movimento 5 Stelle che chiedevano ai propri leader di schierarsi contro, sono stati superati. Vito Crimi l’aveva detto. “I ‘dissidenti’, al momento del voto, torneranno nei ranghi”, è così è stato. Ora il Premier Conte potrà andare in Europa e dare l’ok dell’Italia per la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità.
Il governo tira un sospiro di sollievo. Ha rischiato di sciogliersi, nel caso in cui dall’aula di Montecitorio fosse uscito un risultato negativo, ma invece ne è venuto fuori senza troppi graffi. Merito senza dubbio del Movimento 5 Stelle, che, con il voto di oggi, segna un’altra giravolta politica in un’agenda fitta di cambiamenti di posizione. Il 17 aprile 2018 sul Blog delle Stelle, sito ufficiale del Movimento, usciva un articolo in cui veniva rivendicato con orgoglio il programma politico dei grillini, freschi vincitori alle elezioni del 4 marzo 2018. In questo programma, che si può trovare allegato ad un altro articolo pubblicato sul Blog il 5 aprile 2017, venivano presentati gli obiettivi di politica estera che il Movimento avrebbe perseguito una volta salito al governo. Al punto 9, si legge: “Il M5S si opporrà in ogni modo a tutti quei ricatti dei mercati e della finanza internazionale travestiti da “riforme”. In particolare, si impegnerà allo smantellamento del MES (Fondo “Salva Stati”) e della cosiddetta “Troika”, organismi sovranazionali che hanno appaltato la democrazia delle popolazioni imponendo, senza nessun mandato popolare, le famigerate “rigorose condizionalità”.

Una dichiarazione di principio, scritta nero su bianco, su cui il Movimento ha fatto battaglie per anni. Ora, mutato da partito antisistema a centro focale del sistema stesso, vota a favore della riforma, compatendo anche quegli ortodossi che hanno tentato, invano, di rimanere fedeli a una promessa fatta agli elettori. D’altronde, che dal Parlamento uscisse un risultato del genere c’era da aspettarselo. Nei giorni scorsi, noi della Voce, abbiamo provato a contattare i senatori grillini firmatari della lettera contro la riforma, per chiedere se la loro presa di posizione sarebbe stata mantenuta nel momento della verità (“Vito Crimi ha detto che, nonostante la lettera, la maggior parte di voi si dirà a favore della riforma. Crede sia così?”). Sedici mail scritte e zero risposte ricevute. Un silenzio che, visto l’esito del voto, si comprende senza troppe difficoltà.

Una nuova pallina si aggiunge all’abaco delle contraddizioni targate 5 Stelle. L’elettorato ne risente, ma almeno l’esecutivo, continuamente tamponato dalle tensioni interne, sopravvive. Lo sappiamo: la politica, soprattutto in un Paese a forte pluralismo come l’Italia, è un gioco di negoziazioni, compromessi e trattative. È stato così all’inizio della storia Repubblicana con i governi di coalizione della Democrazia Cristiana e così è ancora oggi. Non dovremmo dunque stupirci nel vedere un partito alle prese con ripetuti cambi di casacca. I 5 Stelle, però, sono nati come forza d’opposizione: anti casta, anti “inciuci” e anti logiche della vecchia classe dirigente. Oggi, arrivati al governo e intenzionati più che mai a non lasciarlo, scoraggiano i propri elettori con scelte politiche opposte rispetto al programma grazie al quale sono saliti al potere.
Otto Von Bismarck, il Cancelliere di Ferro dell’impero tedesco negli ultimi decenni del 1800, diceva che “la politica non è una scienza esatta”. Il Movimento 5 stelle, evidentemente, deve averlo proprio preso alla lettera.