Guardando dall’Europa le elezioni americane, l’intricato sistema elettorale e le complicazioni dovute a un voto che sembra non voler finire mai, viene quasi da dire “che amarezza”. Gli USA sono la più grande democrazia del mondo e, nell’immaginario popolare, un modello da seguire. Eppure in queste ore, dopo che oltre 160 milioni di cittadini si sono recati alle urne stabilendo il record di affluenza degli ultimi 120 anni, di un risultato certo ancora non c’è traccia. Soltanto polemiche, minacce e teatrali colpi di scena.
Così i leader europei, spettatori esterni di uno spettacolo di dubbio gusto, siedono frenetici aspettando il responso definitivo. La maggior parte di loro, anticipati dalla Commissione europea, ha preferito non rilasciare congratulazioni preventive a uno dei due candidati, nonostante le simpatie mai nascoste. Il motivo è del tutto politico. Che senso avrebbe correre il rischio di esultare per la vittoria di uno quando poi, a fine scrutinio, potrebbe aver vinto l’altro? Si rischierebbe di far iniziare con il piede sbagliato un rapporto fondamentale, quello con gli Stati Uniti, per tutti i paesi dell’Unione.

Dunque, i leader dei 27 stati membri prediligono l’astensione, ma così non fanno le figure di spicco della politica interna. Il motivo di questa diversa strategia è puramente elettorale. Per loro, esprimere o meno il supporto a un candidato americano è un messaggio rivolto esclusivamente al proprio elettorato. Trump e Biden si dividono su tutto. A seconda di come la pensiate sono il “Diavolo e L’aqua santa”, il “Bene e il Male”, lo “Ying e lo Yang”. Non c’è via di mezzo, conciliazione o compromesso. Trump è il simbolo del sovranismo mondiale, fazione molto in voga negli ultimi anni in tutta la politica occidentale, mentre Biden è il leader dei moderati, il signore calmo e buono che si scontra con l’irruenza della destra conservatrice.

In Germania, la Merkel non si è espressa. Tipico, non ci saremmo aspettati il contrario. A parlare però sono stati il Ministro dell’Economia Olaf Scholz e la ministra della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer, che hanno implicitamente sostenuto il loro appoggio a Biden, dicendosi preoccupati, per bocca della Kramp-Karrenbauer, di un’imminente “crisi costituzionale” che potrebbe travolgere gli Usa. A favore di Biden, ovviamente, anche l’altro gigante europeo: la Francia. A fare le veci del presidente Macron questa volta è stato il ministro delle Finanze Bruno Le Maire, che ha definito l’America di Trump come “un partner non amichevole per l’Ue”. Anche il premier olandese Mark Rutte ha preferito il silenzio, ma il suo spot pro-Biden lascia pochi dubbi su chi riponesse le sue speranze. Stesso discorso per quanto riguarda la Svezia, dove il premier Stefan Löfven, di scuola socialista, ha pubblicato un post su Facebook in cui spiega che “Il mio partito, i socialdemocratici, ha una comunità e una collaborazione con il Partito Democratico americano su valori e fatti, riguardo i diritti dei lavoratori, la questione climatica e la cooperazione internazionale”.
Sul fronte repubblicano, invece, si mettono la Polonia, guidata dal conservatore Mateusz Morawiecki, la Romania, il cui presidente Klaus Iohannis ha fatto in modo che il suo rapporto con Washington si intensificasse nell’ultimo periodo e la Repubblica Ceca, dove il premier Andrej Babiš è stato addirittura più volte paragonato a Trump. A loro si aggiunge ovviamente l’Ungheria di Viktor Orban, che, a differenza degli altri leader, non ha avuto paura di allinearsi apertamente al presidente repubblicano.
E in Italia? Il più schierato è stato lui: Matteo Salvini. Sempre a favore di Trump, nei giorni precedenti alle elezioni ha percorso l’Italia indossando una mascherina pensata apposta per supportare The Donald. Sfondo bianco, scritta nera e rossa “Trump 2020” e bandiera degli Stati Uniti svolazzante.

Il segretario della Lega, chiamato poi a condividere la sua visione della politica americana, ha detto: “Io so che sui temi economici, fatta eccezione per il disastro del virus che sta colpendo tutto il mondo, in tema di economia e di posti di lavoro pre-virus, di abbattimento fiscale, Trump è stato il numero uno. Dal punto di vista degli aiuti alle famiglie e alle imprese americane. Poi non entro nel merito delle sue vicende con la giustizia americana perchè non mi compete. Spero che vinca”.
Europa bipolare, dunque, per un’America bipolare. Solo un mantra pare accomunare tutti: “Chiunque vincerà, avrà la nostra collaborazione”. “E te credo”, sembra commentare qualcuno dagli stretti vicoli di Roma. Nessuno può fare a meno della più grande potenza del mondo occidentale. Che a capo di questa ci sia l’uno o ci sia l’altro.