E’ un modo pressocché universale ed eterno di “prendere la temperatura” ad un decisore politico, quando si trova di fronte ad una piaga: più si volge alla forza per chiuderla, più vagheggia la forza come rimedio pronto ed efficace, più è realmente debole, insicuro, confuso.
Cosa possa venire alla comunità da tali suggestioni, è presto detto: la piaga rimane dov’è, libera di aggravarsi ed espandersi, e il decisore, in una spirale sempre più vorticosa, di fronte al suo potere impotente, vi si avvinghia ulteriormente: con esiti imprevedibili.
Qualche giorno fa, il Ministro della Salute Speranza, nel corso di un’intervista, mentre si soffermava sul controverso concetto di “feste private”, annoverate fra le maggiori cause del contagio, aggiungeva che la loro limitazione, sia pure entro un generale auspicato autodisciplinamento dei cittadini, però, avrebbe potuto essere meglio conseguita se “ci saranno segnalazioni”.
La frase, nell’immediato, suscitava qualche reazione, tuttavia, neutralizzata da sciamanti filologi di complemento: ma no, ha fatto un discorso complesso, e voi estrapolate una parola; al più si è trattato di un’uscita infelice: il problema è il Covid, non il Ministro, e via così.
E invece il problema è il Ministro: anzi, i Ministri, la loro asserita capacità, o la loro nascosta incapacità politica, la loro dubbia dirittura civile, la loro sfuggente responsabilità democratica.
Perché, appena qualche ora fa, si è venuto a sapere che non di “una parola” si è trattato, ma di una programmata azione politica, sventata dalla più meditata sensatezza, e fedeltà istituzionale del Capo della Polizia Gabrielli.
“Il Riformista”, infatti, ha pubblicato un documento, riportandone ampi stralci, in cui risulta evidente che, né più ne meno, sia il Ministro Speranza che il Ministro della Cultura Franceschini, intendevano proprio che le “segnalazioni” conducessero la Pubblica Sicurezza ad irruzioni nei privati domicilii, per accertare se vi si svolgessero le tanto discusse “feste private”, o altri “assembramenti destinati a svolgersi nei luoghi di privato domicilio”.
La circostanza è tanto più rilevante, considerato che mentre scriviamo, proprio Franceschini, anche capo-delegazione del Pd nel Governo, ne ha chiesto una convocazione straordinaria, al fine di varare maggiori e più urgenti restrizioni.
Si tratta di una Nota, rivolta da Gabrielli al Ministro dell’Interno Lamorgese, con cui rispondeva ad una richiesta di parere tecnico sulla “fattibilità” delle irruzioni propugnate da Speranza e Franceschini.
Essa è intitolata, per l’appunto, “Ipotesi riguardanti gli assembramenti destinati a svolgersi nei luoghi di privato domicilio”.
E si vuole proprio che si intenda esattamente chi siano gli interlocutori a cui è rivolta: “Si fa riferimento all’ipotesi, emersa in queste ore, di inserire nel Dpcm previsioni volte a consentire, al personale delle forze di polizia, di accedere ai luoghi privati e di privato domicilio, al fine di verificare l’eventuale esistenza di raduni o assembramenti di persone oltre il limite consentito.
Ci sono “questioni di ordine giuridico”, annota l’illustre estensore. E aggiunge: “si fa presente che la soluzione prospettata non sembra agevolmente praticabile alla luce dell’articolo 14 della Costituzione, che riconosce l’inviolabilità del privato domicilio”. Tale, anche rispetto alla “tutela della salute dell’incolumità pubblica”.
Dove è evidente che lo sgomento Gabrielli, sotto la veste di una formale precisazione in punta di diritto, definisce il progetto dei due figuri governativi, come costituzionalmente indecente. Qui, infatti, siamo allo spregio dell’ABC. Parimenti grottesco che ignorare il secolo della scoperta dell’America, ma di molto maggiore e impellente gravità.
Anche perché, essendo uomo navigato, e remoto le mille miglia dal nulla etereo in cui i due Ministri mostrano di essersi, per così dire, formati, precisa quale sarebbe il sicuro effetto di una simile, infame, cretineria: le agognate segnalazioni “potrebbero nascere da meccanismi delatori, rivalità e dissidi di vicinato”. Questo, circa, diciamo, la consistenza democratico-costituzionale del progetto.
Ma Gabrielli ha voluto proprio fissare la più generale e palese inadeguatezza di costoro: desunta dalla maldestra strafottenza verso la reale condizione in cui operano le Forze dell’Ordine: interamente assorbite, compendia infine, nel contrasto dei reati, la gestione dei flussi migratori e la già operativa vigilanza amministrativa su dispositivi di sicurezza e distanziamento in luogo pubblico. “Hanno già abbastanza da fare”, schiaffeggia, a conclusione inviperita verso Ministri politicamente cresciuti fra i Lego. Ai quali dedica un’ultima postilla: “Il Parlamento dovrebbe dichiarare lo stato di guerra, e conferire al governo i poteri necessari per farvi fronte”. Che, nella forma di un poscritto apparentemente paradossale (stante l’univoco tenore critico della Nota), situa la sortita dei due ad un passo dal più cupo fanatismo avventuristico.
E nulla qui diciamo di quali sarebbero state le reazioni dei predetti filologi e similari se, quella di mandare la Polizia a controllare pranzo e cena degli italiani, fosse stata una pensata (peraltro, non inconsueta al suo profilo) dell’ex (?) Ministro Salvini: sempre che ritrovino la voce, per recitare questa loro nuova edizione del “gioco delle parti”: tanto poco pirandelliano, cioè, intimamente tragico, quanto è superficialmente farsesco e solo autolegittimante.
Dicevamo, prima, che quando un decisore politico si incarta fra le spire suggestive della forza risolutiva, si apre la via a conseguenze imprevedibili.
O forse, fin troppo prevedibili: la piaga continua a nuocere, il tempo perduto rimane perduto, e, soprattutto, la fiducia fra chi la forza esercita e chi la forza subisce, risulta grandemente compromessa.
E, senza reciproca fiducia, dal Covid, e da ogni piaga che si alimenta essenzialmente di paura (magari con qualche aiutino) non si esce. Meno che meno, con simili, apicali, inadeguatezze.