Tutti gli onorevoli sotto i banchi del Parlamento. Come fossero a scuola durante le prove di evacuazione. Il 9 dicembre potrebbe esserci un terremoto ed è bene non farsi trovare impreparati. La causa scatenante è sempre lui, l’acerrimo nemico della stabilità politica: il MES.
All’anagrafe Meccanismo Europeo di Stabilità, è un organismo nato nel 2012 con l’obiettivo di assistere gli Stati che si trovano in difficoltà economica. Oggi, si discute di una modifica del suo trattato originario, quello che ne regola il funzionamento, ed è proprio su questo tema che la maggioranza italiana si spacca. Il voto, che servirà per approvare o meno la riforma, si terrà in aula mercoledì 9 dicembre. Si tratta di un passaggio particolarmente delicato e la prova è data dallo stesso Presidente della Repubblica. Mattarella, discostandosi dalla sua caratteristica calma olimpica, avrebbe fatto intendere a Conte che, in caso di esito negativo, procederebbe con lo scioglimento delle camere. La vita del governo, dunque, passa irrimediabilmente per la riforma del MES.

Gli schieramenti, antitetici e simili come dimensione, si dividono tra favorevoli e contrari, tra europeisti e antieuropeisti, tra favorevoli alla cooperazione internazionale e prevenuti nei confronti dei “burocrati di Bruxelles”. In prima fila per il “sì” spiccano il Premier Conte, che ha detto di guidare “un governo europeista, protagonista della riforma del Mes e del Recovery Fund assieme a Berlino e Parigi”, il Partito Democratico e Italia Viva, guidata a spada tratta da un Matteo Renzi che per una volta decide di schierarsi dalla parte di Conte. A lottare per il “no” sono invece i partiti di opposizione, dove agli irriducibili della Lega e di Fratelli d’Italia, si aggiungono i moderati di Forza Italia.
Rimane fuori un protagonista politico, colui che in Parlamento, nonostante i sondaggi lo diano da tempo in caduta libera, continua ad avere più rappresentanti di tutti: il Movimento 5 Stelle. Con loro, la questione si fa complicata. Non essendo dotati di una struttura interna compatta e uniforme, ad ogni questione delicata il Movimento tende a disgregarsi come olio in una pentola d’acqua. La maggioranza sembra stare dalla parte del Presidente del Consiglio e, a livello logico, è normale sia così. D’altronde Conte rimane pur sempre il leader voluto e scelto dai 5 Stelle in quella strana trattativa che risale al maggio del 2018.

C’è però un piccolo gruppo di “dissidenti” che, a questa ennesima giravolta ideologica del Movimento, ha pensato di voltare le spalle. 16 senatori e 42 deputati hanno firmato una lettera indirizzata ai vertici del partito per far presente la loro volontà. La lettera si riassume in poche parole: “No alla riforma del Mes”. Per capire più da vicino il punto di vista dei “ribelli” pentastellati, abbiamo provato a contattare i 16 senatori firmatari e siamo in attesa, entro domani, di una loro risposta.
Vito Crimi, capo politico dei 5 stelle, e Luigi Di Maio, assicurano che al momento del voto i pedoni gialli della scacchiera grillina rientreranno nei ranghi e non faranno crollare la maggioranza. Conte confida sul fatto che l’impressione dei colleghi sia esatta. Nessuno può esserne certo, fino al momento della verità. I numeri sono troppo equilibrati e basta qualche promessa non mantenuta per spostare l’ago della bilancia dalla parte del “no”.
Le prossime saranno ore di fuoco, in un dicembre che inizia con la tensione alle stelle.